Centoottantadue centimetri di altezza per 70 chilogrammi di peso. Di Helen Stephens certo non si poteva dire che fosse un’atleta piccola e mingherlina. Era nata in Missouri, negli Stati Uniti, nel febbraio del 1918, in una fattoria di Callaway County, vicino a Fulton. Da bambina, non faceva altro che correre e saltare, mentre aiutava i genitori nei duri lavori della fattoria. «Ho cominciato ad allenarmi sin da bambina. Semplicemente non lo sapevo», raccontava. «Mentre camminavo, correvo, lavoravo, stavo costruendo il mio corpo, la mia capacità polmonare, il mio fiato, la mia resistenza. Tutto quello che si fa per allenarsi».
A otto anni Helen sogna di diventare l’atleta più veloce al mondo. Ma a scuola non ci sono squadre né strutture per ragazze in cui allenarsi. La fortuna di Helen è incontrare al liceo W. Burton Moore, il suo prof di educazione fisica al liceo. Non appena il coach scopre quanto veloce Helen potesse correre, comincia ad allenarla. A 16 anni, nel 1934, fa meno di 50 metri in 5,8 secondi, come il record mondiale detenuto da Elizabeth Robinson. W. Burton Moore non riesce a crederci. Azzera il cronometro e la fa ripartire. La seconda volta peggiora solo di un centesimo di secondo. Helen deve gareggiare.
Il 22 marzo del 1935 partecipa alla sua prima gara ufficiale. Con indosso una tuta e un paio di scarpe da ginnastica prese in prestito dagli amici maschi, riusce a battere Stella Walsh, il cui vero nome è Stanisława Walasiewicz, atleta polacca di origini ebraiche che aveva vinto i Giochi olimpici del 1932 e si era rifugiata negli States per sfuggire al Nazismo. I giornali definiscono subito Helen “Missouri Express” e “Il fulmine di Fulton”.
Nell’estate del 1936 arriva il momento dei Giochi Olimpici. Così con la delegazione americana si imbarca verso l’Europa per raggiungere Berlino. Nella Germania nazista, il fuhrer Adolf Hitler usa i giochi come strumento di propaganda, mascherando le politiche antisemite e razziste del regime. In tanti chiedono a Hellen Stephens di non competere per protestare contro Adolf Hitler. Ma lei gareggia lo stesso e riserva al Fuhrer un trattamento che rimarrà nei libri di storia.
Il 4 agosto del 1936 Helen vince la medaglia d’oro per i cento metri con un tempo di 11,5 secondi. Un record che verrà battuto soltanto nel 1960 da Wilma Rudolph. Cinque giorni dopo, nei 400 metri, si mette al collo la seconda medaglia d’oro con un tempo di 46,9 secondi.
Adolf Hitler rimane impressionato. C’è chi dice che si fosse anche infatuato di Helen. La invita sul palco privato da cui seguiva le gare. Lui fa il saluto nazista, lei gli dà solo una fredda stretta di mano, raccontano i libri di storia. «“Tu sei un vero tipo ariano. Dovresti correre per la Germania”», le dice Hitler. E le chiede addirittura di fermarsi a trascorrere il fine settimana nella sua villa di Berchtesgaden, in Baviera. Ma lei rifiuta.
Negli stessi giochi qualcuno solleva il dubbio che Helen in realtà sia un uomo. Le fanno tutti i controlli medici, ma poi arriva la conferma: è una donna. Una donna che ha avverato il suo sogno di bambina: essere la donna più veloce del mondo. La donna che ha detto no al Fuhrer.