Per il consumatore multicanale, che sviluppa il suo percorso d’acquisto attraverso una molteplicità di touchpoint, risulta ormai superato il confine che separa il mondo fisico dal digitale: ora l’attenzione è puntata sull’esperienza seamless (senza interruzioni) in cui lo shopping e l’acquisto, come spiega Giuliano Noci, ordinario di strategia e marketing al Politecnico di Milano, «non sono più attività discrete, sequenziali. Oggi si sovrappongono ad altre attività, dove quel che conta è il contesto, non la successione delle fasi. Oggi può accadere che mentre si è esposti al messaggio televisivo si acquista il prodotto che viene pubblicizzato in quel momento, tanto che il tema caldo è il real time marketing». Lo stesso marketing di prossimità che, grazie alla tecnologia viene visto come la frontiera ormai a portata dello smartphone di ciascuno (visto che il 63% degli Internet users si connette a Internet con il proprio dispositivo mobile), è ritenuto essere la maniera ideale e personalizzata per dialogare con il cliente, offrendogli informazioni e promozioni contestualizzate nel luogo e nel momento più proficuo.
«I negozi – afferma Max Parri, e-commerce senior business architect, Accenture Interactive – si stanno profondamente trasformando, diventando per i consumatori un luogo di sempre maggior ingaggio e intrattenimento e per le imprese un’occasione di interazione diretta, di cross e up selling di servizi a valore aggiunto, nonché di raccolta di informazioni preziose sul comportamento di acquisto. Ecco perché abilitatori tecnologici in store come ibeacon, applicazioni di clienteling o emotional tracker assumono un ruolo fondamentale nel processo evolutivo della relazione tra imprese e consumatori».
Più problematica è l’opinione di Noci, che ammonisce: «Attenzione allo strumento del real time marketing che paradossalmente sembra essere figlio di una logica prodottocentrica, più che di una visione incentrata sulla persona, sul cliente. La deriva pericolosa è che stiamo andando dietro alla tecnologia, ma dimentichiamo una certa profondità di pensiero».
I nuovi e-shopper
In palio ci sono le relazioni con 20,5 milioni di e-shopper, che utilizzano la rete sia per informarsi sia per effettuare acquisti e che l’Osservatorio multicanalità, realizzato in collaborazione da Nielsen, Connexia e School of Management del Politecnico di Milano, segmenta in quattro nuovi profili secondo due variabili: la maggiore o minore propensione all’utilizzo di canali digitali in fase d’acquisto e la propensione degli stessi all’utilizzo di Internet per fornire o condividere feedback.
- Gli Everywhere Shopper (5,5 milioni di persone) sono formati prevalentemente da soggetti appartenenti a generazione X (50%) e millennials (41%) e sono il gruppo più affine alle dinamiche multicanale.
- I Money Saver (5,2 milioni di persone) sono grandi pianificatori e mirano al risparmio. Anch’essi formati da soggetti appartenenti a generazione X (49%) e millennials (34%), utilizzano la rete con un’unica spinta propulsiva: risparmiare.
- I Cherry Picker (5,1 milioni di individui) sono abitudinari, amanti delle tradizioni e legati al concetto di famiglia. Al contrario degli Everywhere Shopper, non posseggono prodotti tecnologici all’avanguardia e sono costituiti principalmente da individui della generazione X (47%), baby boomers (27%) e millennials (26%).
- I Pragmatic (4,7 milioni di individui) presentano diversi punti in comune con i Money Saver: sono razionali e pianificatori, composti da esponenti della generazione X (56%), millennials (24%) e baby boomers (21%), e ricorrono alla rete come strumento in grado di garantire loro un considerevole risparmio in termini di tempo.
Il negozio non sarà più e non solo touchpoint per la vendita diretta, ma anche punto di riferimento per il reperimento di informazioni, spazio per l’erogazione di servizi integrativi e ambiente privilegiato per la relazione tra brand e consumatore, fino a divenire, in taluni casi, luogo strategico in cui costruire percorsi esperienziali personali con la marca
Largo consumo molto attivo
Valutando poi il grado di preparazione delle aziende italiane rispetto al commercio everywhere, la ricerca 2016 dell’Osservatorio multicanalità rileva che, considerando la capacità da parte dell’azienda di raccogliere i dati dei propri clienti su alcuni o su tutti i touchpoint e le modalità di progettazione e implementazione delle iniziative di comunicazione su più canali, le aziende hanno ben chiara la necessità di progettare contenuti in maniera differenziata per canale e sinergica tra canali per favorire un’esperienza seamless, proiettandosi verso la raccolta dei dati in tutti i canali (solo il 7% delle aziende non raccoglie dati sui clienti). Ed è per il fatto che si è ancora in una fase iniziale di lavoro in queste aree che non vi sono differenze di maturità tra settori. Anche se appare con grande evidenza che, oltre al settore bancario-assicurativo, il largo consumo sta impegnandosi grandemente nello stabilire relazioni dirette con i consumatori attraverso gli strumenti digitali: «È un fatto significativo che prelude a un impegno verso ladisintermediazione delle imprese del largo consumo che può aprire prospettive nuove, mettendo in discussione il ruolo dei retailer», annota Noci.
E proprio in questa prospettiva è stato chiesto alle aziende come potrà cambiare il ruolo del punto vendita nei prossimi due-tre anni che non sarà più e non solo touchpoint per la vendita diretta, ma anche punto di riferimento per il reperimento di informazioni, spazio per l’erogazione di servizi integrativi e ambiente privilegiato per la relazione tra brand e consumatore, fino a divenire, in taluni casi, luogo strategico in cui costruire percorsi esperienziali personali con la marca.
La sfida non sarà quella di ottenere il maggior numero di dati (per questo ritengo errato la focalizzazione sul concetto di big data), ma sulla capacità di trasformare i dati, attraverso l’integrazione tra di loro, in un pensiero strutturato in chiave competitiva
Dai dati alle informazioni
Il fattore multicanale con la progettazione di esperienze seamless è entrato, insomma, nello spazio d’intervento delle imprese. «Ingrediente fondamentale per tale processo sarà, in modo crescente, la capacità di raccogliere ed elaborare informazioni generate dal consumatore – afferma Giuliano Noci – e soprattutto dal contesto competitivo, non tanto in ottica di big data, ma secondo una prospettiva di smart data. La sfida non sarà quella di ottenere il maggior numero di dati (per questo ritengo errato la focalizzazione sul concetto di big data), ma sulla capacità di trasformare i dati, attraverso l’integrazione tra di loro, in un pensiero strutturato in chiave competitiva. Occorre pensare alla trasformazione del modello di business. Stiamo assistendo a qualcosa che assomiglia alla trasformazione dei tasselli elementari della catena del valore dell’impresa, portando a mutamenti molto profondi e che arriveranno molto presto, anche per aziende industriali. Pensiamo alla stampa 3D che rompe la catena del valore in quanto potenziale strumento di outsourcing massivo della produzione.
Un altro tema rilevante riguarderà i meccanismi di valutazione da parte della marca del sistema dei clienti in una logica di clusterizzazione. La conseguenza è che la creazione del valore nell’impresa passa attraverso meccanismi diversi, da product a experience driven. Ma su quali tasselli si fonda tale proposizione di valore? In primo luogo, la capacità delle imprese di progettare un ciclo operativo diverso dal passato (non mi riferisco al prodotto) e di generare valore dipende da R&D e dalla costruzione di un sistema di interazione che porta la produzione alla famiglia. In questa chiave di lettura l’oggetto dello scambio non è il prodotto ma qualcosa che antecede il prodotto. La seconda dimensione di generazione del valore è l’architettura del sistema di rilevazione dei dati e la capacità di trasformarli in informazioni. Quando parliamo di analisi dei social network, di tracciamento, di proximity, ecc, elemento determinante sarà la capacità di integrare questi dati attraverso un’architettura coerente. Vale a dire che il ruolo che nelle prime tre rivoluzioni industriali ha giocato la produzione, in chiave prospettica sarà giocata dalla marketing machine in un paradigma di società dell’informazione. La capacità di acquisire dati, trasformarli in informazioni, processarli e scaricarli in qualcosa di operativo – conclude Noci – diventerà l’attività centrale nell’impresa. Sarà questa la vera disruption. Non dobbiamo però fare indigestione di dati. Dobbiamo acquisire informazioni che aiutino a prendere decisioni in modo sostenibile».