«Penso di essere l’ultimo presidente della Regione Lazio che è stato in piedi per tutta la legislatura. Prima Marazzo poi Polverini. Adesso Zingaretti, che immaginava una regione diversa e invece la sua immaginazione sembra essere sempre più lontana dalla realtà». Ex senatore, ex ministro, Francesco Storace risponde al telefono dalla Pisana, dove è vicepresidente del consiglio regionale ma dal 2000 al 2005 è stato governatore. «Un clima spettrale, oggi a mensa non c’era nemmeno la fila». Il terremoto di Mafia Capitale segna altre scosse di assestamento con le dimissioni del capogruppo Pd alla Regione e nuovi arresti per appalti truccati. «La situazione al Campidoglio è irrimediabile, bisogna calare il sipario». Il sindaco Marino? «Ha precise responsabilità, Tassone non ha vinto le primarie a piazzale Clodio e Coratti non è stato nominato presidente del consiglio comunale dal Csm». Eppure anche un pezzo di destra esce con le ossa rotte. «Si sono allentati i freni morali in maniera paurosa – racconta Storace – oggi i partiti non esistono più, ci sono le persone. Entra chi ha più soldi».
Il capogruppo Pd in Regione si è dimesso dopo le intercettazioni con Buzzi. Prima era toccato al capo di gabinetto di Zingaretti. Mafia Capitale sbarca in Regione?
Zingaretti deve evitare l’atteggiamento di Ignazio Marino, quello per cui chi lo contesta è mafioso. Lasci da parte l’enfasi propagandistica, quella per cui “nemmeno un euro è finito nelle mani di Mafia Capitale”. Dalle carte emerge che Magrini, dirigente della Regione, ha portato 7 milioni a Roma e i 60 milioni dell’appalto del Cup non sono finiti a Mafia Capitale solo perché sono arrivati i carabinieri. E la difesa a oltranza da parte di Zingaretti del suo capo di gabinetto Venafro è pessima, visto che il diretto interessato ha ammesso le responsabilità davanti al pm. Poi ci sono le dirigenti della centrale acquisti indagate. Che facciamo, le mandiamo in vacanza? Nella gestione regionale c’è stata una superficialità enorme, oltre alla disonestà personale. Quest’ultima, ovviamente, non riguarda il governatore.
Zingaretti è pulito, Marino pure. Ma la situazione intorno a loro non sembra delle migliori.
Marino ha precise responsabilità e deve spiegare molte cose. Dovrebbe essere condannato per abuso della credulità popolare, articolo 661 del codice penale. D’altronde Tassone non ha vinto le primarie a Piazzale Clodio, Politano non è stato nominato da Pignatone, Coratti non è stato fatto presidente del consiglio comunale dal Csm. Ozzimo assessore non è opera del pool di magistrati che indagano. Ormai la situazione al Campidoglio è irrimediabile, bisogna spegnere la luce e calare il sipario. Invece in Regione Zingaretti deve cambiare registro, altrimenti siamo da punto a capo.
Lei è stato governatore per cinque anni. Ha avuto sentore dei pescecani intorno agli appalti e al consiglio regionale?
Ormai il mio governo è prescritto! Certo, ci fu qualche assessore che dopo il mandato ebbe problemi con la giustizia, ma è normale che intorno a un’amministrazione con poteri importanti ci sia sempre qualcuno che voglia approfittarne. Io ebbi il manico ben saldo, evitai di cascarci. Il mio orgoglio è che nessuno mi ha mai accusato di essermi messo un euro in tasca.
Oggi Buzzi, ieri altri faccendieri. La situazione è sempre la stessa?
No, oggi è peggio. La qualità dei politici si abbassa. Oggi i partiti non esistono più, una volta facevano un minimo di selezione. Ora esistono le persone, entra chi ha più soldi. Nessuno dei soggetti coinvolti in quest’indagine sarà accusato di aver dato soldi al partito, come succedeva una volta, ma di esserseli messi in tasca. Se ieri venivi cacciato da un partito era un disonore, oggi semplicemente cambi casacca.
Ma in Mafia Capitale emerge anche il fallimento della classe dirigente di destra. Da Alemanno a Gramazio. Cosa non ha funzionato?
Quello delle indagini è un pezzo di destra. Francesco Storace ha denunciato le mazzette. Evidentemente si sono allentati i freni morali in maniera paurosa, si pensava più allo stipendio e al vitalizio. Ma io vorrei riscattare l’onore dell’altra parte della destra. Quella onesta.