Secondo un gergo antico, chi tentava di saltare il proprio avversario su un campo da calcio si “avventurava” in un dribbling. Di chi invece tendeva a fare del dribbling un uso sistematico e fine a sé stesso si diceva, con chiaro accenno di disappunto, che fosse “innamorato” del pallone. In questo ormai dismesso vocabolario sentimentale, un dribbling era un’avventura, troppo dribbling forse era amore. E troppo amore non poteva andare bene a due allenatori come Sacchi e Capello.
Questo concetto Roberto Donadoni da Cisano Bergamasco, maestro del cosiddetto uno contro uno, lo imparò in fretta, con la stessa velocità con cui un ragazzo di provincia deve adeguarsi per meritarsi le luci della metropoli. Presto fu chiaro che la sintesi perfetta tra fantasia individuale ed esigenze tattiche Roberto avrebbe dovuto rincorrerla e finalmente trovarla sulla fascia.
Per Donadoni la fascia, destra o sinistra che fosse, era un corridoio rassicurante in cui incunearsi, abitato da avversari preoccupati, da affrontare uno per volta, forte della propria padronanza tecnica. Un luogo semplice e lineare in cui la tattica è un meccanismo che si ripete più o meno uguale, con minime varianti. Una cosa meno problematica rispetto a fare il Platini o il Gullit. Da ala basta saper correre, crossare, alternarsi con il proprio terzino nella spinta o nel rientro. Ma soprattutto dribblare.
In questo fondamentale nessuno riuscì a togliere a Roberto Donadoni il posto da titolare. Nonostante gli altri fossero di tre, quattro anni più giovani, esterni esplosivi come Attilio Lombardo prima e Di Livio poi dovettero faticare enormemente. E quanto dovette sentirsi in ombra un gentiluomo elegante come Diego Fuser… In fondo l’unica era aspettare che Donadoni, l’ala più forte dai tempi di Bruno Conti, invecchiasse. Venne il 2000 e Donadoni si ritirò dal calcio, ma nel frattempo gli altri erano già tutti invecchiati, chi prima chi dopo, defilandosi dalla fascia direttamente oltre la linea del fallolaterale, portandosi dietro il tempo delle avventure e, per alcuni, dell’amore.