Salvini non decide sulle alleanze, ma resuscita l’orgoglio del Nord

La questione della coalizione della destra è congelata. Il segretario del Carroccio punta a esportare il modello lombardo-veneto anche al Sud

Matteo Salvini non risolve ancora il dilemma delle alleanze. Per il segretario federale della Lega resta un argomento secondario. Ma è probabilmente lo snodo attraverso il quale si capirà se il cospicuo capitale accumulato nei sondaggi potrà trasformarsi in capacità di governo, ora che tornano in palio città come Milano, Roma, Bologna e Torino guidate dal centrosinistra.

Mentre Silvio Berlusconi mette fretta – convinto che alla fine sarà sempre lui a dare le carte e non il rampante leader di via Bellerio che lo ha superato nel gradimento degli elettori, annunciando una settimana sì e l’altra pure che è quasi fatta per il nome del candidato sindaco di Milano – Salvini la prende alla larga. «I nomi non ci sono, li faremo quando li avremo». Al Consiglio federale del 12 ottobre, la questione delle alleanze è stata congelata. Se ne parlerà probabilmente fra una settimana. E forse anche più in là.

Al Consiglio federale del 12 ottobre, la questione delle alleanze è stata congelata. Se ne parlerà probabilmente fra una settimana. E forse anche più in là

Ma nella Lega emergono comunque alcune certezze. La prima è che la linea del movimento è una sola e la darà il segretario federale, hanno detto lo stesso Salvini e i due governatori Roberto Maroni e Luca Zaia, che si sono presentati insieme davanti ai giornalisti per far vedere che in casa non ci sono divergenze. La seconda certezza è che però Salvini dovrà decidere una volta per tutte se tagliare completamente i ponti con i centristi di Ncd oggi alleati di Matteo Renzi a Roma e di Roberto Maroni in Lombardia, prendendosi la responsabilità di eventuali sconfitte. È vero che le percentuali del Nuovo centrodestra sono basse, ma possono infatti spostare il baricentro delle alleanze e cambiare gli equilibri di potere in città importanti, come appunto Milano.

Maroni spinge per una coalizione di centrodestra inclusiva. Salvini è dell’idea che con Angelino Alfano, «il ministro dell’invasione degli immigrati», non si possono fare accordi senza perdere la faccia. Ecco dunque che il segretario sta caldeggiando una linea emersa già la scorsa settimana anche fra le fila di Forza Italia e Fratelli d’Italia: dialogare con la parte di Ncd critica con la linea di Alfano, magari immaginando liste civiche slegate dal simbolo del partito. «Alla fine», è stata la previsione del vecchio Umberto Bossi, «si devono fare i conti per vincere».

Salvini dovrà decidere una volta per tutte se tagliare completamente i ponti con i centristi di Ncd oggi alleati di Matteo Renzi a Roma e di Roberto Maroni in Lombardia, prendendosi la responsabilità di eventuali sconfitte

Con le amministrative di primavera che si avvicinano, Salvini sembra intanto impegnato in una delle sue abili acrobazie lessicali. Si sente un leader nazionale che continuerà anche a parlare al Centro e al Sud Italia, puntando anche a un ruolo per la Lega al Campidoglio. Ma alle comunali gli serviranno soprattutto le energie dei leghisti autentici, della sua base storica che anima feste e sezioni. E che anche ieri a Varese, culla del movimento, lo hanno accolto al teatro Politeama al grido di “secessione”, convinti che «il problema è l’Italia».

Sarà probabilmente un Salvini più padano (anche al Sud) che nazionalista, in questi mesi. «Il nostro obiettivo», ha detto alla conferenza stampa dopo il Consiglio federale in mezzo a Maroni e Zaia, «è di esportare a livello nazionale il modello virtuoso del Lombardo-Veneto, due Regioni che governiamo bene». Di più, Salvini ha annunciato che sarà avviato «un coordinamento settimanale dei nostri 300 sindaci, per un fronte comune Liguria-Lombardia-Veneto contro le cosiddette riforme di Renzi, che puntano a dissanguare il territorio e dare il potere a una sola persona».

Il Nord, in via Bellerio, resta sempre motivo di orgoglio.

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