Triste, solitario y Bersani: l’eterno secondo a cui tutti vogliono bene

Auguri all'uomo vissuto sempre in secondo piano, tra vittorie misere e sconfitte roboanti. Mentre tutta Italia festeggia Berlusconi, compie gli anni anche l'ex leader del Pd, l'unico che può vantarsi di aver battuto Renzi

Avete mai visto una foto di Pier Luigi Bersani da giovane? Molti pensano che sia nato così, con pochi capelli e un sigaro in bocca, ma c’è chi giura sia stato un aitante ragazzino. «Somigliava a Cary Grant», assicurò una volta Alessandra Moretti, la sua ex portavoce.

Oggi il Cary Grant di Bettola, paesino di neanche 3.000 abitanti in provincia di Piacenza, compie 65 anni, proprio nel giorno in cui tutt’Italia festeggia gli 80 di Silvio.

E’ un po’ la fotografia della sua storia: stimato da tutti come persona, tavolta apprezzato come politico, è sempre finito malinconicamente in secondo piano. «Siamo primi, ma non abbiamo vinto», disse dopo le elezioni del 2013, in cui si fece mangiare una decina di punti percentuali dal centrodestra nelle ultime settimane di campagna elettorale. «Non canto vittoria, ma non parlo di sconfitta», ebbe a dire dopo le regionali del 2010. Ci dica lei un argomento a piacere, allora.

Sempre in bilico tra vittorie smorzate e sconfitte roboanti, come quella, già storica, per l’elezione del Presidente della Repubblica nel 2013. Bersani, segretario del Pd, propose prima Franco Marini e poi Romano Prodi: il Professore raccolse l’unanimità e applausi scroscianti in assemblea di partito, ma fu impallinato da 101 franchi tiratori al momento della votazione.

Fu la fine dei sogni di Pier Luigi, dimessosi poco dopo dalla guida del partito, che pure può vantare di essere l’unico, fino ad oggi, ad aver battuto Matteo Renzi. Era il 2012 e i due si affrontavano per la guida del partito: vittoria a Bersani e rottamazione rimandata di un anno.

Come mai Pier Luigi non è mai riuscito davvero a scaldare i cuori della sinistra? Questione di carisma, intanto, che deve essersi perso per strada negli ultimi anni, perchè Bersani in gioventù era tutt’altra cosa. Si dice che a quindici anni riuscì a convincere i chierichetti della sua parrocchia a scioperare contro il prete, per protestare contro l’utilizzo delle donazioni dei fedeli.

Quando aveva quindici anni convinse gli altri chierichetti a scioperare contro il parroco, per protestare contro l’utilizzo delle donazioni dei fedeli

Nel 1970 fu persino tra i fondatori di Avanguardia Operaia, organizzazione di sinistra.Partire da lì e ritrovarsi alla minoranza dem è un passo lungo, eppure non impossibile, considerando che Bersani ha fallito tutte le occasioni di svolta (per sé e per il Paese). Caduto Berlusconi, nel 2011, non forzò Napolitano per andare alle elezioni, permettendo al Cav di sparire per un po’, durante il Governo Monti, e ripresentarsi in pompa magna nel 2013, vera debacle elettorale di Pier Luigi.

D’altra parte Bersani usa ancora quella retorica antica che difficilmente fa breccia sugli elettori, a meno che non sia riproposta in qualche imitazione di Crozza. “Smacchiare il giaguaro”, “pettinar le bambole”, “far la ceretta allo Yeti”: si fa fatica a distinguere le citazioni autentiche dalle parodie.

Fabrizio Rondolino, dopo le elezioni del 2013, fece notare come persino Antonio Ingroia, arrivato ultimo, facesse più notizia di Bersani. Da una parte Berlusconi, che per anni ha fatto scalpore anche con un ruttino dopo mangiato, e dall’altra Bersani, più integerrimo, più raffinato, più presentabile, ma quasi mai da prima pagina, anche quando la spara grossa. Come negli ultimi tempi, che può permettersi di parlare un po’ di più, liberato del peso della leadership. E allora ecco la polemica con la Boschi sui partigiani, il no al referendum e le staffilate riguardo l’alleanza con Verdini.

Gli è sempre mancato un po’ di coraggio, un po’ di animo rock. Eppure leggenda vuole che l’ex segretario Pd fosse al Palasport di Casalecchio a sentire gli AC-DC quando Prodi, nel ’96, lo chiamò per fare il Ministro. Chissà come si era vestito per l’occasione. Forse si era ricordato di quella volta, nel 1980, in cui andò a sentire lo storico concerto di Bob Marley a San Siro in giacca e cravatta. Lo guardavano strano. Metà stadio pensava fosse un agente in borghese, l’altra metà era troppo sballata per farsi domande. In ogni caso, siamo sicuri qualcuno gli abbia offerto una canna. “Preferisco il sigaro”, avrà risposto lui, con quel sorriso particolare che gli strizza gli occhi. Sempre un po’ impacciato, ma, in fondo, ben voluto da tutti. E allora, auguri Pier Luigi.

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