Una firma di tutto riposoLa verità sulle pensioni, contro il qualunquismo contabile

Il commento

“La verità – vi prego – sulle pensioni!”. Parafrasando il poeta Auden, il tema delle pensioni ha bisogno di una sana operazione di smascheramento delle demagogiche bugie che purtroppo caratterizzano il dibattito italiano. Il nemico da battere è quello che Mario Sechi ha efficacemente definito QC (Qualunquismo Contabile).

La verità è questa: esistono due diversi sistemi pensionistici, quello a ripartizione e quello a capitalizzazione. In un sistema a ripartizione i contributi previdenziali pagati dai lavoratori occupati servono per finanziare direttamente le pensioni corrisposte ai pensionati attuali. Esiste una catena di promesse tra generazioni che funziona per l’appunto così: i lavoratori attuali accettano di pagare contributi che finanziano le pensioni attuali in quanto si aspettano che la generazione successiva farà lo stesso quando andrà in pensione. E i pensionati attuali ricevono una pensione avendo pagato i contributi a vantaggio della generazione precedente di pensionati, e così via. Il sistema a ripartizione si chiama così perché realizza una suddivisione della “torta” del reddito prodotta ogni anno tra lavoratori e pensionati.

Il nemico da battere è quello che Mario Sechi ha efficacemente definito QC (Qualunquismo Contabile)

La logica del sistema pensionistico a capitalizzazione è molto diversa: i lavoratori attuali sono obbligati a versare contributi previdenziali i quali servono ad acquistare attività reali e/o finanziarie come titoli di Stato, obbligazioni, azioni, immobili, terreni, attività che presumibilmente aumenteranno di valore dal momento del versamento a quello del pensionamento il pensionato ha diritto a ricevere in forma di rendita, cioè di pagamento mensile, il “tesoretto” accumulato negli anni. Esiste naturalmente un elemento di rischio perché nessuno sa per quanto tempo la singola persona sopravvive dopo essere andata in pensione, e si possono immaginare diverse soluzioni riguardo al modo di dividere il rischio tra pensionato e fondo pensione. Il dato di fatto è però questo: i contributi pagati dal lavoratore durante gli anni precedenti finiscono dentro un capitale a cui egli ha diritto quando andrà in pensione.

Come spesso accade la lingua inglese è assai efficace nell’indicare con precisione i concetti sottostanti: il sistema a capitalizzazione viene chiamato funded pension system  (“sistema pensionistico coperto da soldi”), mentre il sistema a ripartizione viene senza tanti orpelli denominato unfunded (“non coperto da soldi”, “non finanziato”). Come mai? Perché banalmente i pensionati attuali non hanno accumulato fondi che finanziano la loro pensione, ma contano sul trasferimento da parte delle generazioni che attualmente lavorano. Vogliamo usare termini da storytelling renziano? Allora chiamiamo il sistema a capitalizzazione “sistema con tesoretto” e il sistema a ripartizione “sistema senza tesoretto”.

Vogliamo usare termini da storytelling renziano? Allora chiamiamo il sistema a capitalizzazione “sistema con tesoretto” e il sistema a ripartizione “sistema senza tesoretto”

Dal punto di vista economico il sistema con tesoretto permette pensioni tanto più generose quanto più elevato il tasso di rendimento dei capitali investiti, ad esempio in virtù di ottime performance azionarie dei titoli in cui si è investito. Dall’altro lato il sistema senza tesoretto offre pensioni tanto più generose quanto più sono alti i tassi di crescita della popolazione e dei salari. Come si spiega questo legame? La ragione è presto detta: il sistema a ripartizione, senza tesoretto, assegna ai pensionati una percentuale fissa del reddito prodotto dai giovani, e questo reddito totale, questa torta, è tanto più grande rispetto al reddito prodotto nei periodi precedenti quanto più forte la crescita della popolazione – a patto che si traduca in aumento dell’occupazione – e quanto più forte la crescita dei salari, che a sua volta nel medio-lungo termine dipende dalla crescita della produttività.

Il sistema senza tesoretto offre pensioni tanto più generose quanto più sono alti i tassi di crescita della popolazione e dei salari

C’è però un’importante simmetria da tenere presente: il sistema pensionistico senza tesoretto diventa difficile da sostenere se l’occupazione e la produttività ristagnano, e se c’è un aumento forte della speranza di vita a parità di età pensionabile. Detto in termini brutali ma realistici: in questa situazione ci sono troppo pochi lavoratori per ogni pensionato. Qual è la soluzione più semplice e più sensata per gestire questo rischio demografico? Tenendo presente il fatto che tutti questi vincoli diventano meno gravosi in presenza di una robusta crescita del reddito (la torta da dividere) il modo migliore per gestire questa minaccia al funzionamento del sistema senza tesoretto consiste nell’aumentare l’età pensionabile e nel contenere le pensioni attualmente pagate

Si possono anche aumentare i contributi previdenziali, ma si tenga presente che i contributi previdenziali sono la principale componente del famigerato cuneo fiscale, cioè della differenza tra costo del lavoro pagato dalle imprese e salario netto che va in tasca del lavoratore, che è uno dei fattori principali che sta dietro a un livello elevato di disoccupazione. Qualora si decida invece di non chiudere il divario tra contributi previdenziali e pensioni elargite esiste un’unica soluzione, che consiste nel trasferire risorse dalla cosiddetta fiscalità generale (le tasse pagate dai contribuenti) all’ente previdenziale che gestisce le pensioni. A sua volta, se non si vogliono aumentare le tasse per finanziare questo trasferimento all’ente previdenziale esiste una soluzione che dovrebbe farvi ronzare le orecchie: l’ideona consiste nel finanziare la spesa in deficit, aumentando così il debito pubblico. Fino a quando?

È ora di tornare alla realtà dei fatti, senza nascondersi dietro patetici giri di parole e demagogici proclami: il sistema pensionistico italiano è a ripartizione, cioè senza tesoretto. Punto.

Il sistema pensionistico italiano è a ripartizione, cioè senza tesoretto. L’inganno di politici, sindacalisti e giornalisti consiste nel far credere il falso, cioè che il nostro sistema pensionistico sia invece a capitalizzazione

Il vergognoso inganno perpetrato in maniera colposa e/o dolosa da molti politici, sindacalisti e giornalisti ai danni dei cittadini italiani consiste purtroppo nel far credere il falso, cioè che il nostro sistema pensionistico sia invece a capitalizzazione, con tesoretto. Ecco la ragione per cui ogni intervento di risanamento del sistema stesso – nella forma di un blocco degli scatti per inflazione e/o di un allungamento dell’età pensionabile – sia vissuto come se qualcuno avesse messo le mani dentro il tesoretto accumulato nei periodi precedenti. La verità è una sola: nessuno mette le mani nel tesoretto dei pensionati e pensionandi italiani semplicemente perché il tesoretto non c’è.

Intendiamoci: esistono senz’altro promesse fatte alle generazioni precedenti nel momento in cui pagavano i contributi a vantaggio dei pensionati di allora, ragion per cui di questo affidamento bisogna tenere conto, nei limiti delle risorse esistenti. Ma dall’altro lato la verità di un sistema pensionistico senza tesoretto dovrebbe farci riflettere sulla fatica dei lavoratori e dei giovani di oggi, che devono contare sulla crescita del paese per poter beneficiare di buone pensioni nel futuro. 

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