Non hanno ancora il sì di Giuseppe Sala per la candidatura a sindaco di Milano nel 2016, ma nel Partito Democratico pensano già a un traguardo più lontano: le elezioni regionali del 2018, che potrebbero coincidere con le Politiche. L’entusiasmo dell’Expo ha contagiato i Dem lombardi, che in queste ore hanno avviato la trattativa vera con il commissario dell’Esposizione universale, per strappargli un si’ ufficiale prima dell’arrivo del premier Matteo Renzi a Milano, il prossimo 10 novembre.
Un sì difficile. Sala ci sta a correre per la poltrona da sindaco ma ha anche avvertito il Pd che può farne a meno. Vuole la garanzia di avere un appoggio pieno del Pd e anche una certa autonomia decisionale. Ma i problemi che si sono aperti a sinistra sul suo ingresso nella contesa lo hanno costretto a frenare gli entusiasmi di chi lo sta blandendo.
“Sta venendo fuori un’immagine sbagliata di me, non sto facendo il prezioso”, ha detto visibilmente seccato il commissario Expo ieri sera, dopo il primo incontro operativo di lunedì con il segretario regionale del Pd Alessandro Alfieri e quello metropolitano Pietro Bussolati. “Non ho la tessera del Pd ma al Pd, che è il mio partito di riferimento – ha proseguito Sala – dico: se avete al vostro interno un candidato in grado di vincere a Milano è giusto che gli venga data la priorità. Io non sono alla ricerca di un posto”. Entro la prossima settimana saranno approvate le regole delle primarie, e a quel punto chi vuole correre dovrà uscire allo scoperto. Emanuele Fiano potrebbe farsi da parte ma non adesso. Pierfrancesco Majorino ha detto che proprio non ci pensa.
La scommessa del centrosinistra è che la Giunta di Maroni non reggerà fino alla fine della legislatura. Ci sono in ballo inchieste giudiziarie, ma anche questioni politiche
Si vedrà comunque presto quanto la carta del super-candidato Sala si rivelerà più o meno dirompente per la sinistra milanese. Sicuramente sta facendo emergere le contraddizioni di un centrodestra che fatica non solo a trovare un candidato alternativo ma anche un accordo sulle alleanze.
Ed è proprio in questo frangente che il Pd renziano ha deciso di aprire (non senza azzardo, vista la delicatezza della situazione di Milano) anche la strada alle Regionali previste fra due anni e mezzo. C’è la convinzione che, archiviata la pratica milanese, il centrosinistra potrà strappare al centrodestra la sua Regione simbolo. Dopo i diciotto anni di Roberto Formigoni, che oggi come senatore di Ncd è suo alleato a Roma, e la successione di un altro Roberto, il leghista Maroni, il Pd inizierà già questa settimana a preparare “il progetto”.
Ovvero il programma: nel mese di novembre riunirà i suoi iscritti in ogni provincia della Lombardia, per raccogliere suggerimenti e priorità. “In passato abbiamo fatto degli errori – è stato il mea culpa del segretario regionale, Alfieri -. Abbiamo sempre scelto il candidato all’ultimo momento. Stavolta prepariamo con anticipo il programma e la squadra. Il capitano verrà dopo. Deve essere la volta buona anche per la Lombardia”. E’ pronto persino il simbolo di questa mobilitazione, una freccia rossa e una verde sullo sfondo della mappa regionale, con lo slogan ‘Verso Lombardia 2018…ma anche prima’.
La scommessa del centrosinistra è che la Giunta di Maroni non reggerà fino alla fine della legislatura. Ci sono in ballo inchieste giudiziarie (lo stesso governatore andrà a processo il primo dicembre accusato di aver favorito l’assegnazione di due contratti di lavoro a tempo determinato ad altrettante sue collaboratrici). E questioni politiche: se alle Comunali del 2016 il centrodestra andasse diviso o non vincesse a Milano, secondo i Dem Maroni sarebbe costretto a lasciare. E il modello ‘candidato della Nazione’ stile Sala potrebbe essere esportato anche ad altri livelli, come alternativa a uno schieramento avversario appiattito sulle posizioni leghiste. Magari con un candidato come il ministro Maurizio Martina, altro pezzo di eredità politica di Expo. O come lo stesso Alfieri.
Per ora, comunque, sono solo scenari. Di tempo, ce n’è ancora molto. C’è ancora Sala da convincere per Milano. Poi bisognerà contare i voti nelle urne, ovviamente. E il centrodestra al momento appare sicuro di andare avanti fino alla fine e di poter rivincere nel 2018, nonostante su Milano la coalizione ancora non esista.
Twitter: @ilbrontolo