“Una minoranza silenziosa. È l’esercito delle caldaie a gasolio a Milano” ha scritto Quattruote nei giorni precedenti all’escalation di ordinanze che in città cercano di combattere la presenza di polveri sottili nell’aria. Sono 3.400 impianti, secondo i dati del Curit – il Catasto unico regionale degli impianti termici, una sorta di anagrafe delle caldaie, controllata da Infrastrutture Lombarde S.p.A.“Solo” il 4 per cento degli impianti presenti a Milano ma che inquinano quanto il restante 96 per cento: le emissioni “da gasolio” equivalgono a quelle di tutti gli altri sistemi.
Le caldaie tradizionali scaldano le abitazioni di 100mila abitanti e possono pesare fino a 20-25 volte in più rispetto a un sistema a metano, in termini di volume di polveri sottili e ossido di azoto rilasciato nell’atmosfera. E la situazione potrebbe essere anche peggiore: i dati del Curit si basano sulle dichiarazioni di manutenzione comunicate dai tecnici di settore all’ente negli ultimi due anni. Nel biennio 2012-2014 le revisioni certificate sono state 92mila ma a Milano gli impianti totali sono quasi il doppio. Significa che mezza città, a oggi, non è mappata.
“La minoranza silenziosa della caldaie a gasolio”: sono 3.400 impianti a Milano, il 4 per cento del totale ma inquinano quanto il restante 96 per cento. Rilasciano polveri sottili e azoto nell’atmosfera fino a 20-25 volte in più di un impianto a metano
Traffico e riscaldamento, le due cause principali di inquinamento, sono nell’occhio del ciclone: Legambiente ha attaccato le politiche (o le non politiche) di questi anni in Lombardia. “L’alta pressione è la norma in Pianura Padana, non un’anomalia. Qualcuno si era illuso che lo smog fosse sparito con le due precedenti annate piovose” hanno scritto in un duro comunicato. In tutta la regione, dall’inizio dell’anno, solo Sondrio e Lecco sono rimaste all’interno del limiti fissati per legge: i famosi 35 giorni di tolleranza della soglia superiore ai 50 microgrammi per metro cubo – un livello comunque superiore a quello raccomandato dall’Organizzazione mondiale della sanità. Per tutte le altre città è maglia nera. Per l’associazione ambientalista è giunta l’ora di mettere al bando il gasolio come fonte di calore dei condomini e investire su rinnovabili, pompe di calore o quantomeno nel passaggio al metano. La Lombardia, già anni fa, aveva anticipato il legislatore nazionale vietando l’uso delle “pestilenziali” caldaie a olio combustibile.
Per il traffico è più complesso costruire una strategia complessiva ma continuare a investire soldi nella costruzione di arterie stradali invece che in un piano regionale sulla mobilità, che abbracci tutto l’hinterland, non aiuta. Aiutano ancora meno le soluzioni spot – come quelle di questi giorni – anche perché c’è chi come Carlo Monguzzi, assessore all’ambiente negli anni ’90, si è ricordato del blocco auto di ben 22 anni fa, durante ‘un’annata particolarmente drammatica per tutto il nord Italia: febbraio 1993, divieto di circolazione a Milano e provincia, dalle 10 alle 18 per quattro giorni. I parametri rientrarono ma un quarto di secolo dopo stiamo parlando dello stesso problema
L’alta pressione è la norma in Pianura Padana, non un’anomalia. Qualcuno si era illuso che lo smog fosse sparito con le due precedenti annate piovose
“L’emergenza smog” si è subito spostata sul terreno della battaglia politica: il blocco auto stabilito dalla giunta Pisapia è stato mal digerito dalle opposizioni che accusano gli “arancioni” di essersi accaniti contro gli automobilisti negli ultimi quattro anni e mezzo. Il segretario provinciale della Lega Nord, Davide Boni, ha attaccato la giunta proprio sui controlli negli impianti di riscaldamento. Gli ha risposto l’assessore Maran: «Siamo l’unica città Lombarda che ha superato nel 2014 il 5 per cento dei controlli, arrivando fino all’8 per cento. Boni si chieda perché Regione Lombardia non obbliga anche gli altri comuni a raggiungere questi standard».
L’ultima polemica polemica del giorno si è consumata sul car sharing: qualcuno si è chiesto come mai una Fiat 500 non può circolare mentre una Fiat 500 di Enjoy stessa cilindrata può farlo? Perché, per il Comune di Milano, il car sharing è equiparato al trasporto pubblico e disincentiva i cittadini al possesso di un’auto privata, fanno sapere da Palazzo Marino. Perché il Comune batte cassa, accusano i maligni. Immaginare un futuro del car sharing basato su mezzi elettrici o a metano aiuterebbe a sedare anche queste polemiche.