Gli italiani sono abituati, a livello linguistico, alla varietà. Per cui non si sorprendono di fronte alle forme, inaspettate e insolite, dei plurali inglesi. Gli inglesi sì – e per questo chiedono aiuto a consulenti linguistici per capire le origini delle stranezza della loro lingua – persi di fronte a un plurale di octopus, o smarriti su goose e moose.
Come si spiega bene qui, octopus non è una parola inglese. O meglio, è una parola che gli inglesi hanno assorbito da un’altra lingua. Il suo plurale, in origine, è un banale octopuses, che alle élite colte di Cambridge e Oxford suona sbagliato: per cui, presi da un furore etimologico, gli restituiscono un bel plurale latino in –i. Ecco allora octopi (pronuncia octo-pài). Però c’è un problema: octopus non è latino, ma è greco. Allora subito se ne crea un altro: octopodes, ancora più assurdo – ma in piena sintonia con l’assurdità della lingua inglese. Tutti e tre i plurali sono corretti.
Un altro busillis invece lo provoca l’irregolarità di plurali diversi per parole all’apparenza simili come goose (oca) e moose (alce). La prima, di antica tradizione germanica, ha un plurale germanico: per cui da goose si avrà geese. As simple as that.
La seconda, molto più recente (risale al 1600) deriva dall’algonchino, una lingua dei nativi americani. Per cui, niente *meese. Dovrebbe essere, di logica, *mooses, ma non è così. L’inglese non smette di sorprendere e, come plurale, ci mette moose, uguale al singolare. È un’altra sua regola: il plurale dei nomi di animali da selvaggina (game animals) mantiene la forma del singolare.
È una lingua matta, imprevedibile. Più o meno come i risultati dei referendum.