L’ereditàLa vera sfida di Expo inizia ora

I 20 milioni di visitatori sono stati raggiunti, a Milano si respira un’aria nuova. Ma dopo l’ubriacatura dell’evento, molte aziende chiuderanno. Tutto dipende da quanto il “brand Milano” ne uscirà rafforzato

Il successo di Expo 2015 dipende da quello che succederà dopo il 31 ottobre. Spento l’Albero della vita e chiusi i tornelli, si capirà cosa rimarrà a Milano (e all’Italia) dei padiglioni, delle file chilometriche, delle visite dei capi di Stato, degli insetti e della carne di coccodrillo. E molto ha a che fare con la pianificazione di quello che accadrà sia nelle aree dell’esposizione sia nella città, ha spiegato Giancarlo Scotti, presidente di Urban Land Institute (Uli) Italy, nel corso di un convegno di metà settembre: «Gli esempi più positivi sono stati le Olimpiadi di Barcellona del 1992, l’Expo di Lisbona del 1994 e le Olimpiadi di Londra del 2012. In tutti e tre i casi il successo si deve al fatto che le progettazioni del post evento sono avvenute contestualmente all’evento stesso».

Gli esempi più positivi sono stati le Olimpiadi di Barcellona del 1992, l’Expo di Lisbona del 1994 e le Olimpiadi di Londra del 2012. In tutti e tre i casi il successo si deve al fatto che le progettazioni del post evento sono avvenute contestualmente all’evento stesso


Giancarlo Scotti, presidente di Urban Land Institute

Lavorare in anticipo, si sa, non è stata proprio una delle caratteristiche distintive dell’Expo italiano. I lavori per il fischio d’inizio sono stati finiti con l’acqua alla gola, e lo stesso vale per la pianificazione del futuro delle aree dell’esposizione. Il progetto è ancora da definire. Ma l’ipotesi più probabile è che nell’area di Rho, grande quanto 140 campi da calcio, sorgerà un polo tecnologico universitario, probabilmente spostando le aule del Politecnico tra l’Albero della vita, Palazzo Italia e Padiglione zero, le uniche tre strutture che resteranno “congelate” nel sito. I soldi dovrebbero essere in parte pubblici – oltre un miliardo – in parte privati. Ma tutto dipenderà da come verrà gestita la chiusura. Considerato anche che a giugno 2016 Milano cambierà la sua amministrazione. E Comune, Regione e governo dovranno lavorare insieme sul dopo. Difficile, però, dimenticare le tangenti, la corruzione, le infiltrazioni mafiose e la corsa improvvisata per la fine dei lavori prima del primo maggio.

Cosa accadrà ora? Secondo uno studio della Bocconi realizzato prima dell’avvio dell’esposizione, l’eredità di Expo 2015 avrebbe potuto valere oltre 6 miliardi di euro, con un impatto sul Pil italiano di 70 miliardi di euro entro il 2020, e un gettito fiscale (quindi introiti per le casse dello Stato) di 11,5 miliardi di euro. Tutto questo, a fronte di un investimento di 1,3 miliardi di soldi pubblici spesi per le infrastrutture dell’area, e più 800 milioni per la gestione dell’evento. Sarà vero? È tutto da vedere.

L’eredità di Expo per Milano potrebbe valere 6 miliardi di euro. Comune, Regione e governo dovranno lavorare insieme sul dopo. Difficile, però, dimenticare le tangenti, la corruzione, le infiltrazioni mafiose e la corsa improvvisata per la fine dei lavori prima del primo maggio

I numeri dell’esposizione universale

Quello che tutti si aspettavano era il giro di boa dei 20 milioni dei biglietti staccati. Che alla fine, tra il boom dei biglietti serali a 5 euro e le offerte dell’ultimo minuto su Groupon, sembra sia stato raggiunto: oltre 21 milioni i visitatori totali, ha detto il commissario Giuseppe Sala nella cerimonia di chiusura, di cui sei milioni e mezzo stranieri. Gli introiti, considerati gli sconti, non saranno i 450 milioni delle attese, ma non saranno neanche briciole. Vanno aggiunti anche i soldi spesi tra i padiglioni, per un totale di circa 2,3 miliardi. Solo per mangiare, secondo Coldiretti, si sono spesi 27 euro in media a bocca.

Fuori dai confini di Rho, dicono invece i dati della Camera di commercio di Milano, i turisti italiani di Expo in città hanno speso in media 150-200 euro tra alberghi, trasporti e pasti, quelli stranieri 300. In totale, la società Euler Hermes ha stimato un incasso di 6 miliardi di euro di utili dai flussi turistici. «Abbiamo registrato sia un aumento dell’occupazione delle strutture alberghiere, con un più 9-10%, sia un aumento dei prezzi, intorno al 15-20% a seconda delle zone», spiega Maurizio Naro, presidente dell’Associazione albergatori di Milano, «che a loro volta hanno portato a un aumento del fatturato di almeno il 20%». Gli hotel che di solito nella città deserta d’agosto chiudevano le serrande, quest’anno non hanno fatto vacanza. E l’occupazione media delle strutture alberghiere della città ha superato il 70 per cento.

L’esposizione non era cominciata con il piede giusto. Si portava dietro l’eco degli scandali. E gli scontri in città con i black bloc nel giorno dell’inaugurazione non hanno aiutato. I primi mesi dell’esposizione sono stati inferiori alle aspettative. Tutti parlavano di flop. Il grosso delle presenze c’è stato da fine agosto in poi, fino al boom di settembre e soprattutto ottobre. Tant’è che la mostra di maggiore attrazione nei sei mesi, quella su Leonardo Da Vinci a Palazzo Reale, terminata a luglio, ha fatto 235mila visitatori, in linea con la mostra su Klimt dell’anno precedente.

È tra settembre e ottobre che mostre, musei e alberghi hanno fatto il pienone. Con picchi, anche del 90%, soprattutto nella fascia intermedia tra le tre e le quattro stelle. Senza dimenticare le sistemazioni nelle case e nelle stanze della città tramite piattaforme come Airbnb, che in questi mesi ha superato le 12mila offerte solo nel comune di Milano. Secondo un sondaggio condotto dall’università Iulm, il 30% dei turisti di Expo ha trovato una sistemazione alternativa all’hotel.

Perché Expo è stata soprattutto un’attrazione per connazionali, e il 41% dei visitatori italiani è arrivato dal Nord Ovest, cioè dalle regioni limitrofe alla Lombardia. Ci si aspettava il 30% di stranieri, alla fine si è sfiorato solo il 25. «Il pubblico di Expo è stato soprattutto un pubblico familiare», conferma Maurizio Naro. «Molti hanno anche preferito soggiornare in provincia o in città vicine a Milano, approfittando dei prezzi più bassi». Rispetto ai 60 milioni di euro di incassi dalla tassa di soggiorno previsti, nelle casse di Palazzo Marino ne sono arrivati sì e no 40 milioni.

«L’albergo ha privilegiato il cliente tradizionale che torna tutti gli anni, e la nuova clientela è andata, in alcuni casi, a beneficio di un turismo più allargato sul territorio, toccando anche alcuni luoghi di turismo in Lombardia», spiega anche Alfredo Zini, consigliere della Camera di commercio di Milano.

I pullman di cinesi e giapponesi con il portafoglio carico da svuotare in città alla fine non sono arrivati. Secondo i dati di Global Blue per l’Osservatorio Altagamma, l’impatto di Expo sul mercato tax free italiano è incerto, dato che la crescita in Italia (+19%) è stata in linea con quella di Francia e Germania. E anche in base ai dati dell’Associazione albergatori, le presenze negli alberghi di lusso sono rimaste invariate.

I pullman di cinesi e giapponesi con il portafoglio carico da svuotare in città alla fine non sono arrivati. Secondo i dati dell’Osservatorio Altagamma, l’impatto di Expo sul mercato tax free italiano non è stato quello che ci si aspettava. E anche in base ai dati dell’Associazione albergatori, le presenze negli alberghi di lusso sono rimaste invariate

Ma l’afflusso di turisti in questi mesi è cresciuto del 20% rispetto allo scorso anno. Solo a settembre tra metro, tram e bus dell’Atm sono passate 30,7 milioni di persone. Durante l’estate, le entrate ai musei del castello sforzesco hanno superato la soglia delle 400mila (+65% in un anno). I musei civici e il museo del Novecento hanno fatto il 50 e il 43% in più dell’anno scorso. Quasi 4 milioni di stranieri sono arrivati nei tre aeroporti milanesi. E la stazione Centrale di Milano, che per qualche settimana di maggio è stata anche il simbolo dell’emergenza profughi, dopo aver spostato il centro accoglienza sotto un cavalcavia nei pressi dei binari, è diventata porta d’ingresso privilegiata alla città di Expo. Sul mezzanino dove prima dormivano siriani ed eritrei sono stati spostati bar e caffè. E solo a settembre a bordo dei treni delle Ferrovie dello Stato sono arrivati a Milano dieci milioni di persone, di cui la metà con i Freccia Rossa.

È come se a Milano avessero fatto la centrifuga. Basta fare un giro tra i grattacieli di piazza Gae Aulenti o lungo la nuova Darsena, sui Navigli, per accorgersene. Piazza Duomo è stracolma sette giorni su sette. E sono nati nuovi colosssi come la Fondazione Prada o l’Armani Silos, mentre Feltrinelli, non troppo lontano da Eataly, sta andando avanti con la costruzione della sua cittadella. Tanti di quelli che abitano in centro si sono visti rifare strade e marciapiedi. La vetrina, insomma, è stata confezionata a dovere. «Convivono insieme tre diversi scenari», spiega Alfredo Zini, «il successo del sito Expo, l’indotto rilevante di parte del centro e delle “vie del tempo libero”, soprattutto i settori legati a ospitalità e shopping, ma c’è anche una parte delle imprese, a partire da quella di periferia, che non ha visto i benefici attesi».

Si prevede una caduta nelle attività soprattutto nei settori che hanno ottenuto i risultati migliori nell’anno dell’evento. Non tutti i bar, ristoranti, paninoteche nate come i funghi a Milano sopravviveranno quando si spegneranno le luci. Entro il 2018 una nuova società su dieci fallirà

Il mal di testa dopo l’ubriacatura da Expo

Ora bisognerà fare i conti con l’ubriacatura da esposizione. Perché, messi i lucchetti a Expo, seguirà il mal di testa. Secondo uno studio di Euler Hermes, si prevede infatti una caduta nelle attività soprattutto nei settori che hanno ottenuto i risultati migliori nell’anno dell’evento. Non tutti i bar, ristoranti, paninoteche nate come i funghi a Milano sopravviveranno quando si spegneranno le luci. La stima è che molte delle circa 10mila società create andranno incontro a difficoltà economiche dopo il 31 ottobre. Ci saranno, dicono, numerose chiusure volontarie. Entro il 2018 una nuova società su dieci fallirà, con un picco nel 2017. Tuttavia, aggiungono, esiste il rischio che la diminuzione delle attività sia maggiore del previsto: nella peggiore delle ipotesi, potrebbero fallire fino a 3mila imprese.

Ma al di là della fisiologica depressione della bolla post evento, a un certo punto bisognerà fare i conti con quello che rimarrà di Expo. E molto ha a che fare con il marketing, con il brand della città di Milano prima, e dell’Italia poi. «Che cosa succede ora a Milano, qual è l’eredità di tutto questo?», si è chiesta Magda Antonioli, direttrice del mater in Economia del turismo della Sda Bocconi. «A Milano si respira un’aria nuova. Sicuramente l’energia che è stata data a questo avvenimento è molto forte e molto importante. Viene molta voglia di tornare.C’è un passaparola positivo. Stiamo quindi vivendo un momento molto importante, che va presidiato. Va presidiato perché il brand di Milano si è rinnovato, va presidiato perché tantissimi elementi, nell’agroalimentare ma non solo, sono stati potenziati e adesso vanno fertilizzati. Non dobbiamo trovarci fra poco tempo a rivendicare un’occasione perduta. Sarebbe la cosa peggiore che potrebbe succedere e non dobbiamo tardare a intervenire. Milano è tutto sommato una città piccola, è 13esima nel ranking europeo, però l’area milanese, dove c’è anche Expo, la fa passare al terzo posto, dopo Londra e Parigi, quindi non può perdere questa occasione».

“Il brand di Milano si è rinnovato, e va presidiato perché tantissimi elementi, nell’agroalimentare ma non solo, sono stati potenziati e adesso vanno fertilizzati. Non dobbiamo trovarci fra poco tempo a rivendicare un’occasione perduta. Sarebbe la cosa peggiore che potrebbe succedere e non dobbiamo tardare a intervenire”


Magda Antonioli, direttrice del master in Economia del turismo della Sda Bocconi

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