Eccoci arrivato al terzo appuntamento. Perché, dai, diciamocelo apertamente, dopo aver pubblicato un articolo sulle quindici cantautrici da tenere d’occhio, e uno sui 15 cantautori, quello sulle quindici band era solo questione di giorni, di ore. E infatti eccolo qui, un articolo sulle quindici band da tenere d’occhio, probabilmente l’articolo più difficile da scrivere con cui mi sia mai trovato a fare i conti. Non per la difficoltà di trovare quindici band, figuriamoci, ma per la difficoltà di trovarne solo quindici. Sulla difficoltà, estrema, di decifrare un paradigma per cui una tale band sì e una no, seppur partendo io dal vantaggio di firmare il pezzo in questione, fatto che in qualche modo fuga ogni residuo di universalità da conferire al tutto: queste sono le quindici band che io ritengo vadano tenute d’occhio. Chiaro, nel compilare un pezzo del genere uno ci si gioca un po’ la faccia, quindi ci sta perfettamente che la selezione abbia una forchetta piuttosto stretta. Non è che se dici quindici poi ci infili dentro anche qualcosa di dimenticabile, perché poi arriverà sempre il solito hater a rinfacciartelo a vita. E del resto non puoi neanche infilare nel mazzo tutta roba assodata, perché a fare una lista scontata, si sa, son buoni anche cani e porci. Su tutto, ovviamente, l’assenza di realtà già calcificate, cristallizzate, insomma, quei nomi che, vi chiedessero le 15 band del momento, vi verrebbero subito in mente (tenendo conto che, con buona probabilità, a me quei nomi non verrebbero comunque in mente).
Per cui, mettetevi comodi, tracannate una birretta e provate a seguirmi in questo viaggio musicale. Le quindici band da tenere d’occhio, o meglio, d’orecchio. Parola di Giovane Marmotta.
Cirque de Reves
Lisa Starnini. Segnatevi questo nome. È la voce e leader del gruppo Cirque des Reves, ensemble partenopeo che, fosse venuto fuori una quarantina d’anni fa ci avrebbe dato lustro in giro per il mondo. Ma siccome sta venendo fuori adesso, in questi strani anni dieci, si muove a fatica, seppur con il placet e l’accompagnamento di gente come Martin Allcock, polistrumentista già a fianco di Fairport Convention e Jethro Tull, e Robert Plant, voce dei Led Zeppelin. Il loro Mirabilia è un concept album che gioca con il progressive, col folk, col rock anni settanta, e con la nostra musica italiana (seppur a fianco della nostra lingua trovi spazio anche il francese). Un respiro internazionale che richiama alla mente altre epoche, epoche di corsetti e treni a vapore, ma anche di musica fatta per innalzare l’uomo al cielo, per sollevarlo dalla polvere delle strade fatte di ciotoli. La perfetta colonna sonora per un film steampunk.
Alteria
Stefania Bianchi. Togliamo subito di mezzo ogni dubbio, gli Alteria sono una one-woman band. E sono la one-woman band di Stefania Bianchi, Alteria, appunto. Una rocker di razza in un paese in cui il rock ha sempre trovato poco spazio e in cui il rock al femminile non è ancora neanche stato decodificato. Ma Alteria, in passato anche volto di Rock Tv, non a caso, è una rocker di razza, e anche una cantautrice di razza. Infatti Alteria si sta spostando su altri fronti. Con una base di partenza rock, quasi tra l’hard-rock e il metal, Alteria ha iniziato a flirtare con la nostra musica d’autore, ma anche con l’elettronica, tirando fuori nuove canzoni, non ancora date alle stampe, che lasciano intravedere la luce in un periodo in cui di luce, a dirla tutta, ce n’è pochina. Su tutto una voce che graffia e una capacità di tenere il pubblico rara, se non unica. Per ora teniamo quindi Alteria tra le band, ma il passaggio alla categoria cantautrici è lì, dietro l’angolo.
Sick ‘n’ Beautiful
Questa è la storia. BFS9000, un’astronave proveniente da LV-426 Acheron, al largo Alpha Centauri, precipita sul pianeta terra, e si guasta. L’equipaggio non riesce ad aggiustarla. L’equipaggio, rockettari dello spazio, comincia a suonare in giro, per mettere insieme un po’ di soldi con cui comprarsi i pezzi di ricambio e lasciare una volta per tutte il pianeta Terra. Il nome della band è Sick ‘n’ Beautiful. A guidarla è Herma, fascinosissima aliena al cui fianco si muovono il chitarrista ritmico Lobo, il chirarrista solista REVC-2, il bassista Big Daddy Ray, capobanda anche anagraficamente, e la batterista Evey, nata da spore radioattive. Il loro genere è un rock duro e godibilissimo, sostenuto da una potente sezione ritmica, infarcito di riff di chitarra e assoli degni dei palchi dei Festival americani e su tutto la voce di Herma, un mix tra Katy Perry e Courtney Love con una presenza decisamente all’altezza della voce. Rock alieno in salsa italiana, roba dell’altro mondo.
Un’astronave proveniente da Alpha Centauri precipita sulla terra; ne escono dei rockettari dello spazio che cominciano a suonare in giro, i Sick ‘n’ Beautiful
Casablanca
Tempo fa gli Afterhours, che quanto a band occupano un posto nell’Empireo, cantavano “non si esce vivi dagli anni Ottanta”. Sarà una faccenda anagrafica, giusto quei tre, quattro anni che dividono chi scrive da Manuel Agnelli, ma la mia sensazione, quello che succede abitualmente nella mia testa, intendo, è che non si esca vivi dagli anni Novanta. Ed è una bellissima sensazione. A riprova di questo arriva un progetto che proprio in quella decade sembra essere stato concepito, anche se in realtà di progetto recentissimo si tratta. Parlo dei Casablanca, nuova band dell’ex Deasonika Max Zanotti (progetto che per altro segue l’interessantissimo Della Vita Della Morte, che vedeva Max al fianco di quel genio totale di DJ Myke, il produttore più interessante in circolazione, sia messo agli atti). Casablanca, album eponimo della band, è un concentrato di rock anni Novanta. Tirato, sudato, granitico, un pugno in faccia, dato senza neanche troppi convenevoli. Parole cercate con cura, riff che hanno subito le stesse attenzioni, per canzoni che vivono di vita propria. In una parola: rock. Se vi pare poco.
Totò Zingaro
Difficilmente troverete questo nome nella storia della musica italiana. Purtroppo, viene da aggiungere. Il fatto è che gli stessi Totò Zingaro, al secolo Cristiano Lo Mele e Alex Baracco dei Perturbazione, in ottima compagnia di un sacco di altra gente, tendono a non prendere questo progetto troppo sul serio. Anzi, lo trattano come un gioco, come un passatempo, come uno zio strano di cui quasi vergognarsi. Invece Totò Zingaro è una realtà che andrebbe fatta girare, non solo live, ma anche sotto formato di cd-libro, perché Totò Zingaro è una folgorazione. Prendete un qualsiasi genere musicale, miscelatelo con uno spirito punk e irriverente, conditelo con un tocco di poesia vera, firmata da Luca Ragagnin, poeta e paroliere prestato al pop, e avrete solo una vaga idea di quel che Totò Zingaro riescono a mettere sul piatto. Nello specifico è uscito nel 2015 per i tipi di Miraggi uno strano oggetto non identificato che si intitola Imperdibili Perdenti. Un triplo cd più libro che ci racconta, nel modo meno convenzionale e al tempo stesso più fedele possibile le vite e le opere di Robert Johnson, Emilio Salgari e Fedor Dostoevskij. Se vi sembra poco. Imperdibile.
L’Orage
Uno dice: come potrà mai suonare una band di folk rock che viene dalla Valle d’Aosta? Mancano i riferimenti, perché i soli nomi che ci vengono in mente arrivati da lì non sono esattamente ascrivibili a quel genere. Penso a Francesco C, a Naif Herin, ai Dari. A risolvere l’arcano sono arrivati, pochi anni fa, i L’Orage, band balzata agli onori della cronaca per aver sbancato in tutti i luoghi e in tutti i laghi l’edizione del 2012 di Musicultura, e per aver poi dato vita a uno strampalato live in compagnia di Francesco De Gregori, l’anno successivo. La loro musica è, appunto, folk e rock al tempo stesso. Forse più folk che rock, ma siamo italiani e difficilmente sarebbe stato possibile il contrario. Strumenti come il violino, l’organetto, il sax, le cornamuse, i mandolini, uniti a quelli più classici quali chitarra, basso e batteria, imbastiscono le basi, le voci di Vincent Boniface, in lineup col fratello Remy, e di Alberto Visconti imbastiscono le melodie. Il risultato è molto originale e godibile, ascoltare La bella estate, L’età dell’oro o l’ultimo Macchina del tempo per credere.
Eugenio di Via Gioia
Forse sarebbe il caso di ribadirlo: l’originalità ci ha rotto il cazzo. O almeno, l’originalità fine a se stessa. Non è che se uno appare fuori dagli schemi, sghembo, stralunato, con testi ironici, intelligenti ma apparentemente disimpegnati, il tutto su musiche che richiamano il folk ma che hanno melodie orecchiabili, chiaramente pop, automaticamente ci piacciono. Anzi, guardiamo a tutto questo con sospetto, con il sopracciglio inarcato di chi è di fronte a qualcosa talmente strano da apparire normale, scontato. Non è il caso degli Eugenio in Via di Gioia e del loro Federico Lorenzi, incredibilmente interessante nonostante le premesse. Musica davvero originale, senza se e senza ma. Per la cronaca il nome della band prende origine dalla fusione dei nomi e cognomi di tre quarti della band: Eugenio Casaro, Emanuele Via e Paolo Di Gioia, il titolo dell’album è quello del quarto membro del gruppo: Lorenzo Federici. Bravi davvero.
Vi ricordate iDari? Adesso la Val d’Aosta offre qualcosa di più: i L’orage e il loro folk rock
Sfera & Serenase
Mettiamola così, se è vero che uno più uno fa sempre due, è pure vero che se uno è Sfera e l’altra Serenase il risultato finale non può che essere delirante e ricco di suggestioni (visto che si tratta di cugini, saremmo davvero curiosi di essere invitati a un pranzo di Natale a casa loro). Rap? Chiamiamolo così, per convenienza, in realtà la musica che il duo mette insieme è qualcosa difficilmente decodificabile, in cui il rap è sicuramente presente, ma dove convergono anche tanti altri generi, dal pop anni Ottanta al kraut-rock, passando per l’immancabile electropop. Come se gli Antipop Consortium avessero deciso di fare un brano coi Krisma, o coi Bluvertigo più illuminati. Testi deliranti, solo in apparenza, dove il non-sense appare più sensato del sensato. Anzi, lanciamo un appello a Morgan, fatti un duetto con loro, ne verrebbero fuori cose buone per il mondo della musica.
Micromouse
Non abbiamo ben capito se, per le band, valga la stessa strana regola che guida la lingua italiana. Se si parla di un gruppo di nomi anche lunghissimo tra i quali è presente un solo nome maschile, in automatico il genere maschile va applicato al collettivo. Se così fosse, la band di cui stiamo parlando sarebbe dei Micromouse. Ma siccome non ne siamo sicuri, e siccome la band è capitanata da Michelle Cristofori, cantante e batterista, e al suo interno vede la presenza anche della tastierista Gloria Annovi, coadiuvate da Riccardo Mariani alle chitarre, preferiamo parlare delle Micromouse. Il loro album Animal, fosse uscito a Seattle negli anni Novanta, o più in generale negli Stati Uniti, nella stessa epoca, non avrebbe sfigurato al fianco di lavori di gente come Screaming Trees, Dinosaur Jr e affini. Sanissimo rock con quella sana dose di spirito epico che tanto è andato per la maggiore allora. Sempre pensato che la salvezza del genere sarebbe arrivato dalle donne, qui ce n’è in parte la conferma.
Les Italiennes
Partiamo da qualche anno fa. Girava una canzone pop, quella che se unoi volesse fare lo spocchiosetto chiamerebbe una canzoncina. Si intitolava Pop Porno e a interpretarla era un duo, Il Genio. Tutti ve la ricordate, perché fece letteralmente il botto, e tutti ricordate la voce sensuale e sussurrata della cantante, Alessandra Contini. Bene, ora Alessandra Contini ha dato vita a un altro duo, in compagnia di Daniela Chiara, in arte Danysol. Il duo in questione si chiama Les Italiennes, si presenta sul mercato con la stessa carica di sensualità di Pop Porno, complice la penna affilata di Ermal Meta, coautore con le due del singolo I Don’t Wanna Be Your Girlfriend, e complice un video raffinato. Voci soffiate, ritmi electropop giusti, look accattivante. Ottima premessa a quel che, speriamo, verrà. Europee.
Il Muro del Canto
Confesso una mia mancanza, fino a che non ho ascoltato 7 Vizi Capitale di Piotta non conoscevo Il Muro del Canto. E me ne pento amaramente. Perché la voce di Daniele Coccia, che della band è il cantante ma anche la quintessenza, è un’esperienza che chiunque ami la musica non dovrebbe perdersi. Pensate a qualcosa di simile a un graffio lasciato sul cuore, pensate a una pacca sulla spalla dopo una cattiva notizia, pensate a un urlo di liberazione e avrete una vaga idea di cosa sto parlando. Nei fatti Il Muro del Canto è una band nata nel 2010 che mette sul piatto canzoni in cui sonorità tipicamente romane si mischiano con un rock dalle venature cupe, quasi dark. Se esiste una via rock alla fanfara, beh, è questa qui.
Les Italiennes è un duo formato dalla stessa voce sensuale che cantava Pop Porn, successo di qualche anno fa de Il Genio
Camillas
Mettere i Camillas in un articolo come questo, fossi un giornalista, dovrebbe costarmi il tesserino professionale. Perché i Camillas, in un mondo buono e giusto, dovrebbero essere in cima alle classifiche di vendita, di gradimento, radiofoniche e via discorrendo. Il loro modo di scrivere, che è il modo di scrivere de i Camillas, quindi altrimenti definibile che come i Camillas, è talmente unico e bello, punk ma giocoso, rock ma poetico, pop ma pop, che anche se i Camillas sono già i Camillas, qui in questa lista qui ce li abbiamo messi lo stesso. La televisione ce li ha fatti diventare un po’ più famosi, con Bisonte e Il gioco della palla diventati due piccoli culti, ma a noi continuano a piacere come quando non li conosceva nessuno. E amen.
Marvis
Non sono esattamente sicuro che Marvis sia catalogabile come band. Anzi, sono piuttosto certo che non siano una band. Del resto ho infilato alcune band nell’elenco di cantautrici e cantautori, non vedo perché non dovrei fare un’eccezione stavolta. Marvis è un progetto aperto, una sorta di factory artistica, prettamente musicale ma non solo, ideata e nata per volontà di Fabio Cinti, cantautore, e Irene Ghiotto, cantautrice. Insieme hanno creato questo progetto qui, The Thin Line dei Marvis, che è davvero un bel progetto. Musica che spazia da Battiato ai Beatles, ma che mette soprattutto insieme due genialità colte e raffinate come quelle di Cinti, di cui a breve potremo ascoltare il nuovo Forze Elastiche, e la Ghiotto, il cui Pop simpatico con venature tragiche è tra gli album candidati al Tenco Opera Prima. Ottima musica, nata da un incontro. Dovrebbe sempre essere così.
Orchestraccia
Anche qui, tecnicamente dire che l’Orchestraccia è una band da tenere d’occhio mi mette un po’ in difficoltà. Perché dentro l’Orchestraccia, è un fatto, c’è gente che ha fatto la storia del nostro cantautorato, almeno di quello della seconda ondata di cantautorato. Un nome? Marco Conidi. Già basterebbe, chiedere ai vari Silvestri, Fabi, Gazzè e Tiromancino per referenze. Ma non basta. Perché al suo fianco si muove una pletora di cantanti, musicisti e attori della scena romana, Luca Angeletti, Giorgio Caputo, Edoardo Pesce, Gianfranco Mauto, Fabrizio Locicero, Salvatore Romano, pletora che che, guidata da Conidi stesso, reinterpreta la canzone popolare romana mischiandola con folk, rock, pop e chi più ne ha più ne metta. Il tutto condito da tanto delirante spirito dadaista. Un’orchestraccia, appunto, che non a caso tira fuori un disco dal titolo Canzonacce, in nomen omen. Gente che vorreste al vostro matrimonio come al vostro funerale, e, diciamocelo, pure in tutti gli altri giorni.
Musica per Organi Caldi
Chiudiamo con una superband, tipo quelle che tanto ci fanno sognare all’estero, quando magari si mettono insieme Joss Stone e Mick Jagger. Stavolta non è di Jess Stone e Mick Jagger che si parla, ma del bassante e cantante romano Andrea Ra, del producer Emiliano Ra-B, di Marco Inolti dei Kutso e di Marco La Fratta, un tempo nei Lemmings con Ra-B e ora con Piotta. Una superband romana che promette faville e per ora ci ha regalato il pregevole EP 69, dentro il quale si muoveva la pregevole Pigneto Chic. Che musica fanno i MOCa? Pop, come il brano We Are Pop ben riassume. E lo fanno decisamente molto ma molto bene. Tra una citazione alta e una citazione bassa non si può non muovere il culo. In questi casi, si sa, la testa non può che seguirlo.