La chiamavano opera strategica per Expo ma sicuramente per Expo non è servita a molto. Il tratto di superstrada milanese da via Eritrea, nel quartiere Quarto Oggiaro, fino al sito espositivo di Rho Fiera, è stato in questi mesi aperto al transito dei soli mezzi pubblici e autorizzati, come navette e taxi. Alcuni abitanti hanno deciso fare un controllo a campione e sabato 17 ottobre si sono messi a contare quanti mezzi passavano, durante quello che è considerato l’orario di punta per gli accessi all’Esposizione Universale. Hanno pubblicato i risultati di questa indagine sulla pagina Facebook del comitato di quartiere: in ambo le direzioni, tra via Eritrea e via Sumatra – e viceversa – sono passati in tutto 182 veicoli ogni ora, di cui l’80 per cento erano taxi. Non proprio una performance eclatante, per un’infrastruttura che è costata un mucchio di soldi: 105 milioni di euro secondo Unioncamere, ma c’è divergenza nelle cifre a seconda delle fonti che si consultano.
Soldi provenienti dal Ministero e, in parte, stralciati dalla linea M4 della metropolitana quando si è capito che era impossibile finirla per l’inaugurazione di Expo del primo maggio. La direzione lavori è in mano a Metropolitana Milanese – la municipalizzata controllata al 100 per cento dal Comune di Milano – mentre l’esecuzione dai lavori è stata appaltata a diverse società, fra cui spicca la bresciana Milesi srl, nota alle cronache lombarde per i numerosi appalti della Brebemi.
La Eritrea-Expo, il tratto di superstrada “essenziale” dove passano meno di 200 mezzi ogni ora. Costato 105 milioni di euro e pagato con i fondi della linea M4 della Metropolitana. È figlia del vecchio progetto “Gronda Nord” ma adesso gli abitanti la chiamano “Imbuto ovest”: rischia di portare migliaia di automobili dentro il quartiere di Quarto Oggiaro
I veri problemi però arrivano adesso, perché la superstrada Eritrea-Expo dovrà prima o poi essere aperta al traffico normale, non solo ai mezzi autorizzati. E di fatto l’arteria collega il quartiere nord-ovest di Milano con alcuni dei principali sbocchi stradali della Lombardia: la tangenziale ovest, l’autostrada A4 (detta anche la Serenissima Torino-Milano-Trieste), l’A8 Milano-Varese e l’A9 Milano Laghi, la statale Varesina, oltre ovviamente al sito espositivo, quando finalmente si sarà deciso cosa farne in futuro.
Decine di migliaia di automobili al giorno che passeranno a poche decine di metri dalle case di chi abita a Quarto Oggiaro, nel quadrilatero Aldini-Eritrea-Fabrizi-5Maggio.
Faceva tutto parte di un progetto vecchio di decenni, concepito già in una variante nel 1980: la cosiddetta “Gronda Nord”, una superstrada ad elevata percorrenza con doppia corsia per ogni senso di marcia, che doveva spezzare in due il nord di Milano e collegare Cascina Merlata con Cascina Gobba. Il tutto passando per quartieri ad alta densità abitativa, come viale Monza, Zara e per l’appunto Quarto Oggiaro. Si chiamava “Gronda” perché doveva funzionare proprio come una grondaia e far scolare il traffico. Ora gli abitanti e i membri del comitato la chiamano “Imbuto ovest”, perché canalizzerà tutto il traffico nella piccola via Eritrea.
L’intera infrastruttura in 30 anni non è mai riuscita a passare positivamente la Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA) dell’Arpa e i lavori sono rimasti fermi al palo per decenni, nonostante vari tentativi delle amministrazioni comunali: prima le viene cambiato il nome e da “Superstrada” si trasforma “Strada Interquartiere Nord”, poi invece che presentarla come un unico progetto viene spezzettata in tre diversi segmenti, separati da pochi metri. È un “trucco progettuale” per ottenere la VIA sui tre blocchi. Escamotage che funziona, dando inizio ai lavori su alcuni dei tronconi del progetto iniziale.
Nel 2010 è la Comunità Europea a intervenire, intimando di bloccare i lavori in alcuni lotti. Un anno dopo, nel 2011, cambia la giunta comunale che decide di inserire nei Piani triennali di opere pubbliche il solo tratto Eritrea-Expo, considerato fondamentale per la manifestazione del 2015, e stralciare il blocco Eritrea-Zara che sarebbe costato altri 170 milioni di euro.
I lavori in ritardo e quegli strani sotterramenti di terra notturni. I cittadini filmano tutto e mandano il video al nucleo ambientale della polizia, che dopo i carotaggi rileva presenza di idrocarburi pesanti. Ora l’inchiesta della magistratura milanese
I lavori cominciano nell’estate del 2013: si accumulano diversi ritardi, dovuti anche al fallimento di una delle società che lavora nel cantiere. Ma è in primavera che accade il fatto più eclatante: alcuni cittadini riprendono degli strani movimenti nel cantiere adiacente alla superstrada, dove secondo le promesse dovrebbero sorgere degli orti urbani. Il 29 aprile viene pubblicato un filmato, che mostra alcuni cumuli di terra – probabilmente provenienti da altri cantieri perché il colore del materiale è molto diverso rispetto a quello in loco – che vengono seppelliti a tarda notte dentro una buca scavata durante la giornata.
Viene mosso un esposto all’Unità Specialistica Ambiente della Polizia locale di Milano, che effettua i carotaggi nel terreno. Nonostante le rassicurazioni, sia della direzione lavori che del Comune di Milano, viene rilevata la presenza di idrocarburi pesanti oltre i limiti di legge. Mentre parte dei terreni vengono bonificati, si apre anche un’inchiesta della procura milanese che mette sotto sequestro dentro sacchi di cellofan il materiale sospetto. A oggi si aspetta di conoscere gli esiti delle indagini.
Anche la storia travagliata della “Gronda Nord”, dei suoi mille nomi e di ciò che è diventata oggi entra a far parte di diritto nel bilancio di Expo Milano 2015. Come ha scritto qualche osservatore «per vedere davvero l’eredità più significativa di Expo bisognerebbe poter sorvolare la Lombardia».