Internet in aereo, cade l’ultima frontiera all’iperconnessione

Dal 2016 il servizio sarà disponibile in Europa sui voli Lufthansa. In America c’è già, con tutti i rischi che comporta, terrorismo compreso

Con l’obbligo di spegnere i dispositivi elettronici, l’aereo era rimasto l’ultimo rifugio del mondo iper-connesso. Un’oasi di pace obbligatoria, lunga tutta la durata del volo. Si poteva pensare, lavorare senza eccessive distrazioni, rilassarsi e godere dei pochi attimi di libertà incolpevole dalle mail del capo o di clienti insistenti. Un paradiso sì, ma perduto: perché le cose stanno cambiando.

La Lufthansa ha annunciato che dall’estate 2016 fornirà un servizio di internet sui suoi voli domestici e su quelli a breve raggio. È una novità (relativa) per l’Europa, dal momento che finora internet in aereo era fornito solo da British Airways (su alcune tratte specifiche), da Iberia, Air Berlin e Vueling secondo forme varie: connessione satellitare, pagamento, utilizzo di alcune app specifiche. Ryanair segue a ruota, con un progetto simile – sempre a partire dal 2016 – che consentirà di accedere alla rete anche mentre si vola.

Se le cose cambiano è perché vanno incontro alle richieste degli utenti. Secondo un sondaggio Inmarsat, l’80% degli intervistati si è detto favorevole all’uso del Wifi in aereo. Se si deve pagare qualcosa in più, si scende al 67%: che è comunque più della metà. In ogni caso, conclude la ricerca, più di quattro intervistati su cinque sono convinti che internet a bordo sia ormai un destino inevitabile. Anche perché, a ben guardare, c’è già. Negli Stati Uniti, ad esempio, il wifi a bordo di voli commerciali è una realtà dal 2007, cioè da quando Gogo, il maggiore provider di internet in aereo, ha cominciato a operare su alcune compagnie (Delta, American Airlines e Virgin). Gli americani, insomma, hanno già avuto modo di meravigliarsi ed essere stupiti. Poi, di lamentarsi per la lentezza del servizio.

Gli aerei possono connettersi a reti terrestri, cioè generate da torri apposite ma piantate al suolo, oppure a reti satellitari

La qualità del wi-fi sui voli non è standard, anzi. Dipende da un mix di tecnologia e di modello di business. Ad esempio, come spiega questo articolo di Fortune, si può volare con Delta e finire per pagare dieci o 20 dollari per connettersi, con una velocità limitata. Oppure avere una connessione velocissima su un volo JetBlue. E la differenza sta tutta nelle scelte della compagnia e del provider.

Gogo, ad esempio, segue un modello “business”, dove internet è a pagamento e viene utilizzato in via principale da chi viaggia per affari. Sono passeggeri disposti a pagare, anche tanto, perché i costi ricadono sui datori di lavoro, non sulle loro tasche. E a Gogo basta: è sufficiente che il 7% dei passeggeri sui voli gestiti da Gogo si connetta perché l’azienda sia in positivo. Per il futuro il costo della connessione aumenterà. In altri casi, invece – di solito compagnie più piccole – si considera internet come un servizio in più, e la compagnia paga il provider per tutta la banda che viene consumata dai passeggeri. In questi casi, oltre il 40% dei viaggiatori si connette.

Il problema, poi riguarda anche la tecnologia utilizzata. Gli aerei possono connettersi a reti terrestri, cioè generate da torri apposite ma piantate al suolo, oppure a reti satellitari. Il primo caso è quello preferito da Gogo, che negli anni ha costruito una rete di antenne e ripetitori puntati al cielo diffusi lungo gran parte del territorio degli Stati Uniti e del Canada. Si può connettere anche a network satellitari, con una fornitura che arriva fino a 70 mbps (megabit per secondo). La differenza è che, nel secondo caso, il campo utilizzato dovrà essere condiviso: non solo dagli stessi passeggeri di un volo (come è ovvio) ma da tutti gli aerei che transitano nella zona.

ViaSat, invece, la compagnia (quasi) esclusiva di JetBlue, utilizza un satellite, ViaSat-1, che fornisce banda a voli e case del territorio americano. JetBlue garantisce una velocità di 15 mbps a tutti i passeggeri, che non è poco.

Internet invaderà anche i cieli europei, nonostante i rischi connessi e la difficoltà di accedere al servizio, che comunque sarà costoso

Detto questo, è normale vedere che per gli statunitensi il wi-fi a bordo è diventato un criterio di selezione dei voli (certo, non il principale). Secondo un sondaggio fatto da Honeywell International, nove americani su dieci hanno utilizzato internet mentre erano in volo, e il 30% cambierebbe aereo a seconda della disponibilità del wifi. Sta diventando un accessorio sempre più decisivo. Tanto che, visto il boom, il governo Usa si è premunito di avvertire la popolazione dei rischi che internet in volo comporta. E si parla di terrorismo.

Secondo il Gao (Government Accountability Office) alcuni aerei, in particolare il Dreamliner della Boeing e gli Airbus A350 e A380, sono a rischio. Le cabine di pilotaggio sono connesse allo stesso router che viene messo a disposizione dei passeggeri. Non è impossibile che un terrorista si serva del computer di un passeggero (o non sia lui stesso un passeggero) e prenda il controllo dei comandi dell’aereo. In questo caso non c’è firewall che tenga. Nonostante siano state prese misure di sicurezza severe, l’allarme rimane.

Per cui, a conti fatti, la situazione dell’ultimo spazio di tranquillità è precaria. Internet invaderà anche i cieli europei, nonostante i rischi connessi e la difficoltà di accedere al servizio, che comunque sarà costoso. E chi voleva avvertire del pericolo imminente gli esseri umani, segnalando tutti i problemi che provocherà l’abbattimento dell’ultima frontiera all’iperconnessione (cioè il cielo), sarà costretto al silenzio, come un moderno Laocoonte. Non da serpenti venuti dal mare, ma dalle spire inevitabili delle logiche del mercato, del selfie e delle telefonate su Skype a tutto volume tra Berlino e Roma.