Prima i corsi di formazione, poi il lavoro nelle aree verdi. Volontariato, per la precisione, con la copertura assicurativa, la pettorina e il supporto degli operatori delle cooperative. La sfida per l’integrazione dei migranti passa da Pesaro, cittadina di turismo e industria del mobile in riva all’Adriatico. Qui Comune, Prefettura e associazionismo hanno appena firmato un protocollo che avvia, su base volontaria, l’inserimento dei richiedenti asilo in lavori di pubblica utilità. «Stare senza far nulla è un danno in primis per questi ragazzi, mentre i cittadini si arrabbiano vedendoli seduti sotto al Municipio per sfruttare la rete wifi sugli smartphone». Matteo Ricci è il sindaco di Pesaro e il vicepresidente nazionale del Pd. Ne ha parlato all’Anci, spera che il progetto faccia da apripista per altre realtà. «Oggi si scontrano l’approccio propagandistico della Lega e quello buonista di chi sottovaluta le tensioni sociali, ma noi sindaci non possiamo non essere pragmatici, dobbiamo governare l’emergenza». Nei giorni scorsi il ministro Alfano era stato subissato da polemiche bipartisan, proprio sul tema del lavoro gratis per i migranti. «Nessuno sfruttamento – si difende Ricci – le attività saranno su base volontaria e la risposta dei ragazzi è già molto incoraggiante».
Da dove siete partiti?
Quello degli sbarchi è un dramma umanitario più grande di noi, l’Europa deve battere un colpo e l’Onu deve svolgere il suo ruolo per riportare la governabilità in Libia. Nel frattempo c’è un’emergenza da gestire sul territorio. I sindaci devono fare la loro parte coniugando l’accoglienza con le regole, ma anche con un approccio pragmatico proprio perché siamo chiamati a governare. Oggi però vedo l’approccio propagandistico ed estremista della Lega Nord contrapposto a quello buonista di chi sottovaluta le tensioni sociali che possono nascere sui territori.
Quindi?
Al prefetto abbiamo posto tre paletti. I richiedenti asilo non devono essere ospitati negli alberghi, non solo perché la circostanza verrebbe letta come un privilegio agli occhi della cittadinanza. Ma anche perché siamo una città turistica, ci sono alcuni hotel in pessime condizioni e non vorrei che qualche albergatore sostituisse l’attività turistica col business dei migranti. Poi c’è un altro punto.
È la questione del volontariato?
Non possono stare senza far nulla dalla mattina alla sera. È un male per loro. E i cittadini si arrabbiano quando li vedono qui sotto al Municipio seduti per terra, per sfruttare la rete wifi sugli smartphone. Così abbiamo firmato un protocollo con Prefettura e associazionismo che impegna volontariamente i richiedenti asilo in attività di pubblico interesse come la gestione del verde pubblico. È importante in primis per questi ragazzi, ma anche simbolicamente per la città che vede contraccambiata l’ospitalità.
Il terzo paletto?
Spesso in città non c’è la consapevolezza dei drammi che questi ragazzi hanno vissuto. La loro presenza dev’essere l’occasione per raccontare la propria storia. Per questo vogliamo organizzare con loro cene e caffè anche a casa dei pesaresi. La prima serata sarà a casa mia.
Come funzionerà concretamente il lavoro dei profughi?
Dalla prossima settimana cominceranno a gruppi di 15-20 persone, prima con dei corsi di formazione per imparare a usare gli strumenti. I ragazzi avranno una copertura assicurativa, indosseranno una casacca e saranno impiegati insieme ai referenti delle associazioni in lavori di pubblica utilità, come la manutenzione di parchi e aree verdi. Ma aiuteranno anche gli operai delle municipalizzate.
Alfano ha proposto la questione del lavoro volontario con una circolare ministeriale molto contestata. Da Sel alla Lega Nord, è scoppiato un putiferio. Non vi ponete qualche dubbio?
Noi abbiamo anticipato quelle polemiche e quella circolare. La nostra pratica è già operativa. Il lavoro è su base volontaria e non c’è nessun tipo di sfruttamento, i ragazzi potranno dedicare le ore che vorranno a questi progetti e finora la loro risposta è stata molto incoraggiante. Gli estremismi non servono. D’altronde i problemi si risolvono con la testa, non con le urla né facendo leva sulla paura.