Marino resiste, il Campidoglio rischia la vergogna del commissariamento

MAFIA CAPITALE

Adesso il sindaco Ignazio Marino ostenta sicurezza. Il giorno dopo gli arresti nella nuova inchiesta di Mafia Capitale, l’inquilino del Campidoglio incassa la fiducia degli alleati. Di dimissioni non vuole neppure sentire parlare. Già poche ore dopo lo scandalo, il presidente del Partito democratico Matteo Orfini aveva assicurato la propria vicinanza al sindaco, considerato il vero argine alla criminalità organizzata infiltrata in Campidoglio. Oggi è la giunta a stringersi attorno a Marino, insieme ai gruppi consiliari democrat e di Sinistra Ecologia e Libertà.

La solidarietà giustifica l’ottimismo del sindaco. «Sono estremamente determinato – spiega Marino – Lo sono da sempre e oggi lo sono, se possibile, ancora di più, perché ho raccolto l’assoluta determinazione della mia giunta che vuole continuare nel percorso di cambiamento della città». Al netto delle sue sicurezze, il destino dell’amministrazione capitolina resta un’incognita. Il giorno dopo gli arresti, l’Aula Giulio Cesare deve fare i conti con l’ennesimo scandalo di Mafia Capitale. Come atteso, oggi il consiglio comunale ha ricevuto dalla prefettura la richiesta di sospendere dalla carica i quattro politici coinvolti nell’inchiesta. Sono i dem Mirko Coratti e Pier Paolo Pedetti, Giordano Tredicine di Forza Italia e l’esponente di Centro democratico Massimo Caprari. Entro la prossima settimana saranno sostituiti dai primi quattro non eletti delle rispettive liste.  

I consiglieri sono visibilmente turbati. In Aula più di qualcuno teme che presto altri nomi possano finire al centro delle indagini allargando ulteriormente il perimetro delle responsabilità

In Campidoglio la tensione è palpabile. Molti consiglieri sono visibilmente turbati dalla vicenda. All’ansia per il coinvolgimento dei colleghi, si accompagnano le incertezze per il futuro. Ecco il punto. In Aula circolano già indiscrezioni tutt’altro che rassicuranti. Più di qualcuno teme che presto altri nomi, compresi esponenti di primo piano, possano finire al centro delle indagini, allargando ulteriormente il perimetro delle responsabilità. Intanto i lavori sono bloccati. Ieri il consiglio è stato annullato dopo quattro appelli a vuoto. Lunedì la capigruppo proverà a riorganizzare il calendario delle sedute. «Il problema vero è che adesso inizia ad essere difficile garantire il numero legale in Aula», racconta l’esponente M5S Daniele Frongia. In un primo momento si era ipotizzato un aggressivo ostruzionismo da parte delle opposizioni per mettere ulteriormente in difficoltà il sindaco. I Cinque Stelle smentiscono. «I lavori del Consiglio sono già talmente lenti, e non da adesso, che è impossibile rallentarli ancora di più». 

Tra le opposizioni si fa insistente la richiesta di dimissioni del sindaco. I Cinque Stelle e il centrodestra chiedono un passo indietro a Ignazio Marino. A dispetto delle dichiarazioni ufficiali, anche all’interno della maggioranza i dubbi restano. «Non si può far finta di niente. Il Comune va commissariato e Renzi deve azzerare il Pd romano, poi tutti insieme pancia a terra ci mettiamo a ricostruire il governo della città e del partito con una selezione rigidissima della classe dirigente» spiegava un paio di giorni fa la renziana Patrizia Prestipino, già in corsa per le primarie ed esponente della direzione nazionale del Partito democratico. Non è l’unica. Il presidente di Radicali Italiani Riccardo Magi è un consigliere di maggioranza. È lui a raccontare le difficoltà del sindaco: «Da quando è scoppiato lo scandalo Mafia Capitale, l’amministrazione sembra essere rimasta con il fiato sospeso. Non è stata presentata nessuna seria proposta di governo per superare le difficoltà legate a quell’inchiesta». Da tempo Magi ha consegnato a Marino un progetto per il superamento dei campi rom (molto diverso dalla soluzione individuata dal leghista Matteo Salvini). A oggi quella proposta è rimasta chiusa in un cassetto. Un po’ a sorpresa, il radicale la presenterà in Consiglio la prossima settimana, insieme a un’altra delibera popolare per riformare il sistema dei centri di accoglienza nella città di Roma.

Su Marino pende ancora il rischio del commissariamento. I tempi non sono rapidi e la procedura è complessa ma in Campidoglio quasi nessuno vuole scommettere sull’esito finale della vicenda

Ma per il sindaco non ci sono solo le difficoltà politiche. Nonostante le rassicurazioni di molti, su Marino pende ancora il rischio del commissariamento. I  tempi non sono rapidi e la procedura è complessa. La decisione finale non arriverà prima della fine di luglio. Ma in Campidoglio quasi nessuno vuole scommettere sull’esito finale della vicenda. La commissione di accesso agli atti istituita per valutare le infiltrazioni del sistema criminale in Campidoglio è stata nominata lo scorso 15 dicembre. I lavori dovevano terminare dopo tre mesi, ma il prefetto Pecoraro ha chiesto una proroga fino al 15 giugno. Nel frattempo la responsabilità è passata al suo successore, Franco Gabrielli. Quando la relazione finale arriverà sul suo tavolo, sarà convocato un comitato allargato con il procuratore capo e gli investigatori. Calendario alla mano, Gabrielli avrà tempo fino a luglio per presentare le sue considerazioni al ministro dell’Interno Angelino Alfano. A quel punto la parola passerà al Consiglio dei ministri, che deciderà se procedere con la scioglimento per infiltrazioni mafiose.

Difficile dire cosa succederà allora. Al netto di altre novità, è probabile che il governo confermi la fiducia al sindaco. In coerenza con gli attestati di stima di questi giorni. Discorso diverso se nelle prossime settimane l’inchiesta finirà per coinvolgere altri consiglieri. A quel punto forse i vertici del Partito democratico potrebbero anche cambiare idea, chiedendo un sacrificio al sindaco Marino. Il Movimento Cinque Stelle non aspetta altro. «Prima ancora dello scioglimento del consiglio comunale chiediamo le dimissioni del sindaco» raccontano. «Sarebbe un atto di rispetto verso la città, che non merita l’onta del commissariamento». È un suggerimento che Marino non vuole nemmeno prendere in considerazione. 

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