L’Internet delle cose non ci renderà dei cyborg ma ancora più umani

Lasciamo gli scenari da incubo alla fantascienza. Le nuove tecnologie, soprattutto quelle legate al nostro corpo, non ci disumanizzano affatto. Semmai ci rendono ancora più pienamente umani perché attivano risorse fisiche, neurologiche finora inesplorate

JOSEP LAGO/AFP/Getty Images

Cinquanta miliardi di macchine che si parlano fra loro: possiamo naturalmente vederle – alcuni con ammirazione, altri con sgomento – come l’irresistibile avanzata della tecnologia e dell’intelligenza artificiale. Ineccepibile, no?

Sì, ineccepibile ma anche limitato: perché nella Internet of Things – il più eclatante fenomeno degli ultimi e dei prossimi anni – c’è molto di più della Internet of Things. Come c’era molto di più nel fuoco che non soltanto il fuoco, e poi nella ruota, nella stampa, nell’elettricità, e in tutte le altre scoperte e invenzioni che hanno espanso la nostra esistenza.

Perché nell’intera storia umana il mutamento tecnologico è sempre stato il rivelatorio dito che ci ha mostrato la luminosa luna di un mutamento umano, antropologico, vitale.

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La tecnologia ci consente di scoprire nuovi gesti, di attivare aree dormienti della nostra mente

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