Luca Pastorino ha iniziato da poco a girare per la Liguria. Sindaco di Bogliasco, 4mila abitanti a pochi chilometri da Genova, fino a qualche settimana fa era un deputato del Partito democratico. Poi ha deciso di uscire dal Pd e candidarsi alle Regionali. «È stata una scelta dolorosa – racconta – Ma in questo partito purtroppo non c’era più posto per me». Una decisione nata dopo le primarie di centrosinistra vinte tra le polemiche da Raffaella Paita, ma giustificata da un disagio precedente. «Non c’è mai stata un’analisi seria sui problemi di questa terra – spiega – La Liguria ha subito infiltrazioni mafiose rilevanti». Adesso corre con Rete a Sinistra, un contenitore politico sostenuto da Sel, Pippo Civati e Sergio Cofferati. Un progetto «alternativo», che nei desideri di molti potrebbe essere esportato anche a livello nazionale. «Sappiamo che ci guardano tutti – ammette Pastorino – ma adesso pensiamo a questa sfida». L’elettorato ligure sembra aver risposto con entusiasmo. Stando ai sondaggi, in poche settimane Pastorino ha quasi raggiunto il 20 per cento. «Segno del clima che c’è in Liguria» racconta. Nessun protagonismo. «Io non sono mai stato un esponente di spicco del partito, sono diventato deputato quasi per caso. Ma sul territorio le persone mi conoscono. Sono una persona normale, voglio essere talmente normale da convincere la gente ad andare a votare». Un programma incentrato su sviluppo sostenibile e trasparenza, senza prescindere dal reddito di minimo di autonomia. A Roma si racconta che il premier Renzi non abbia gradito l’operazione: la candidatura di Pastorino rischia di mettere in difficoltà Raffaella Paita, agevolando la corsa del centrodestra. «Non abbiamo tutte queste dietrologie – taglia corto il diretto interessato – noi presentiamo la nostra proposta politica, questo è quello che interessa agli elettori». Intanto nelle prossime settimane Renzi sarà in Liguria per sostenere la candidata ufficiale del Pd. «Bene, noi invece faremo iniziative in piazza, tra la gente, con i megafoni. Chi vorrà venire verrà».
Onorevole, come procede la campagna elettorale?
Siamo partiti da poco tempo. Ho appena iniziato a girare il territorio: oltre ai primi appuntamenti richiesti dalle associazioni di categoria mi muovo autonomamente. Non le nego che in Liguria sono abbastanza radicato. Io sono il sindaco di Bogliasco, un sindaco un po’ impiccione. La gente mi conosce.
Chi non segue le vicende liguri avrà difficoltà a capire. Come è nata la decisione di candidarsi in alternativa al Partito democratico?
Ho preso questa decisione subito dopo le primarie di centrosinistra. La scelta nasce in seguito all’uscita dal partito di Sergio Cofferati e per l’evidente malessere del Pd genovese, segnalato in tempi non sospetti ai vertici nazionali senza che nessuno muovesse mai un dito. Ma non solo. Alle primarie abbiamo assistito al trasformismo da parte di alcuni esponenti del centrodestra. Ci metto anche la mia esperienza personale: da almeno un anno ho assunto posizioni piuttosto critiche nei confronti del Pd nazionale. Vede, non c’è mai stata un’analisi seria sui problemi di questa terra: la Liguria ha subito infiltrazioni mafiose rilevanti. Ecco, la mia scelta è nata per proporre un progetto politico alternativo. Esisteva già un laboratorio di idee, Rete a sinistra. Un piccola esperienza. Le ultime vicende hanno solo accelerato quel progetto. Il percorso è difficile, ma è partito bene.
Per candidarsi alle Regionali ha lasciato il Partito democratico. Non sarà stato facile.
È stato doloroso, umanamente mi è dispiaciuto. Al progetto del Pd ho sempre creduto. Guardi, io non sono mai stato un esponente di spicco del partito, sono un politico del territorio, eletto deputato quasi per caso. Ma in questo Pd purtroppo non c’entravo più.
È ancora corretto definirla un civatiano?
Sì, certo. Sono un amico di Civati. Ma guardi che questa esperienza è anche altro: abbiamo l’ambizione di creare un’alternativa di governo credibile in Liguria.
A sostenere la sua candidatura c’è Sergio Cofferati, sconfitto alle primarie da Raffaella Paita. Qualcuno potrebbe pensare a una ripicca. Il suo appoggio non la imbarazza?
Nessun imbarazzo, anzi la sua storia mi inorgoglisce. Il resto lo lascio al chiacchiericcio rancoroso di qualcun altro.
Luca Pastorino viene dal Pd, ma si candida anche con il sostegno di Sel. Il suo progetto per le Regionali potrebbe fare scuola anche a livello nazionale?
Lo dico sempre: noi adesso pensiamo alla Liguria. Sappiamo che ci guardano tutti, ma pensiamo a questa sfida. Partiamo da persone semplici, umili, da chi crede che i liguri si siano stufati di votare i meno peggio. Quelli quasi sempre calati dall’alto.
Intanto nei retroscena politici del giorno sembra che il premier Renzi si sia lamentato. La sua candidatura rischia di favorire il centrodestra.
Argomenti tardivi, poco significativi… Non abbiamo tutte queste dietrologie. Noi presentiamo la nostra proposta politica, questo interessa alla gente.
Va bene, ma come presidente lei preferisce Raffaella Paita o il berlusconiano Giovanni Toti?
Questa è una domanda che non prendo neanche in considerazione. Noi ci siamo candidati per vincere.
I sondaggi sono positivi. In poco tempo lei è già oltre il 18 per cento.
Secondo un nostro sondaggio siamo al 19 per cento. È evidente che rappresentiamo una proposta politica nuova, i risultati sono indice del clima che c’è in Liguria. È solo merito mio? Forse è anche demerito altrui. Io sono una persona normale: il nostro obiettivo è essere talmente normali da convincere la gente ad andare a votare il 31 maggio. E guardi che qui il 31 maggio già si va al mare…
A quale elettorato guarda? I delusi del Partito democratico?
In realtà ho anche un profilo civico che deriva dalle mie esperienze amministrative. Qui la gente sa chi sono e come la penso. Mi conosce.
Il voto in Liguria conquista l’attenzione nazionale anche per quello che succede nel centrodestra. La Lega ha ritirato il suo candidato per far posto al berlusconiano Toti.
Ecco, questa è una di quelle scelte che si spiegano con difficoltà non tanto agli addetti ai lavori, ma alla persone. Sul nostro territorio la situazione non è positiva: dal punto di vita dei servizi, delle infrastrutture, delle discariche. Lo sapeva che la spazzatura di Genova dobbiamo portarla in Piemonte? Trasformare la Liguria in un laboratorio politico dove sperimentare le nuove alleanze di centrodestra non credo sia in linea con le aspettative della gente.
In concreto cosa cambia votare per lei o per l’esponente del Pd Paita?
Una diversa idea di territorio, anzitutto. In passato qui si è discusso a lungo sul tema della Gronda quando la questione era un’altra, il dissesto idrogeologico. Con me c’è l’idea di uno sviluppo sostenibile. E non solo. Abbiamo molto insistito sull’introduzione del reddito minimo di autonomia. E abbiamo molte proposte sulla questione della trasparenza, a partire da un’anagrafe dei lobbisti. La trasparenza è un tema centrale: qui in Liguria abbiamo assistito al peggio del peggio sia per il comportamento degli amministratori che per le infiltrazioni della criminalità.
Torniamo al Pd nazionale. Tra legge elettorale e riforma costituzionale, cosa dovrebbe fare la minoranza del Pd secondo lei?
Come ha dimostrato l’ultima direzione nazionale (sull’Italicum, ndr) non credo che ci siano grandi margini di dialogo. Credo che la minoranza dovrebbe avanzare una presa di posizione forte. Almeno mi auguro che succeda.
Lo sa che presto Matteo Renzi sarà in Liguria per sostenere la candidata del Pd?
Bene.
E a sostenere lei chi verrà?
Ma chi vuole che venga? Noi faremo iniziative di piazza, tra la gente, con i megafoni. La nostra campagna elettorale avrà un’impostazione molto semplice. Chi vorrà venire verrà.