Occident Ex-PressFucili e Vangelo: viaggio a Pontoglio, il paese più cristiano d’Italia

Nel bresciano sono comparsi i cartelli con le scritte a difesa della Cristianità e dei valori occidentali. Viaggio a Pontoglio dove lo scontro di civiltà esiste. Fra furti nel presepe e carabine nascoste in casa: «Noi siamo cristiani ma non come Gesù Cristo. Non perdoniamo così facilmente»

C’è chi ha ironizzato fra i bresciani: «Forse paese a cultura occidentale significa che si trova a ovest di Brescia». Giovedì 17 dicembre sono comparsi alle porte di Pontoglio – comune lombardo di settemila anime – i cartelli con la scritta “Paese a cultura Occidentale e di profonda tradizione Cristiana”, con tanto di monito del sindaco e della giunta di centro-destra, “Chi non intende rispettare la cultura e le tradizioni locali è invitato ad andarsene”. Scritta bianca su sfondo marrone, come la segnaletica verticale che si usa per indicare punti di interesse storico-artistico o la presenza nell’area di particolari prodotti eno-gastronomici con denominazione di origine controllata. E tutto intorno il panorama offre capannoni industriali (molti in disuso), rotonde, cantieri edili e campi agricoli.

Dopo il preside di Rozzano e “Tu scendi dalle stelle” cantata dall’ex ministro Gelmini, potrebbe essere questa vicenda l’ennesima boutade pre-natalizia. Ma la “difesa delle tradizioni”, da queste parti, la prendono seriamente. Basta guardare i nomi delle vie per farsi un’idea: sono un manifesto di “italianità”. La strada principale è via Dante Alighieri, che ovviamente incrocia via Francesca – quella di Paolo e Francesca incontrata dall’autore nel quinto canto della Divina Commedia e collocata nel girone infernale della lussuria. E ancora la via dedicata al patriota Giuseppe Verdi, compositore della colonna sonora del Risorgimento italiano, Camillo Benso il Conte di Cavour o l’eroe della strategia militare italiana ne la Grande Guerra, il generale Armando Diaz.

I cartelli con le scritte a difesa dell’Occidente e della Cristianità sono comparsi giovedì 17 dicembre, per volontà della giunta di centro-destra. A Pontoglio l’opinione pubblica è spaccata in due e nelle scuole si vuole vietare l’insegnamento della Teoria Gender

Nel day after, a Pontoglio, non si parla d’altro. L’edicola è tappezzata delle cronache locali del bresciano con i titoli urlati “Cartelli shock. Comune paladino della cristianità” oppure “Tempesta di critiche sui cartelli identitari”.

L’opinione pubblica cittadina è spaccata in due: per le strade camminano molti stranieri, quasi tutti dal nord Africa oppure dai Balcani, Albania e Kosovo. Due donne marocchine con un passeggino raccontano di non sapere nulla dei cartelli ma ci tengono a specificare che «mia figlia è nata in Italia e potrà decidere se essere cristiana o musulmana».

A orario pranzo arrivano i pullman, dai licei o gli istituti tecnici delle città vicine, carichi di ragazzi e ragazze. Due di queste raccontano di «vergognarsi del loro paese, di essere state prese in giro a scuola dai compagni perché la notizia era su tutti giornali e la professoressa ha deciso di dedicare un’ora di lezione al dibattito proprio su quei cartelli».

Appena si entra nel cuore del paese, la musica però cambia. Se i licei fossero a Pontoglio, quelle professoresse non avrebbero vita facile e tutta questa autonomia didattica: nell’ultimo consiglio comunale è stata presentata la “mozione ad oggetto educazione sessuale e contrasto alla diffusione della teoria Gender nelle scuole” – si legge sulle bacheche del municipio che aggiornano sullo stato dei lavori del Consiglio. In centro, nella piazza con il monumento ai caduti del ‘40-45, c’è il circolo anziani dove tutti concordano: «I cartelli era meglio non metterli – non sembrano felici di questa improvvisa popolarità e attenzione dei media – ma alla fine quelle scritte dicono la verità».

Quali sono per gli abitanti di Pontoglio i valori occidentali e cristiani? «Il lavoro», rispondono, «e questi qui (gli stranieri ) ogni due ore devono andare a pregare», racconta un signore che aveva dei lavoratori marocchini. «Mi dicevano che andavano in bagno, pensavo che avessero la dissenteria, e un giorno li ho trovati che si toglievano le scarpe, si lavavano i piedi e il viso e iniziavano a pregare».

E poi la sicurezza. Ogni persona con cui parliamo cita gli stessi tre fatti: il furto, l’anno scorso, della statuetta di Gesù Bambino dal presepe pubblico allestito nella seconda piazza cittadina. Gli autori del furto sono a oggi ignoti. Il tentato scasso, qualche mese, alla filiale bancaria della Popolare di Vicenza, con tanto di azoto liquido e camioncino per tentate di sfondare il bancomat. E infine il caso di cronaca nera che ha fatto comparire per la prima volta Pontoglio su giornali: l’omicidio del macellaio di paese, nel luglio 2014, con un colpo di bottiglia da spumante alla nuca, durante un tentativo di rapina in casa. Sono stati condannati quattro albanesi a dieci anni di prigione. Da quel giorno la sicurezza è una vera ossessione, fiorisce il business delle società private che pattugliano di notte le strade. Ma se si prova in pieno a pomeriggio a citofonare ai vigili e agli assistenti sociali, squilla un telefono a vuoto e nessuno risponde. L’unica volante di Polizia Locale giace abbandonata per ore davanti all’edificio del Comune. E allora c’è chi la sicurezza se la fa in proprio: questa è terra di cacciatori e sono in molti ad avere fucili in casa. Uno di loro racconta a Linkiesta di aver smesso di cacciare «dopo le leggi assurde» – che poi sarebbero il divieto di sparare a meno di cento metri dalle abitazioni e a cinquanta dalle strade – «ma la carabina in casa me la sono tenuta lo stesso, non l’ho riconsegnata».

Quali sono i valori cristiani? «Il lavoro. Ma questi qua sono sempre a pregare e non lavorano». E poi la sicurezza, vera e propria ossessione di paese, dopo l’omicidio del macellaio nel 2014 e il furto della statuetta di Gesù Bambino dal presepe pubblico. C’è chi si tiene le carabine da caccia in casa per farsi la sicurezza fai-da-te

Prima di andarcene ci avvicina un signore per l’ultimo avvertimento: «Noi abbiamo solo messo un cartello e ci date dei razzisti. Prova ad andare nei loro Paesi e comportarti in maniera sbagliata, vedi quello che ti fanno. Ti crocifiggono». Come i romani con Gesù Cristo? «Sì ma sono passati duemila anni, noi non facciamo più queste cose». Ma Gesù Cristo sulla croce li ha perdonati perché “non sanno ciò che fanno”? «Lo abbiamo letto tutti il Vangelo, ma io non sono Gesù Cristo e non perdono così facilmente».