Caos rifugiati, ci vogliono 18 mesi per esaminare una richiesta d’asilo

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«In questi giorni stiamo esaminando le domande di asilo presentate da chi è sbarcato nel 2013». Quasi due anni fa. Mentre migliaia di disperati continuano ad attraversare il Mediterraneo, la burocrazia ha ingolfato la macchina dell’accoglienza. A raccontare l’incredibile situazione è il componente di una delle commissioni che riconoscono lo status di rifugiato in Italia, che in cambio chiede di rimanere anonimo. Intanto decine di migliaia di migranti restano bloccati nei centri di accoglienza. È una questione economica e di sicurezza, oltre che ovviamente di dignità umana. Durante il periodo in cui attende una risposta, ogni immigrato costa alla collettività circa 35 euro al giorno. Nel frattempo aumenta il numero dei clandestini. «Tempi di attesa così lunghi scoraggiano anche chi avrebbe diritto di essere accolto» racconta il commissario. «Ormai è il caos, sempre più persone stanno scappando dai centri di accoglienza».

Lo scorso anno in Italia sono state presentate 64.886 richieste d’asilo, ma le commissioni territoriali ne hanno esaminate solo 36mila. E così le pratiche hanno iniziato ad accumularsi. «Ma bisogna considerare che nei primi mesi del 2015 le domande di protezione internazionale sono quasi triplicate». Il problema è strutturale. Il deputato di forza Italia Gregorio Fontana fa parte della commissione di inchiesta sul sistema di accoglienza, identificazione e trattenimento dei migranti. Senza farsi annunciare, ieri si è presentato presso la commissione di Brescia. Uno dei due centri della Lombardia. La situazione che ha trovato è preoccupante: «Ormai il meccanismo si è bloccato» racconta. A causa del lavoro accumulato, anche qui le richieste di asilo vengono esaminate con 18 mesi di ritardo. «Il sistema delle commissioni territoriali è stato pensato quando in Italia arrivavano 12mila migranti l’anno» spiega il deputato «Peccato che ora siano quasi 200mila». E dire che il numero delle commissioni è stato persino raddoppiato: oggi sono quaranta, ma fino a pochi mesi fa erano solo venti.

Ogni commissione territoriale è formata da quattro componenti: due rappresentano il Viminale, uno gli enti locali e uno l’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite. Ciascuno è in grado di studiare 3 o 4 richieste di asilo al giorno. Il procedimento non è semplice: i migranti vengono convocati e sottoposti a un’audizione di almeno un paio di ore. Si cerca di valutare la veridicità delle testimonianze e l’esistenza dei requisiti per ottenere l’asilo. Con l’aiuto di un mediatore culturale si entra nei dettagli, si chiedono particolari che solo chi ha vissuto può conoscere. A fine giornata la commissione si riunisce e le decisioni vengono prese collegialmente. A conti fatti, ogni giorno si riescono ad esaminare circa 16 richieste d’asilo. «Ma quando sono entrato nella commissione di Brescia – continua Fontana – di quattro componenti ne ho trovati al lavoro solo due». Nessun caso di assenteismo. «È evidente che durante la giornata i rappresentanti della prefettura sono impegnati altrove. E così i lavori proseguono a rilento». 

Intanto gli sbarchi vanno avanti senza sosta. Il governo si arrangia come può: «Dal ministero ci è arrivata una circolare che chiede di raddoppiare il numero di audizioni quotidiane. Come se le nostre strutture non fossero già in grande affanno» continua l’anonimo commissario, impegnato in una regione del Meridione. Qualcuno potrebbe sollevare problemi di sicurezza. Un esame troppo superficiale non rischia di aprire le porte del Paese a chiunque, magari a un terrorista? «Piuttosto – continua il commissario – può accadere che venga negata con troppa facilità l’accoglienza a chi ne avrebbe il diritto».

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MESSAGGIO PROMOZIONALE

La prima conseguenza è stata una stretta sulle domande di asilo. Lo scorso anno ne erano state accolte 21.861, il 60 per cento del totale. Quest’anno il numero è crollato. «Solo a Brescia – racconta Fontana – il 56 per cento delle richieste ha ricevuto un diniego». Al Sud la tendenza è la stessa. «Ormai abbiamo esaminato migliaia di vicende, molte storie iniziano ad assomigliarsi. E questo va a discapito del richiedente asilo. Molti rifiuti arrivano perché i migranti sono considerati “poco credibili”». Da questo punto di vista non ha aiutato la diffusione nei centri di accoglienza dei “venditori di storie”. Persone che in cambio di denaro cedono finte testimonianze che, così assicurano, permettono di ottenere più facilmente lo status di rifugiato. Ai profughi in attesa vengono venduti finti dettagli sul percorso che li ha portati fino in Libia. Date, circostanze, persino i nomi dei compagni di viaggio. Non funziona quasi mai. «Spesso ci capita di trovare migranti che ci raccontano la stessa identica vicenda. E siamo costretti a rifiutare la richiesta di asilo. Magari con la loro vera storia avrebbero ottenuto la protezione internazionale, invece la perdono perché si sono fidati dei “venditori di storie”».

Talvolta la fortuna resta l’unica possibilità per ottenere lo status di rifugiato. Essere interrogato da un commissario piuttosto che da un altro può fare la differenza. «Molti membri delle commissioni non hanno alcuna competenza. Vengono mandati qui proprio per la loro scarsa preparazione. Io stesso ho dovuto correggere diversi verbali in cui i migranti originari del Mali venivano considerati malesi, anziché maliani (insieme a nigeriani e gambiani sono tra i maggiori richiedenti asilo, ndr)». Non solo. «Talvolta tra i commissari ci sono anche diverse resistenze culturali». È un problema che incontrano più frequentemente i migranti fuggiti per questioni sessuali. Discriminati perché gay in Paesi dove l’omosessualità è ancora punita con la pena di morte, a volte sono vittime di pregiudizi anche in Italia. 

Per gli stessi membri delle commissioni territoriali il lavoro non è facile. «La responsabilità è enorme» racconta Fontana. Dalle loro scelte passa il destino di migliaia di esseri umani. È già capitato che di fronte a un diniego qualcuno si togliesse la vita. «Sentiamo storie terribili, e spesso non possiamo fare niente. Per quanto drammatici, i racconti delle violenze, delle traversate nel deserto e dei barconi sul Mediterraneo non contano nulla ai fini della protezione internazionale. La richiesta di asilo dipende unicamente dalla situazione vissuta nei paesi di origine». E si lavora tanto. Le audizioni iniziano alle 8.30 di mattina e proseguono fino a sera. La retribuzione è di 90 euro al giorno, lordi. Meno di 50 euro. 

«Al di là della gestione dell’emergenza – spiega Fontana – il governo non sembra essere in grado di fronteggiare il fenomeno». La soluzione al problema delle richieste di asilo non è facile. «Credo che sia necessario moltiplicare il numero delle commissioni. Ce ne vorrebbe una in ogni prefettura, forse anche di più. E poi bisogna allargare la composizione: aprire a supplenti, magari anche a professori universitari con specifiche competenze», continua il deputato. Il rischio che la situazione peggiori ulteriormente è concreto. Giorno dopo giorno, si allungano i tempi di attesa dei richiedenti asilo. La media è due anni, ma in caso di ricorso contro la decisione della commissione ne possono trascorrere anche quattro. L’aumento del numero dei clandestini è solo una logica conseguenza. «Tutti i migranti che non vogliono fermarsi in Italia  – conclude Fontana – ormai scappano senza nemmeno lasciare le impronte. Terrorizzati di finire in questo tritacarne burocratico, preferiscono far sparire le proprie tracce».

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