The Young Pope, The night of, Westworld, 22.11.63, Stranger Things, The Crown, Billions, e ancora le nuove stagioni di Game of Thrones, Orange is the new black, Better Call Saul, Peaky Blinders, Unbreakable Kimmy Schmidt, Narcos. Non c’è che dire,anche andando a memoria, dal lato sempre più ingombrante della serialità narrativa la strada è sempre più affollata di gran prodotti, tanto che fare una classifica è molto complicato, se non impossibile. È stato l’anno dei thriller o della fantascienza? Dei remake o degli originali? Delle stagioni successive o dei nuovi inizi?
Tutte domande malposte. Perché alla fine, come dei gusti e dei colori, anche delle serie televisive, che sono ormai il prodotto più peculiare dell’arte narrativa all’epoca della frantumazione del pubblico di massa in nicchie, ognuno ha i suoi gusti. Eppure, se proprio dobbiamo trovare un taglio per fare a fette questo 2016 e tirarne fuori un senso, probabilmente l’angolo più interessante per osservare l’andamento di questo ricchissimo 2016 è guardare come è andata a finire la sfida tra due dei principali produttori: la regina HBO contro la cadetta Netflix.
Da una parte il nuovo colosso Netflix, capace in pochi anni di diventare uno dei più interessanti attori sul palco non solo della distribuzione, ma anche della produzione di narrativa audiovisiva al mondo. Dall’altra HBO, ovvero la più vecchia tra le sue concorrenti, attiva dal 1972, con alle spalle decine di titoli di successo — da I Sopranos a Game of Thrones — e padrona quasi assoluta delle classifiche del top del genere.
Se il 2016 fosse stato un campo di calcio e le due squadre fossero state Netflix contro HBO, come sarebbe andata a finire? La risposta è che, malgrado le incredibili attese e i tormentoni che ha saputo creare Netflix, la partita l’ha vinta HBO e a mani incredibilmente basse.
Il 2016 era un anno fondamentale per Netflix, il primo completo dopo l’espansione mondiale e il primo in cui i contenuti originali proposti sono stati fittissimi durante tutto l’anno, e non soltanto di serie tv si parla, ma anche di film e di documentari, questi ultimi con alcuni risultati veramente impressionanti. Sì, il lavoro di Netflix è stato sicuramente di altissimo livello, da Stranger Things all’ultimo The OA, ma l’impressione è che ci sia ancora parecchio lavoro da fare sia sulla scelta dei titoli che sulla produzione, perché se anche sui giornali e durante il calciomercato Netflix poteva sembrare in vantaggio, in campo la palla ce l’ha avuto tutto il tempo HBO.
Dalla parte di HBO ci sono veri e propri capolavori: dalla grande bellezza di The Young Pope, fino all’immensità narrativa e scenografica di Game of Thrones — la cui incredibile battaglia dei Bastardi meriterebbe senza ombra di dubbio un passaggio sul grande schermo —, dal bellissimo rifacimento di The night of, fino al capolavoro assoluto di questo 2016, quella vertigine fantascientifico-western di Westworld.
Dalla parte di Netflix, invece, malgrado le sbronze di hype e di binge watching, di veri capolavori non ne abbiamo visti. Certo, ci siamo lasciati abbagliare dal sapore anni Ottanta di Stranger things, ma le voragini di sceneggiatura e la pedissequa riproposizione in chiave nostalgica della nostra infanzia dopo un po’ rompono e, appena rompono, lasciano trasparire il vuoto pneumatico che ci sta dietro, tanto che ora, passato qualche mese dall’uscita e passata la sbornia da entusiasmo e ufficio stampa, possiamo dirlo che non si trattava di un capolavoro.
Come non è un capolavoro neppure The OA, appena uscita e da molti apprezzata, che pur rappresentando certamente un tentativo spiazzante e nuovo di narrazione (nuovo per le serie tv, s’intende), lascia anche questa il tempo che trova. L’unico prodotto targato Netflix che quest’anno può competere con i gigadrama di HBO, forse, è The Crown, anche questa una delle più belle serie dell’anno, ma non basta — non ancora, almeno — per arrivare a fare le scarpe a HBO, che agli Emmy Awards anche quest’anno è tornata a casa con gran parte del cucuzzaro.