Coop bianche, cooperative di ispirazione cattolica impegnate nel sociale, come la Domus Caritatis finita nel tritacarne di Mafia Capitale e in accordo nella spartizione degli appalti con quelle rosse di Salvatore Buzzi, accusato di avere persino legami con la ’Ndrangheta oltre che con il boss Massimo Carminati. Onlus come la Caritas di Teggiano Policastro in Campania adesso alla gestione di immigrati ma dove il responsabile usava i soldi per scopi personali. Esponenti politici seduti in parlamento che fanno della religione e della morale il loro mantra, come il sottosegretario Giuseppe Castiglione appena indagato per turbativa d’asta per l’appalto del Cara di Mineo. E poi la solita Comunione e Liberazione, che le numerose inchieste della magistratura hanno ormai bollato come un vero centro del malaffare, l’ultima a finire dentro, dopo gli scandali in regione Lombardia, è La Cascina di Roma.
Sono ormai anni che la magistratura ha acceso un faro sulla commistione tra amministrazione pubblica, politica, istituzioni d’ispirazione cattolica ramificate sul territorio e soprattutto vescovi e cardinali
Tralasciando la questione «Ior» in Vaticano, centro di veleni e delle inchieste più spinose negli ultimi anni per Sacra Romana Chiesa, Mafia Capitale bis apre un nuovo squarcio sull’universo cattolico italiano, soprattutto quello cooperativo ormai troppo spesso invischiato in affari poco chiari e appalti su misura. Non è un caso, suggeriscono i ben informati d’Oltretevere, che Papa Francesco abbia dedicato le ultime messe di Santa Marta proprio al problema della corruzione, non solo nella società, ma anche nella Chiesa, puntando il dito contro «gli affaristi del tempio». Bergoglio lo ha detto chiaro e tondo: «Sfruttano il luogo sacro di Dio per fare degli affari: cambiano le monete, vendono gli animali per il sacrificio, anche fra loro hanno come un sindacato per difendersi. Questo era non solo tollerato, ma anche permesso dai sacerdoti del tempio: sono quelli che fanno della religione un affare». Un riferimento di certo non casuale in questi giorni così difficili per Roma che testimoniano la preoccupazione del Santo Padre per una situazione sempre più ingestibile.
Sono ormai anni che la magistratura ha acceso un faro su questa commistione tra amministrazione pubblica, politica, istituzioni d’ispirazione cattolica ramificate sul territorio e soprattutto vescovi e cardinali che finiscono, anche senza essere indagati, nelle ordinanze di custodia cautelare. Sono segnali precisi di un andazzo che va avanti da tempo nelle segrete stanze del potere religioso.
Le ultime onlus finite nel mirino della procura di Roma che indaga su Mafia Capitale, sono apputo la Domus Caritatis del Vicariato romano, la diocesi della Capitale e La Cascina, vicina da sempre a Comunione e Liberazione. Il giro d’affari ruota intorno alle emergenze abitative e all’accoglienza dei migranti, che finisce nelle mani di un ristretto gruppo d’affari. I vertici delle due cooperative sono stati azzerati. Agli arresti Tiziano Zuccolo, della cattolica Domus Caritatis, e poi Francesco Ferrara, Domenico Cammisa, Salvatore Menolascina e Carmelo Parabita, rappresentanti del consorzio La Cascina. Di collegamenti al momento non ce ne sono. Ma fa pensare l’ultima inchiesta della procura di Napoli sulla Caritas di Teggiano Policastro, in provincia di Salerno, addetta alla gestione di quattro strutture dove, negli ultimi anni, sono stati ospitati migliaia di immigrati: i magistrati partenopei hanno svelato come i soldi destinati per l’assistenza ai migranti fossero invece utilizzati da un responsabile di una onlus per acquisti personali. Immigrati. Anche qui. E, di nuovo, l’aiuto verso i più bisognosi viene inteso come un business.
Da più o meno un anno i vertici della Chiesa cattolica compaiono nelle inchieste più eclatanti. L’attuale arcivescovo di Milano, Angelo Scola, è finito in quella del Mose di Venezia con la Fondazione Marcianum, finanziata e restaurata con denaro pubblico. Fu l’attuale patriarca Monsignor Francesco Moraglia a decretarne la chiusura lo scorso anno, con la benedizione di Papa Francesco. Che dire poi di Monsignor Francesco Paglia, presidente del Pontificio consiglio per la famiglia, che rischia di finire sotto processo in un’inchiesta per associazione a delinquere per l’acquisto di un castello. Non si può nemmeno dimenticare Monsignor Francesco Gioia, soprannominato anche “Monsignor Expo”, finito nelle carte dei filoni di inchiesta sul giro di appalti intorno alla manifestazione universale in corso in questi mesi a Milano e, soprattutto, tra i punti di riferimento del sistema Grandi Opere di Ercole Incalza: anche lui risulta indagato per un presunto abuso edilizio a Padova dove è stato arcivescovo.
E poi c’è la politica. Le intercettazioni nell’ultima ordinanza di custodia cautelare tra Luca Odevaine, ex capo di Gabinetto di Walter Veltroni e del commercialista Stefano Bravo, sugli appalti del centro di rifugiati di Mineo getta un’ombra inquietante sulla commistione tra coop bianche e mondo politico. Odevaine tira in ballo persino al sorella di Gianni Letta, l’ex gran visir di palazzo Chigi e punto di riferimento del Vaticano nella politica italiana, tale Maria Teresa Letta, attuale vicepresidente della Croce Rossa Italiana. Presunti appalti affidati in modo diretto, senza gara sempre per la gestione degli immigrati. «Castiglione si è avvicinato molto a Comunione e Liberazione, insieme ad Alfano e adesso loro … Comunione e Liberazione di fatto sostiene strutturalmente tutta questa roba di Alfano e del Centro Destra. Stanno proprio finanziando … sono tra i principali finanziatori di tutta questa». E infine, il discorso vira su Maurizio Lupi, l’ex ministro ai Trasporti travolto dalle inchieste sul sistema Incalza, ciellino di ferro, che ora sogna di diventare sindaco di Milano. Sempre nel nome della religione cattolica.