Non sparate sull’alternanza scuola-lavoro: “Può funzionare meglio, ma è imprescindibile”

Le critiche dicono che l'Italia non fa certo difetto di stagisti e che le aziende possono contare, ancora una volta, su lavoro gratuito, ma c'è chi, invece, apprezza l'iniziativa

Un anno fa Matteo Renzi, gessetto in mano e maniche della camicia tirate su, spiegava la “Buona scuola” in un video su Youtube. Ancor prima del concorsone e prima anche dei presidi-sceriffo, Renzi citava l’alternanza scuola-lavoro come «la questione più urgente da affrontare».

Il tema era abbattere il 44% di disoccupazione giovanile, attraverso 400 ore di stage che i ragazzi degli ultimi tre anni di sucola superiore avrebbero svolto in aziende e istituti vari, aumentando così le possibilità di inserirsi nel mondo del lavoro una volta terminata la scuola.

Il progetto, come naturale, è a lungo termine e dopo un anno risulta difficile capire se si sia intrapresa la strada giusta. Non è mancato, però, chi ha già sparato a zero sulla riforma. A partire da Michele Conia, sindaco di Cinquefrondi (RC) e di altri amministratori locali del Sud Italia, che hanno presentato una mozione nei confronti della buona scuola riferendosi all’alternanza scuola-lavoro come all’ennesimo caso di sfruttamento del lavoro giovanile. A questo si aggiunge un problema strettamente didattico, in quanto il tempo impiegato negli stage porta via ore di lezione frontale.

Il tema è ammesso anche dagli insegnanti, come spiega il Prof. Antonio Bracci, uno dei responsabili dell’Associazione Nazionale Insegnanti e Formatori di Milano, che spiega come «la cosa migliore sarebbe forse spostare in fondo all’anno scolastico il periodo di stage, nella seconda parte di giugno».Per il momento, però, la riforma non impone obblighi: l’importante è arrivare alle ore di stage richieste entro l’anno, senza indicazioni sul periodo e la durata dei tirocini. Sempre dal sindacato ANIEF, però, la Prof.ssa Emialiana Bruno sottolinea anche che «se tutti svolgessero le attività nello stesso momento, ci sarebbe una concorrenza esagerata nel trovare imprese pronte a ricevere i ragazzi». Prescrivere una ricetta, quindi, diventa difficile.

Più tiepide, invece, le reazioni dall’ANIEF nei confronti delle accuse di sfruttamento: «È vero, le aziende fanno della formazione a costo zero, ma aiutano i ragazzi e il sistema dello stage è un buon compromesso per ridurre lo scollamento tra le scuola e il mondo del lavoro», fanno sapere dal sindacato.

Scollamento che, per altro, negli istituti professionali veniva già bilanciato da diversi tirocini attivi dalle classi terze in poi, in linea con quanto stabilito anche nella buona scuola, ma per i licei l’alternanza è un’assoluta novità. E in questo senso trovare aziende o istituti adatti in cui far svolgere gli stage non è semplice.

L’alternanza scuola-lavoro è partita a rilento, ma sono già evidenti sia le buone potenzialità che i punti spinosi da risolvere.

Il governo ha fornito un registro nazionale delle aziende che si mettono a disposizione per accogliere studenti, ma ancora non basta. La stessa ConfCommercio ammette che il meccanismo fatica ancora a mettersi in moto, ma è chiaro che la fortuna o meno della riforma passerà proprio dalla capacità di coinvolgere le associazioni e le reti delle aziende. «Per ora l’alternanza funziona a macchia di leopardo – dice il Presidente di Disal (Dirigenti Scuole autonome libere) Ezio Delfino – ci sono difficoltà specie in quei territori d’Italia in cui è molto più difficile trovare collocamento per i ragazzi, ma la fortuna del progetto passerà proprio da un rafforzamento con gli enti e le reti di imprese».

L’occasione è ghiotta per tutti. ConfCommercio fa sapere che è grazie alla riforma se finalmente si riconosce il valore dell’imparare facendo, i dirigenti scolastici e gli insegnanti, come detto, esaltano la possibilità di colmare il gap tra la teoria e la pratica.

«C’è poi un altro aspetto – sottolinea Emiliana Bruno – i ragazzi che tornano dagli stage, solitamente, sono molto più motivati anche nello studio». E non è solo l’approccio degli studenti a cambiare: «dobbiamo ripensare la didattica in modo che l’attività esterna e quella interna siano in piena continuità», continua Delfino.

Ma se non si trova uno stage per tutti, che si fa? La via d’uscita c’è e si chiama Impresa simulata formativa. Consiste in una specie di simulazione di una parte del lavoro di un’impresa svolto però all’interno della classe e coordinato da un docente, pur con la superviosione di una azienda esterna. «Si tratta di piccoli gruppi di studenti che si occupano di attività come la costruzione di un sito internet o la comunicazione sui social per conto di qualcuno».

Non proprio un modello ideale, certo, ma per ora ci si è dovuti accontentare, come si sono dovute accontentare le scuole che hanno sottoscritto accordi con le parrocchie per mandare lì i ragazzi in stage. Anche in questo caso, però, torniamo al fatto che certe problematiche fossero prevedibili a pochi mesi dalla partenza di un piano così vasto: «Ci vorranno cinque o sei anni per vedere gli effetti completi di questa manovra – commenta ancora Delfino – ma quello dell’alternanza era un provvedimento imprescindibile, la scuola tradizionale non basta più».

Al di là delle posizioni soggettive sulla positività o meno dell’alternanza scuola-lavoro, restano dunque un paio di nodi da risolvere. Prima di tutto, una maggiore collaborazione tra scuole e aziende, con il tramite dello Stato. Sono ancora troppi i casi, infatti, in cui a fare la differenza è la rete di contatti che ogni dirigente scolastico ha personalmente sviluppato nel corso degli anni.

Sarà difficile, d’altra parte, togliere dalla testa a qualcuno che l’alternanza scuola-lavoro non sia che l’ennesimo regalo alle aziende a scapito dei giovani. Su questo punto la risposta arriverà soltanto tra qualche anno, ma, in ogni caso, gli stage avranno impratichito i giovani facendoli uscire dall’ovatta teorica della scuola, sperando poi abbiano più facilità nel trovare un impiego. Se dovesse andar male anche questa, non resterà che andare in chiesa, per un miracolo o per uno stage.

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