Prima di #OccupyWallStreet, delle primavere arabe e del Movimento 5 Stelle a tentare la via della democrazia diretta ai tempi del World Wide Web ci aveva già provato Porto Alegre. In analogico. Nel 1989, la decima più grande città del Brasile (oltre un 1,4 milioni di abitanti) chiamò a raccolta i residenti per dare avvio al primo esperimento di bilancio partecipato. A decidere come spendere le risorse dell’amministrazione pubblica sarebbero stati i cittadini attraverso un’intensa attività di dibattito a livello locale. Ventisette anni dopo tocca a Città del Messico. Stavolta con l’aiuto della rete.
Su Change.org è partito uno dei più grandi esperimenti di democrazia diretta e digitale per cambiare la costituzione della città messicana: si accede a Internet, ci si collega al sito e si posta la propria petizione. Se si raggiungono i diecimila sostenitori si può discutere di persona la propria proposta di fronte alle autorità. L’idea è del primo cittadino, Miguel Angel Mancera, e nasce in risposta al decennale tentativo da parte del governo federale di mantenere un forte controllo sulla capitale. A inizio 2016, però, è partita la decentralizzazione: Città del Messico ha abbandonato la dicitura “Distrecto Federal” e ha iniziato un iter costituzionale che ora cede la parola ai cittadini.
In generale, quando si parla di e-democracy ci si riferisce a tutte le forme di partecipazione politica adottate da uno Stato o da un’amministrazione pubblica e basate sull’utilizzo della tecnologia telematica. L’aggettivo “diretto” (come nella sigla inglese DDD, direct digital democracy) viene dopo. Un esempio è quanto avvenuto in Puglia nel 2013 dove, con Salento eVoting, gli abitanti di Martignano e Melpignano votarono per l’accorpamento dei comuni sotto i cinquemila abitanti attraverso un totem elettronico da tremila euro. Connessione bandita per problemi di sicurezza, ma tempi di votazione dimezzati. Niente a che fare con le consultazione online a cui ci ha abituato il Movimento 5 Stelle che il 25 aprile ha lanciato una nuova piattaforma: il Blog delle Stelle (a cui va di pari passo la nascita dell’associazione Rousseau che servirà per raccogliere i fondi necessari alla gestione del portale) che sostituisce il blog di Beppe Grillo e ri-lancia il sogno della democrazia diretta del co-fondatore Gianroberto Casaleggio.
Quando si parla di e-democracy ci si riferisce a tutte le forme di partecipazione politica adottate da uno Stato o da un’amministrazione pubblica e basate sull’utilizzo della tecnologia telematica. L’aggettivo “diretto” viene dopo
In Europa gli esempi non mancano. Agli inizi degli anni ’90, lo svedese Peter Alm aveva lanciato Telefonpartiet (letteralmente, il parito dei telefoni). L’obiettivo? Permettere a tutti i propri connazionali di votare per le decisioni parlamentari con una telefonata. Ottimi propositi, ma scarsi risultati. Niente a che vedere con l’Estonia (dove l’80% delle famiglie è connesso a Internet): dal 2005 si vota online sia per le elezioni che per i referendum. Mentre in Argentina, dal 2012, è attivo il portale Democracyos.org. «In un’era dove l’accesso alla rete sta diventando un luogo commune, siamo consapevoli che Internet ha cambiato il nostro modo di lavorare, comunicare e relazionarsi. Tutto ciò che non è cambiato – si legge sul sito – sono la politica e i governi. Ci diamo da fare per trovare un modo affidabile per hackerare il sistema». Tradotta in 15 lingue, sulla piattaforma argentina si sono discusse la costituzione tunisina, quella keniana e le decisioni del Congresso di Buenos Aires.