Dalle urne ai Tribunali e ritorno. In un’Italia che da almeno vent’anni discute del rapporto morboso tra politica e magistratura, alla fine anche la giustizia amministrativa si è ritrovata a scrivere un pezzo di campagna elettorale. A suon di cavilli, ricorsi e dotte dissertazioni sulla buona fede dei candidati, dal Tar al Consiglio di Stato sono passati in pochi giorni i destini di molti aspiranti sindaci. E la politica, questa volta, ha dovuto applaudire i magistrati che l’hanno salvata. Anche perché sono stati gli stessi partiti a chiamarli in causa. A Roma e Milano, la giustizia amministrativa ha rimesso in corsa all’ultimo le liste di Sinistra Italiana e Fratelli d’Italia. A Cosenza è successa la stessa cosa per la lista di Area Popolare. Ma il vero sospiro di sollievo lo ha tirato (per il momento) il Pd a Milano: il Tar ha infatti respinto il ricorso del Movimento 5 Stelle sulla candidabilità di Giuseppe Sala, dopo che un articolo del settimanale Panorama aveva ipotizzato un’errata procedura di dimissioni dell’aspirante sindaco dalla carica di commissario Expo, oltre che un’incompatibilità come membro del cda di Cassa Depositi e Prestiti. Il Tar ha stabilito che la richiesta dei grillini è “inammissibile”, potrebbe sussistere in astratto solo una condizione di ineleggibilità, ma dovrà essere (nel caso) il Consiglio comunale a stabilirlo nella prima seduta dopo le elezioni di giugno.
Il vero sospiro di sollievo lo ha tirato (per il momento) il Pd a Milano: il Tar ha respinto il ricorso del Movimento 5 Stelle sulla candidabilità di Giuseppe Sala
Tutto era iniziato a Roma. Nella notte fra lunedì e martedì il Consiglio di Stato ha ribaltato la sentenza del Tar, riammettendo alla competizione il candidato sindaco di Sinistra Italiana, Stefano Fassina. Un colpo di scena che forse non si aspettava neppure il protagonista della vicenda. Neanche una settimana fa l’ex viceministro era stato escluso dalla corsa per il Campidoglio. Colpa di un errore formale nella presentazione delle liste: mancavano le date di autenticazione vicino a diverse firme. Alla fine ha vinto Fassina. I suoi legali hanno dimostrato che la persona incaricata di verificare le sottoscrizioni ha operato nei termini previsti dalla legge (era entrata in carica solo cinque mesi fa). Soprattutto, il Consiglio di Stato ha sottolineato «l’importanza del principio democratico della massima partecipazione alle consultazioni elettorali nei casi in cui le liste siano in possesso di tutti i requisiti sostanziali e formali essenziali richiesti dalla legge». Ritenendo illegittima, di fatto, l’esclusione di Sinistra Italiana dalla corsa al Campidoglio.
E così la sentenza ha rivoluzionato ancora una volta la campagna elettorale nella Capitale. L’esclusione di Sinistra Italiana avrebbe, di fatto, aiutato la corsa del candidato di centrosinistra Roberto Giachetti. L’unico, insieme alla grillina Virginia Raggi, a poter calamitare una parte dei voti orfani di Fassina. Adesso lo scenario cambia di nuovo. Se la Cinque Stelle è quasi certa di arrivare al ballottaggio, la sfida per conquistare il secondo posto torna ad essere apertissima. Senza i voti in uscita da Sinistra Italiana, il vicepresidente della Camera fa un passo indietro. Per arrivare al secondo turno dovrà vedersela con la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni e il civico, sostenuto da Forza Italia, Alfio Marchini.
Da Milano a Roma. Nella notte fra lunedì e martedì il Consiglio di Stato ha ribaltato la sentenza del Tar, riammettendo alla competizione il candidato sindaco di Sinistra Italiana, Stefano Fassina.
Da sinistra a destra, da Roma a Milano. La giustizia amministrativa ha rischiato di riscrivere anche la partita in Lombardia. Nelle stesse ore, infatti, il Consiglio di Stato ha riammesso le liste di Fratelli d’Italia, che nel capoluogo lombardo erano state escluse per l’assenza delle dichiarazioni sulle incandidabilità dei candidati. Come ha spiegato Palazzo Spada, le dichiarazioni sono state consegnate un giorno dopo, «ma il ritardo era addebitabile ad un comportamento tenuto dalla stessa amministrazione». E così la lista di Riccardo De Corato, ex vicesindaco da 31 anni in Consiglio comunale, può tornare a fare campagna elettorale. Stessa sorte per una lista civica di centrodestra, la Fuxia People, che è tornata in corsa per le stesse ragioni con il suo candidato sindaco Maria Teresa Baldini, peraltro unica donna della rosa milanese che si sfida per il dopo Pisapia.
Lo stesso schema Tar-Consiglio di Stato ha salvato a Cosenza anche la lista ‘Cosenza Popolare’ di Katya Gentile. La lista del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, che per giorni è stato tirato metaforicamente per la giacchetta perché il Governo preparasse un decreto-sanatoria per tutte le vittime dei formalismi burocratici. Questa volta l’intervento dei giudici ha tolto molte rogne alla politica.