Expo e salotti. L’irresistibile ascesa di Fedez, il tuttologo televisivo

Il ritratto

La polemica Expo è l’ultima di una lunga serie. Perché da mesi Fedez non è solo un rapper, ma un opinionista nazionaltelevisivo che combatte con giornalisti e politici. Senza parolacce, spesso in punta di fioretto. La spavalderia del pischello, i piedi per terra di un quasi adulto. Ma questa volta la bomba gli è esplosa tra le mani. Alla vigilia del primo maggio si era schierato coi contestatori della kermesse milanese: «I danni dei No Expo sono poca cosa in confronto alle infiltrazioni mafiose e le speculazioni economiche di Expo». E ancora «La vernice sui muri dei No Expo indigna più delle infiltrazioni mafiose di Expo, di questo passo daranno la scorta agli imbianchini». Poi ha pubblicato una lista degli obiettivi colpiti con le motivazioni dei No Expo. Salvo dissociarsi, il giorno successivo, dallo «scempio» della devastazione. Ma il terremoto mediatico era già esploso. Lo additano come «cattivo maestro». Lui contrattacca: «Sono diventato un capro espiatorio, mi sono espresso in maniera chiara e non devo giustificarmi, il fatto che quattro giornalisti cinquantenni abbiano travisato le mie parole non ferma il mio diritto a dissentire».

Nel giro di pochi mesi è sempre più maître à penser, prezzemolino in tv e battagliero sui social, portavoce generazionale acclamato dai media

Il cuore è già oltre l’ostacolo. In fondo Federico Leonardo Lucia, classe 1989 con pedigree nell’hinterland milanese, è un ragazzo. Scarpe da ginnastica, tatuaggi dal collo alle mani, «immagine da narcotrafficante» (ipse dixit), intelligenza vivace. Ha fatto tutto da solo: ieri aspirante rapper che partiva da Youtube e si autoproduceva, oggi icona più pop(olare) che hip-hop. Undici dischi di platino e cinque dischi d’oro per un totale di 500mila copie vendute non bastano a spiegare l’irresistibile ascesa. Nel giro di pochi mesi il rapper si è accreditato sempre più come maître à penser, opinionista a tutto tondo, prezzemolino in tv e battagliero sui social. Portavoce dei “giovani” per acclamazione dei media. Il suo è l’impegno politico/sociale ai tempi dell’antipolitica e dei 140 caratteri, con tutti i rischi, le semplificazioni e le degenerazioni del caso.

È la bistrattata televisione (generalista e non solo) a spalancare i riflettori sul giovane rapper. Per dirla con l’avversario Fabri Fibra «nessuno esiste se le telecamere non sono accese». Galeotta è stata un anno fa la puntata di Announo, il talk della santorina Giulia Innocenzi su La7, quando Fedez era stato invitato a parlare di legalizzazione delle droghe leggere con sua maestà Carlo Giovanardi davanti a una platea di giovani. Dialogante e spigliato, grintoso e sorridente. Da lì in poi una calvalcata di ospitate, spesso fuori dal recinto musicale. Lo sbarco a X Factor lo consacra come icona e rivelazione: giudice umano, il rapper che si commuove davanti alle esibizioni dei concorrenti. Battute sagaci alternate alla semplicità di un ragazzo come tanti. C’è tempo anche per un disco, “Pop-Hoolista” con una hit dedicata, guarda caso, a una regina del tubo catodico come Barbara D’Urso. 

Richiestissimo dai talk, Daria Bignardi lo ha accolto nel suo salotto chic, Michele Serra lo ha intervistato sulla Resistenza

Televisione e politica, al solito, vanno di pari passo. Da mesi Fedez è il Guccini dei Cinque Stelle. Per il Movimento ha composto l’inno “Non sono Partito”, ha cantato alla Notte dell’Onestà e sostenuto le battaglie stellate, ultima quella sugli ecoreati, al fianco dei vari Di Battista e Di Maio. Con l’inno Cinque Stelle si è guadagnato una richiesta di spiegazioni a Sky da parte di alcuni deputati Pd. Daria Bignardi lo ha accolto con tutti gli onori del caso nel salotto chic delle Invasioni Barbariche, ma Fedez è andato anche a Otto e Mezzo e si è fatto intervistare da Piazzapulita. Richiestissimo dai talk, Nicola Porro lo avrebbe invitato (invano) un paio di volte al suo Virus. In compenso il rapper ha varcato le soglie del Maurizio Costanzo Show, ha condotto una puntata de Le Iene ed è stato ospite d’onore ad Amici di Maria De Filippi. Il 25 aprile Repubblica.it gli ha cucito addosso una una videointervista con Michele Serra, già autore di Fabio Fazio, per parlare di Resistenza, mode, soldi, successo, impegno civile. Il rischio qualunquismo è sempre dietro l’angolo, Fedez prova a schivarlo con un linguaggio curato e la concretezza della sua esperienza.

Umiltà e faccia tosta. Ripete di non voler essere un «artista marionetta», rivendica argomentazioni «che vanno oltre il quanti tatuaggi hai?». Dalla tv alla radio, dal web alle manifestazioni. L’obiettivo sembra centrato. Fedez è arrivato a dettare l’agenda mediatica, gli si chiedono opinioni sulla politica, sulla società, sui giovani. Tuttologo, suo malgrado. Generalista, come il mezzo che lo ha adottato. Rapper impegnato, ma anche uno dei fenomeni commerciali del momento, industria pensante con un discreto indotto. La Sony si è assicurata il suo rinnovo contrattuale, Armani lo ha vestito a X Factor. Lui ha fondato Newtopia, etichetta discografica e palestra per artisti/autori. Da vero golden boy colleziona il pienone ai concerti e vende carrellate di dischi, mentre gli sponsor fanno la fila. Prima Puma, poi L’Oreal, adesso Sisley. Gestisce personalmente i contratti: «Se devo far cagate preferisco farle io, e non che le facciano altri per me». Non solo. Intervistato da Rolling Stone, si è rivelato una macchina di marketing: «Vendo tweet, foto e video. Vuoi una foto su Instagram o un tweet? Io dico il mio prezzario e il cliente sceglie. Dipende sempre dall’azienda che ci contatta, anche 10mila euro se quell’azienda ha il budget».

Fedez è un’industria pensante con un suo indotto. I fan comprano i dischi, gli sponsor fanno la fila, lui crea un’etichetta e vende anche i tweet

Il web, appunto. Da quelle parti Fedez è un polemista scafato. Usa i social network meglio di molti interlocutori con cui ha a che fare. Estensione del pensiero e mossa commerciale. Microeditoriali e commenti. L’ultimo spunto arriva dagli scontri tra Polizia e manifestanti a Bologna. Celebre il duello con Maurizio Gasparri, che gli aveva dato del «coso sporco» per via dei tatuaggi. «Caro Gasparri – la risposta del rapper – io sono sporco all’esterno ma giudicare le apparenze è l’atteggiamento tipico di chi è sporco dentro». Non poteva mancare qualche scaramuccia con Matteo Salvini, mentre il senatore Pd Stefano Esposito rimprovera al rapper di essere «l’unico italiano che riesce a far sembrare Salvini uno statista». Poi ci sono i giornalisti. Fedez, «quello con la cartina geografica sul collo» (cit. Marco Frittella del Tg1) è «un rapper brufoloso» secondo Filippo Facci che su Libero lo apostrofa: «Potrei andarmene in giro a cercarlo e magari tirargli un paio di sberle, dopodiché potrei dirgli: “Ma che vuoi? Che cos’è un ceffone in confronto alla fame nel mondo?”». Nicola Porro ha auspicato per Fedez «la mamma di Baltimora», quella che durante gli scontri ha riconosciuto e il figlio e lo ha schiaffeggiato. Dall’altro lato della barricata arrivano Andrea Scanzi e Sabina Guzzanti a difendere «un artista che si espone». Intellettuali, giornalisti, politici sono tutti in fila: l’agenda la detta il rapper.