È un regalo inatteso per il premier Matteo Renzi. Un piccolo gruppo di senatori che presto potrebbe aprire un confronto con il governo, agevolando il difficile percorso delle riforme. Soprattutto a Palazzo Madama, dove i numeri della maggioranza sono ancora stretti. Mentre in Parlamento si decide se posticipare a settembre la legge che rivoluzionerà il Senato, il presidente del Consiglio può tirare un sospiro di sollievo. In questi giorni stanno nascendo almeno tre diverse realtà politiche con cui dialogare. Tre pattuglie di senatori che potrebbero sminare il campo delle riforme da possibili incidenti di percorso.
I primi a offrirsi sono due senatori provenienti dal Movimento Cinque Stelle. Maurizio Romani e Alessandra Bencini. Toscani, tutti e due al gruppo misto, stamattina hanno formalizzato la loro adesione all’Italia dei Valori. A presentare il loro ingresso nel partito è stato il segretario Ignazio Messina, che da tempo ha preso il posto di Antonio Di Pietro. Ovviamente i diretti interessati rifiutano di passare alle cronache come i “soccorritori” del governo. Eppure ammettono chiaramente di essere pronti ad avviare una nuova fase di dialogo e confronto con la maggioranza. Del resto Messina chiarisce che l’Italia dei Valori aspira «a far parte di un centrosinistra unito», opposto al centrodestra. Partendo dal presupposto che l’Italia ha bisogno di riforme.
MESSAGGIO PROMOZIONALE
I maligni assicurano che al centro della questione ci sia un posto di governo nell’imminente rimpasto estivo. Una poltrona, magari da assegnare proprio al segretario. Gli eredi di Di Pietro preferiscono metterla così: «Siamo passati da una fase di protesta a una stagione di proposte». Intanto si sogna in grande. In conferenza stampa i rappresentanti Idv assicurano che sono già in corso contatti per allargare la rappresentanza parlamentare. Presto potrebbero arrivare altri senatori, magari in numero sufficiente per formare un gruppo autonomo. Chi a Palazzo Chigi temeva per le riforme da oggi è più tranquillo. Il dialogo con l’Italia dei Valori partirà proprio dalla riforma costituzionale. Curiosamente le proposte presentate da Messina sono le stesse della minoranza Pd. Si comincia dalla necessità di creare un Senato elettivo. Meglio se sforbiciando anche il numero dei deputati, che potrebbero passare da 630 a 500.
I maligni assicurano che al centro della questione ci sia un posto di governo nell’imminente rimpasto estivo
Dal centrosinistra al centrodestra, ecco spuntare ancora una volta il gruppo dei verdiniani. Più che una notizia è diventata una leggenda. Nel Palazzo si racconta ormai da giorni l’imminente nascita del gruppo guidato da Denis Verdini. Una quindicina di senatori, in gran parte provenienti da Forza Italia, pronti a schierarsi con la maggioranza per sostenere il percorso delle riforme. I nomi girano, le indiscrezioni anche. Di certo al momento non c’è ancora nulla. Ma i retroscena giornalistici assicurano che lo strappo tra Silvio Berlusconi e il suo storico collaboratore toscano si sarebbe già consumato. Intanto la vicesegretaria democrat Debora Serracchiani ha lasciato ben spalancate le porte di un’intesa. «Noi non stiamo cercando nessuno» ha chiarito in un’intervista al Corriere. Sulle riforme il Partito democratico proverà a partire dall’unità all’interno del gruppo parlamentare (all’assemblea nazionale di sabato sarà proprio questo l’argomento principale al centro della discussione). Ma se arrivasse qualche aiuto non richiesto, tanto meglio. «Se c’è qualche senatore che vuole votare le riforme e magari ha anche contribuito a scriverle – le parole della Serracchiani – Non si comprende perché non si dovrebbe lavorare insieme».
Nel Partito democratico qualcuno spera negli ex leghisti. Occhi puntati a martedì prossimo, quando Flavio Tosi presenterà a Roma il suo nuovo partito
Le maggioranze variabili aumentano. E raggiungono scenari fino a poco tempo fa impensabili. Se un sostegno alla maggioranza arrivasse dagli ex leghisti? Nel Partito democratico qualcuno ci spera. Occhi puntati a martedì prossimo, quando Flavio Tosi presenterà a Roma il suo nuovo partito. Il sindaco di Verona può contare su una piccola squadra di parlamentari veneti. Sono tre deputati e tre senatori. Un movimento ancora piccolo, ma in grado di fare la differenza a Palazzo Madama. Per il momento siamo solo alle ipotesi. I tosiani assicurano di non aver nulla a che fare con il governo renziano. Si considerano una forza politica di centrodestra, in antitesi alla maggioranza che sostiene il premier. Eppure qualcuno si lascia sfuggire che in Aula, quando sarà il momento di votare, si deciderà di volta in volta. Pragmaticamente, senza accordi sottobanco, in base a ciascun provvedimento. Intanto negli ultimi giorni è iniziata una polemica a distanza con il segretario leghista Matteo Salvini.
Al leader padano, che li aveva accusati di essere “poltronari di professione”, i tosiani hanno risposto per le rime, ironizzando sul progetto di uscita dall’euro. Segno che la ricomposizione del centrodestra è ancora lontana. Nella maggioranza si segue con interesse la situazione: la pattuglia di ex leghisti al Senato è tutta al femminile. Si tratta di Patrizia Bisinella, Raffaela Bellot ed Emanuela Munerato. Iscritte al misto, le tre hanno già dato vita alla componente “Federalismo autonomie e libertà”. Alla Camera sono in corso i preparativi per il varo del partito. Poche le indiscrezioni: il deputato Roberto Caon avrebbe ricevuto l’incarico di organizzare la struttura tosiana a Roma e nel Meridione. Una struttura che si articolerà inevitabilmente attorno alla fondazione “Ricostruiamo il Paese” del sindaco veronese.