L’Editoria del futuro: meno supermercati e più qualità

L’Editoria del futuro: meno supermercati e più qualità

Come dopo ogni edizione del Salone del Libro, anche quest’anno proviamo a fare il punto della situazione sullo stato dell’arte dell’editoria italiana alla luce dei dati emersi dall’indagine Nielsen per l’Associazione Italiana Editori, presentata al Lingotto venerdì 15 maggio, e di quanto si è visto nei padiglioni del Lingotto.

Partiamo dai dati Nielsen e da una considerazione: se l’anno scorso la sensazione era di tragedia, di catastrofe imminente e di tunnel senza alcuna luce ad aspettarci in fondo, quest’anno qualcosa sembra essere cambiato, almeno a giudicare dal titolo scelto dagli organizzatori per la presentazione dell’indagine Nielsen 2015: Il paesaggio dopo la tempesta.

È un titolo che, nella sua ambivalenza, è molto interessante. Perché pur nella sua drammaticità — i paesaggi dopo le tempeste non sono tipicamente floridi e belli come prima del passaggio delle stesse — contiene una dose massiccia di ottimismo, ovvero la convinzione che il peggio sia passato, che quell’uragano che stava imperversando sul paesaggio editoriale italiano dal 2011 sia terminato e che ora ci sia da valutare i danni e cominciare a ricostruire.

Dai dati Nielsen emerge ancora un mondo industriale in difficoltà, le vendite si abbassano ancora, ma finalmente ci sono segnali di ripresa

Al di là del titolo, dai dati Nielsen — che ricordiamo, sono parziali perché non possono tenere conto di Amazon, che non rilascia dati, e di altre fonti di ecommerce che sono complicate da contabilizzare — emerge ancora un mondo industriale in difficoltà: le vendite si abbassano ancora (-4 per cento di volumi venduti nel primo quadrimestre 2015 rispetto allo stesso periodo del 2014, pari al -2,6 per cento di valore del venduto). Detto in parole povere, il mercato continua a ridursi, ma, ed è la nota positiva, si riduce meno di quanto si era ridotto nello stesso periodo del 2014.

Ma c’è una seconda nota positiva, che si legge in trasparenza analizzando l’indagine Nielsen, in particolare da tre i dati che appaiono come i più significativi e sono, nell’ordine, l’andamento del mercato di libri per bambini, segnato da un + 6,4 per cento; l’andamento delle vendite nelle librerie indipendenti, segnato da un aumento del 2,3 per cento del volume di affari; e infine il crollo delle vendite delle vendite nella Grande Distribuzione Organizzata, che ha perso addirittura il 14,8 per cento delle copie vendute.

Tenendo conto di questi tre dati emerge un dubbio, ovvero che la lettura del momento sia un po’ diversa da quella che lascerebbe immaginare il titolo della presentazione, ma che sia in realtà un’altra: che la tempesta non sia né passata né ancora qui a sconvolgerci la vita, ma che sia nello stesso momento qui e altrove.

Gli editori che in questi anni hanno lavorato bene, costruendosi delle nicchie di mercato solide e fedeli, sta bene e ha ora prospettive di ripresa

Quello che appare da questi numeri è infatti che ad essere in crisi non è l’intero mercato editoriale, ma solo alcune delle sue parti. Una considerazione che ci spinge a ribadire come non ci sia un mercato librario unico, che forse non c’è mai stato, e che la situazione per gli editori che in questi anni hanno lavorato bene costruendosi delle nicchie di mercato solide e fedeli è buona e concede loro prospettive di ripresa, se non di crescita; mentre per quelle aziende che, al contrario, hanno preferito inseguire un pubblico occasionale e che hanno lavorato male, il destino è decisamente molto incerto.

Questi tre dati sembrano confermare alcune tendenze che erano emerse nelle settimane scorse, incrociando e mettendo insieme le opinioni di tre operatori del settore, Antonio Monaco di Sonda, Pietro Biancardi di Iperborea e Stefano Mauri di GEMS.

Il crollo verticale delle vendite della grande distribuzione è il segnale del crollo del pubblico dei lettori occasionali

La prima tendenza, quella sottolineata dal crollo verticale delle vendite della grande distribuzione è il segnale del crollo di un pubblico — un pubblico, non il pubblico — quello dei lettori occasionali. Ma insieme è anche il segnale del tramonto di un tipo di prodotto, ovvero il libro generalista, che non ha un lettore preciso, riconoscibile e attrezzato, ma che punta proprio a quei lettori casuali che incontrano le proprie letture soprattutto tra i banchi del supermercato. Così si potrebbe interpretare la caduta del Lifestyle e della varia, che è scesa di circa 6 punti percentuali.

La seconda tendenza è l’ascesa sempre più importante dei libri per bambini e per ragazzi, illustrati o meno, un genere di prodotto librario che, se consideriamo che è arrivato a rappresentare il 22 per cento del totale, sta diventando un mercato a sé stante e che unisce la sua fortuna a quella di un canale che, per la prima volta, dà un segnale forte di sopravvivenza e di speranza: le librerie indipendenti, il cui volume di affari, in termini di copie vendute, è aumentato del 2,3 per cento.

Se questa ripresa delle librerie indipendenti si rivelerà una vera tendenza, se si confermerà nei prossimi mesi e arriverà a consolidarsi, sarà un segnale molto importante. Le piccole librerie indipendenti sono il tessuto più vitale e potente del mercato librario perché, a differenza della GDO, che sta crollando, sono frequentate dai lettori forti, ovvero da quella fascia di lettori che tiene in piedi l’industria editoriale da sempre e che, se tornerà ad acquistare, potrebbe fare uscire l’editoria dalla stagione dei segni negativi. Certo, questo non varrà per tutta l’editoria, ma solo per quella pensata non per un pubblico di massa, informe e casuale, che sembra destinata a morire. Al contrario, quella che è destinata a vivere è quella che produce libri di qualità pensati per le tante nicchie che formano il mercato, alcune piccole e isolate, altre grandi e popolose. Sono loro, sicuramente, i pubblici sui quali costruire il futuro del libro in Italia.

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