C’è da capire Renzi e c’è da capire il Pd per i nervi tesi di queste giornate pre-ballottaggio. Gli endorsement dal centrodestra contro i candidati democrat contraddicono ogni regola e ogni schema europeo dove – senza eccezioni – i partiti “di governo” non si mischiano con i partiti “di lotta” nemmeno quando la posta in palio è altissima (si pensi alle presidenziali francesi). Brunetta, Salvini, il torinese Rosso e persino Maroni che parla di “sentimento comune” hanno abbandonato in quarantott’ore ogni prudenza e, anche grazie alla forzata assenza di Silvio Berlusconi, spingono i loro elettori verso il “patto col diavolo”: un’intesa unilaterale senza chiare contropartite, senza reciprocità, che a Torino e forse anche a Roma potrebbe determinare la vittoria dei sindaci grillini.
Ma cosa ha da guadagnare la Lega, e cosa Forza Italia, tutti e due partiti con il fiato corto, dall’associarsi al campo dei ribelli? Poco o nulla, anzi: portare lì, verso le Cinque Stelle, frange anche marginali del loro elettorato potrebbe significare perderle per sempre e non riuscire più a ricondurle indietro. Non c’è calcolo né tattico né strategico dietro la liason, né è immaginabile (checché ne dicano i retroscenisti) che i grillini rendano il favore in massa sulla piazza di Milano. E insomma, l’idea di fondo – confermata anche dagli ammiccamenti alla Raggi della destra-destra di Giorgia Meloni e di Gianni Alemanno – è che il centrodestra segua gli istinti dell’elettore medio più che guidarli, e dopo aver perso (male) quasi su tutte le piazze, punti al “muoia Sansone con tutti i filistei”. Insomma: siccome noi abbiamo perso, se perde pure il Pd siamo più contenti.
In Italia la reciproca legittimazione fra destra e sinistra non è mai avvenuta: il nostro è il posto dove i leader fanno campagna sul “pericolo fascista” o sul “chi non salta comunista è”. Immaginare di poter tirare fuori da questo schema di guerricciola civile un patto delle èlite a difesa del Paese e della sua stabilità, è stata pura utopia
Si conferma così l’anomalia italiana, che tanti analisti hanno tenuto in scarsa considerazione quando favoleggiavano della possibilità di un Partito della Nazione che tenesse insieme gli elettorati “responsabili” e schiacciasse ai margini, in posizioni irrilevanti, i partiti dell’avventura. Questo schema è immaginabile in Germania, in Francia, in Inghilterra (dove Cameron e Corbyn si associano in difesa dell’adesione alla Ue), persino in Grecia o Spagna, ma non in Italia. In Italia la reciproca legittimazione fra destra e sinistra non è mai avvenuta: il nostro è il posto dove i leader fanno campagna sul “pericolo fascista” o sul “chi non salta comunista è”. Immaginare di poter tirare fuori da questo schema di guerricciola civile un patto delle èlite a difesa del Paese e della sua stabilità, è stata pura utopia e il patto ha funzionato al contrario: destre pronte a votare M5S in odio alla sinistra, e viceversa.
Sta di fatto che l’inchino delle destre al Movimento Cinque Stelle apre la porta a scenari non previsti. Gli elettorati della Lega, di parte di Forza Italia e di quel che resta della destra-destra, hanno tratti di dna in comune con l’ondata ruggente dei movimenti anti-elite che vanno affermandosi in tutta Europa ed è in questo contesto che va letta la loro sintonia con il mondo M5S, partecipe dello stesso immaginario.
Spingerli in quella direzione, anziché mantenere alte le distinzioni, avrà conseguenze: è più di un momentaneo salto della staccionata, è aprire i cancelli di un campo diverso, attraversare lo Stargate che porta in territori dove nessun Salvini e nessun Brunetta potrà più inseguire gli scontenti, gli arrabbiati, i delusi, i convinti che si debba “cambiare sistema”.
Vedremo il costo dell’operazione molto presto, nel 2017, quando si andrà al voto per le politiche e i protagonisti dei facili endorsement di oggi dovranno rincorrere in tv i Di Maio o i Di Battista per ripigliarsi i voti così intempestivamente indirizzati verso un avversario molto più giovane, nuovo e fascinoso di loro, per di più sotto l’egida di un futuro leader che – chiunque sarà – non avrà il carisma e la forza seduttiva di Silvio Berlusconi. Buona fortuna, ne avranno bisogno.