L’ecoAerogel, il migliore isolante termico del mondo è anche ecologico

L’ecoAerogel, il migliore isolante termico del mondo è anche ecologico

La serendipità — o, in inglese, che suona meglio, Serendipity — è una dinamica umana delle più strane, basata sull’intersezione del caso, dell’errore e di una certa dose di ingenuità, che, come per una sorta di contrappasso dell’ostinato razionalismo umano, è stata, ed è tuttora, una grande alleata del progresso.

La serendipity, infatti, consiste nel fare scoperte straordinarie, di quelle che portano avanti di un passo la storia dell’Umanità, raggiungendole per vie più che traverse, cercando qualcos’altro. Un po’ come partire con tre caravelle convinti di cercare le Indie e ritrovarsi nelle Americhe, o cercare di inventare la colla più potente del mondo e, fallendo, ritrovarsi in mano un post-it. La storia dell’ecoAerogel e di NAM parte da una dinamica simile. NAM è una giovane startup italiana che si occupa di ricerca e sviluppo per la produzione di aerogel, una sostanza altamente isolante, usata dalla Nasa per esplorazioni e missioni spaziali, ma finora decisamente troppo costosa e inquinante.

Il team guidato da Stefania Grandi è arrivato a brevettare l’ecoAerogel, ovvero il miglior isolante termico conosciuto al mondo — l’aerogel, appunto — in una versione totalmente ecologica

«È stato un caso», racconta Stefania Grandi, ricercatrice a contratto all’Università di Pavia, fondatrice di Nam, con 18 anni di esperienza in ricerca sui materiali silicei e fondatrice di Nam: «Eravamo stati chiamati per una specie di consulenza; ci avevano chiesto di caratterizzare e cercare di recuperare della cenere di lolla di riso. E mentre studiavamo quella cenere abbiamo scoperto che conteneva tassi di silicio elevatissimi, superiori al 90 per cento, ma che soprattutto era una cenere che non conteneva traccie di sostanze tossiche, niente a che vedere dunque con le ceneri da inceneritore».

Succede che, grazie soprattutto al fatto di essere uno spin off accademico dell’Università di Pavia e quindi di poter utilizzare i laboratori dell’ateneo a scopi di ricerca per una modica cifra di affitto, il team guidato da Stefania Grandi è arrivato a brevettare l’ecoAerogelil miglior isolante termico conosciuto al mondo — l’aerogel, appunto — in una versione totalmente ecologica, derivata dalla cenere di lolla di riso. L’ecoAerogel di Nam è ancora in fase di sperimentazione. Grandi e il suo team sperano di riuscire a costruire un primo impianto entro sei mesi: «Sì, in realtà è più un impianto pilota che un impianto industriale, ci permetterà di testare e ottimizzare il procedimento di produzione su una scala più grande, verificare i procedimenti e arrivare a produrre circa 30mila litri di prodotto all’anno, già commercializzabile».

I campi di applicazione sono quindi tantissimi, dall’edilizia e dall’abbigliamento industriale, fino alle applicazioni civili. «Pensa che l’aerogel è stato testato come componente isolante di alcune tute da montagna sull’Everest»

Ma quali sono le applicazioni di questo materiale? Tante, tantissime. Almeno a sentire le parole della dottoressa Grandi, che di questo tipo di materiali si occupa da più di dieci anni e che spiega: «Le applicazioni di questo tipo di materiale sono innumerevoli, come le sua qualità. È il miglior isolante termico, è il miglior isolante elettrico, è anche un ottimo isolante acustico, ha una capacità assorbente altissima e resiste a temperature fino ai 1000 gradi centigradi». I campi di applicazione sono quindi tantissimi, dall’edilizia e dall’abbigliamento industriale, fino alle applicazioni civili. «L’aerogel è stato testato come componente isolante di alcune tute da montagna sull’Everest, ed è andata a finire che, con strati sottilissimi di tessuto e di materiale, gli escursionisti che lo hanno testato si sono lamentati del caldo».

Un materiale da Nasa, insomma. Infatti l’agenzia spaziale statunitense lo utilizza abitualmente da anni per le sue missioni spaziali, tanto da aver finanziato una linea di produzione interna. «Lo usano come isolante degli Shuttle, ma anche per le tute dei piloti e, addirittura – continua Stefania Grandi – come una sorta di “carta assorbente spaziale”, che viene lasciata nello spazio per catturare pulviscolo da analizzare in seguito, sfruttando la sua straordinaria capacità assorbente». Un materiale da viaggi nello spazio, prodotto per la prima volta in maniera ecologica e relativamente economica. Ci sarebbero le basi per coltivare speranze di grande successo commerciale per l’ecoAerogel e, di conseguenza, per la Nam, che, come dice la dottoressa Grandi, «vorrebbe puntare a diventare il produttore numero uno in Italia e in Europa, arrivando magari a esportare le modalità di produzione all’estero».

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MESSAGGIO PROMOZIONALE

Ma siamo in Italia e, parlando di startup, termini come “difficoltà” e “problemi” emergono dopo i primi minuti di conversazione. A partire da quelle che sono le più “comuni” per chi vuole scommettere sulle proprie idee e sulle proprie capacità imprenditoriali in Italia. C’è la burocrazia — «che rende lentissima qualsiasi cosa», dice Stefania, «obbliga a perdersi in carte, documenti e foglietti inutili, perdendo un sacco di tempo prezioso, ancor più prezioso per questo genere di attività di ricerca, che sui tempi si gioca molto».

Non solo. NAM, in quanto startup innovativa che punta sulla ricerca, si scontra anche con i problemi dell’università e della ricerca in Italia, «che produce tantissime eccellenze e che potrebbe investirci per cercare di uscire dall’impasse, ma che invece le abbandona a loro stesse. In Italia, il problema maggiore della classe dirigente, è la totale incapacità di pensare al futuro. Il prodotto che stiamo sviluppando ha un potenziale di crescita e di sfruttamento economico pazzesco, ma ha bisogno, soprattutto in questa fase iniziale, di investimenti. Sono soldi che rientreranno con gli interessi in una decina d’anni, e non solo sotto forma di soldi, ma anche di risparmio energetico, per esempio». Ora la speranza di Stefania Grandi e del team di NAM, che intanto ha trovato due aziende italiane con cui collaborare — ma di cui non può ancora rivelare il nome — è che l’impianto pilota dia i risultati sperati e che l’azienda decolli nel giro dei prossimi tre anni. Intanto va avanti, un giorno dopo l’altro.

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