AntieuropaDalla Le Pen a Farage, gli euroscettici che arrivano a Milano

Il 28 e il 29 gennaio Salvini a Milano sarà in buona compagnia. Insicurezza sociale, terrorismo, contrasto alle banche e all'Europa cattiva sono i temi comuni

Ha giocato d’anticipo, Matteo Renzi. Se la crisi di fiducia nell’Europa unita dovesse pesare più del previsto nella campagna elettorale per le Comunali di primavera, il premier-segretario del Pd potrà pur sempre dire di aver alzato la voce contro Bruxelles. E di essersi anche preso brutalmente del populista, dopo aver ingaggiato un braccio di ferro con il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, su temi delicati come la flessibilità di bilancio. Un fatto è certo: l’euroscetticismo è un sentimento che ha messo radici profonde, in Italia. E quest’anno, sullo sfondo delle questioni locali, sarà probabilmente una moneta elettorale ancor più preziosa in quanto contesa sia da destra sia da sinistra, pur con intenzioni diverse.

Settimana prossima gli euroscettici di destra si riuniranno proprio a Milano, una delle principali città chiamate al voto, per lanciare un manifesto contro le politiche economiche e per la sicurezza dell’Ue. L’invito non è arrivato da Renzi, ovviamente, che non ha smesso di credere nel disegno europeista. Ma è arrivato da un altro Matteo che gli fa opposizione, il leghista Salvini. Con lui, il 28-29 gennaio, si riuniranno per la prima volta in una convention lontano dal Parlamento di Strasburgo i capi delle maggiori forze euroscettiche, quelli di volta in volta classificati come populisti o xenofobi.
E’ attesa anzitutto Marine Le Pen, la leader del Front National francese che è il modello dalle nuove destre non governative europee e che potrebbe irrompere per la prima volta in una campagna elettorale italiana (che ne diranno i berlusconiani che stanno con il Ppe?). Poi l’olandese Geert Wilders e l’austriaco Heinz Strache. In tutto, saranno presenti otto delegazioni di partiti da altrettanti Paesi, che fanno parte dello stesso gruppo parlamentare della Lega Nord – denominato Europa delle Nazioni e delle Libertà – di cui non fa parte l’Ukip di Nigel Farage, alleato di Beppe Grillo.

Per quanto riguarda l’immigrazione chiederemo il blocco dei clandestini, possiamo accogliere solo chi scappa davvero dalle guerre. Poi ci sono le banche: vogliamo che vengano separate quelle commerciali da quelle che fanno speculazione finanziaria. Terzo punto, la tutela delle piccole e medie imprese, per creare occupazione sul territorio contro le derive della globalizzazione


Lorenzo Fontana

Si riuniranno alla fiera di Milano, dove un anno fa andava in scena il semestre italiano di presidenza dell’Ue. Dove c’era Renzi arriverà Salvini, dove c’era la Merkel arriverà la Le Pen. Prima giornata organizzata a mo’ di comizio: ciascun leader dirà la sua davanti a 1.500 persone a cui è stata chiesta una pre-adesione per motivi di sicurezza. Seconda giornata dedicata a una conferenza stampa congiunta per lanciare un programma di riforma dell’Unione Europea, che prevede controlli alle frontiere, difesa delle tradizioni, politiche di tutela delle economie locali. Più nazioni, meno burocrazie sovranazionali.

«Sembra che noi non vogliamo l’Europa, ma invece vogliamo più collaborazione fra gli Stati», spiega a Linkiesta il deputato europeo della Lega Nord, Lorenzo Fontana. «Per quanto riguarda l’immigrazione – afferma – chiederemo il blocco dei clandestini, possiamo accogliere solo chi scappa davvero dalle guerre. Poi ci sono le banche: vogliamo che vengano separate quelle commerciali da quelle che fanno speculazione finanziaria. Terzo punto, la tutela delle piccole e medie imprese, per creare occupazione sul territorio contro le derive della globalizzazione».

Argomentazioni che intrecciano fatalmente i problemi locali. Le famose periferie. Il tema dell’insicurezza, della paura del terrorismo, insieme a quello della lenta integrazione con le comunità musulmane. Il persistente problema della disoccupazione giovanile. Ecco perché il tema europeo potrà facilmente intercettare o far perdere consensi anche quando si tratterà di scegliere un sindaco. E Renzi lo sa quanto Salvini o Grillo. Con tutti i rischi del caso. Ilvo Diamanti, che osserva da una vita questi fenomeni, ha scritto su Repubblica che “la strategia comunicativa di Renzi segue una precisa logica di marketing politico, volta a sottrarre il tema (anti)europeo ai principali avversari politici”. Ma ha anche aggiunto che “sul piano nazionale il rischio è di legittimare gli avversari politici, invece di indebolirli, spingendo gli elettori insoddisfatti della Ue a sostenere i soggetti politici antieuropeisti ‘doc’ invece dei ‘convertiti’ dell’ultima ora” con “il rischio maggiore, per Renzi, di finire nella terra di nessuno, senza una vera identità. Né europeista, come la propria base elettorale. Né euro-cettico”.
Quest’anno Renzi è salito sul palco prima della Le Pen. Ma alle urne quale delle due variabili peserà di più?

Twitter: @ilbrontolo

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