Calce e sorrisi. Il piacione Marchini è pronto a prendersi il Campidoglio

Calce e sorrisi. Il piacione Marchini è pronto a prendersi il Campidoglio

Sta riuscendo nel miracolo di riunire il centrodestra. Ma lo corteggiano anche a sinistra. Lo cercano i giornali e le televisioni. La sua immagine, chioma fluente e larghi sorrisi, ha varcato le soglie del Grande Raccordo Anulare. Imprenditore e finanziere dall’imponente network di relazioni, nel caos politico-giudiziario che travolge Roma Alfio Marchini si muove rapido e macina consensi. Aveva ipotizzato la partecipazione della sua lista civica al sit-in AntiMafia Capitale nella piazza dove si erano tenuti i funerali di Vittorio Casamonica. Poi ha dato forfait. «Abbiamo fatto bene a non andare a fare da cornice allo show ipocrita del sindaco palombaro. Alla faccia della manifestazione apolitica». 

Concorrente del Movimento 5 Stelle, nel Pd qualcuno lo definiva «un grillino in giacca e cravatta». Oggi riconferma la sua candidatura a sindaco di Roma: «Vediamo chi si allea con noi»

L’imprenditore di una dinastia storicamente vicina al PCI oggi gioca a tutto campo. Dopo l’exploit della sua lista civica nel 2013 (9,5 per cento e 110mila preferenze) e l’ingresso in Campidoglio all’opposizione, sono arrivati gli scandali giudiziari sull’amministrazione comunale. Marchini chiede nuove elezioni, annuncia che si ricandiderà sindaco. «Vediamo chi si allea con noi – ha detto alla festa del Fatto Quotidiano – Le sigle sono superate, centrodestra e centrosinistra sono anacronistici». Lo ripete da mesi, Alfio Marchini. Marca le distanze dagli uni e dagli altri, schiva elegantemente le domande sulle coalizioni, si tiene le mani libere. «Nella Capitale il bipolarismo non esiste da due anni e non esisterà più. Serve una proposta politica che coinvolga le migliori risorse della città, è tempo di aprire alla società civile partendo dal basso», dice nelle interviste. Concorrente del Movimento 5 Stelle, nel Pd qualcuno lo definiva «un grillino in giacca e cravatta». Dal canto suo Marchini si propone post-ideologico e si muove da anti-casta, un rottamatore civico che non lascia punti di riferimento. Outsider ma non troppo, con un giornale “amico” come Il Messaggero e amicizie trasversali nei salotti buoni.

Classe 1965, già capitano della nazionale di polo, ingegnere, romanista e cattolico, scuole dai gesuiti e al San Giuseppe De Merode. Gli istituti della Roma bene. È l’erede di una delle più famose imprese di costruzioni capitoline. Una famiglia ribattezzata «calce e martello» in cui i fratelli Alfio e Alvaro donarono la sede di via delle Botteghe Oscure al partito comunista. Alfio junior si è fatto strada con un’agenda di conoscenze di alto rango, a sinistra come a destra, nell’editoria, nelle banche ma anche in ambienti cattolici: amico personale di don Luigi Giussani, per un periodo finanziò il giornale ciellino Il Sabato. Frequentazioni di prestigio, rapporti di stima. Da Shimon Peres a Enrico Cuccia, da Gianni Letta a Francesco Gaetano Caltagirone, da Massimo D’Alema a Walter Veltroni. 

Gad Lerner lo ha ribattezzato «il Montezemolo de noantri, ha troppi amici per piacermi». Volto noto, apprezzato e invidiato nella galassia imprenditoriale capitolina, il «bello, ricco e simpatico» Marchini è socio fondatore di Italianieuropei, la fondazione di Massimo D’Alema, ma anche dell’associazione Italia Decide di Luciano Violante. Oltre agli affari di famiglia, diverse poltrone. Già consigliere di amministrazione di Banca di Roma e Unicredit, è stato membro del cda Rai dal quale si dimise dopo pochi mesi perché in disaccordo con la strategia aziendale adottata dal governo Berlusconi. Ma in Rai è stato anche presidente della Sipra, la concessionaria di pubblicità di viale Mazzini. Dal 1995 al 1998 gli è stato affidato l’incarico di amministratore delegato di Roma Duemila, società del gruppo Ferrovie dello Stato che si occupava delle infrastrutture in vista del Giubileo del 2000. Con la discesa in politica ha venduto quote e società che potevano generare conflitto d’interessi, poi ha costruito una squadra di amici e volontari con lo slogan «io amo Roma e tu?».

Per dirla con le parole di Marchini, «Marino è il prigioniero che sta trasformando i suoi carcerieri politici, cioè il Pd, in carcerati»

Il futuro di Ignazio Marino è sempre più incerto, tra il commissariamento “soft” affidato al prefetto Gabrielli e la diffidenza di palazzo Chigi nei confronti del chirurgo genovese. Per dirla con le parole di Marchini, «Marino è il prigioniero che sta trasformando i suoi carcerieri politici, cioè il Pd, in carcerati». E ancora: «Il sindaco è un gran furbone con un straordinario cinismo grazie al quale si porterà nella tomba parecchia gente che ancora oggi si illude di saperlo gestire e manipolare». Intanto l’imprenditore è riuscito a unire il centrodestra, incoronato da Berlusconi in persona. «Con lui c’è un dialogo aperto», notava un diplomatico Antonio Tajani. «Quello di Marchini è un buon nome», ha detto Renato Brunetta. Qualcuno evoca addirittura il «modello Venezia» del neosindaco Luigi Brugnaro.

Dalle parti di Ncd sono ancora più chiari. «Marino dovrebbe dimettersi e permettere nuove elezioni per le quali punteremmo su un profilo civico come quello di Alfio Marchini, che sarebbe l’uomo giusto per ridare decoro alle istituzioni capitoline e fiducia ai cittadini», parola di Gianni Sammarco, coordinatore romano del partito di Alfano. Marchini parteciperà anche alla summer school della fondazione Magna Carta di Gaetano Quagliariello, dove peraltro si riunisce lo stato maggiore di Ncd. Da destra Francesco Storace prova a incalzarlo: «Se Marchini sposa un programma convincente, sarà necessario comunque passare per le primarie». Sul fronte Lega Nord, Matteo Salvini non si sbilancia pubblicamente: «Non lo conosco abbastanza per poter dare un giudizio». Ma già a giugno, nella famosa cena di Arcore, Silvio Berlusconi e il leader del Carroccio parlavano proprio di Marchini per la corsa al Campidoglio. Fino ad oggi Alfio si è smarcato, ma resta comunque in pole position.