Di “nuovo centrosinistra” parlano un po’ tutti, ora che quel vuoto lasciato da Renzi concede sogni di rivalsa a chi era stato accantonato dalla fu rottamazione e per chi, vedi Enrico Rossi e Giuliano Pisapia, può tentare la scalata nazionale dopo i successi locali. E Luigi De Magistris? C’è, con il suo progetto che a Napoli ha quasi doppiato i voti presi dal candidato del Pd alle ultime elezioni. Guai a chi pensa che sarà il solito partitino di sinistra, dice lui: “Dobbiamo rimescolare i rapporti di forza, le attuali logiche di partito non mi interessano”. De Magistris candidato premier alle prossime elezioni, quindi? Per il momento il sindaco temporeggia. “Napoli mi assorbe giorno e notte e sono felice di fare il sindaco”, dice. Ma nel 2018 chissà…
Sindaco De Magistris, ripondendo a quanto detto da Roberto Saviano, lei ha rivendicato il fatto di aver spezzato il legame tra mafia e politica a Napoli. Non crede che sia un successo ancora da verificare, legato soltanto alla moralità della sua giunta?
Mi sento di dire che si è dato un segnale forte. Abbiamo trasparenza nell’amministrazione e nelle gare d’appalto, istituendo una serie di norme e di buone pratiche che mi fanno pensare che, anche qualora tra qualche anno arrivasse qualcuno meno sensibile ai temi della legalità, sarebbe difficile tornare indietro.
Oltre all’aspetto politico c’è un aspetto sociale su cui intervenire. Come è stato fatto?
Il messaggio che da far passare è che, oltre alla legalità formale, serviva recuperare un sentimento di giustizia sociale. In questi anni c’è stata una forte sensibilizzazione civica contro la camorra, sono felice che i napoletani abbiano apprezzato il mio impegno, reso credibille dalla mia storia di magistrato.
Nel 2014 lei fu condannato per abuso d’ufficio in primo grado e assolto in Appello. In molti gridarono alle dimissioni, mentre oggi pare tornato di moda il garantismo. Che ne pensa?
Le storie sono processuali tutte molto diverse tra di loro, ma io credo che la questione morale vada oltre a fatti esclusivamente formali. Non ho mai pensato che l’iscrizione al registro degli indagati dovesse comportare automaticamente le dimissioni, e per fortuna vedo che anche i 5 Stelle hanno dovuto rivedere il loro atteggiamento forcaiolo. Anche perché, a quel punto, l’avviso di garanzia diventerebbe un’arma politica troppo potente in mano agli avversari. Detto questo, ci sono casi in cui i fatti sono evidenti e molto gravi ancor prima che inizi il processo e in quel caso le dimissioni sono un atto dovuto.
Ma un sindaco, in quei casi, a chi risponde? Agli ordini del partito o agli elettori che lo hanno votato?
Il diretto interessato, con la propria etica, sa se è opportuno fare un passo indietro. Un sindaco ha preso i voti a suffragio diretto, dunque il rapporto di fiducia è molto più con i cittadini che con il partito. Nel caso ci siano ombre, un sindaco deve dare spiegazioni agli elettori senza nascondersi e se è convinto della sua innocenza è giusto che vada avanti, senza che qualcun altro decida in base a regolamenti. Anche perché, e lo vediamo in questi giorni, i partiti – o i movimenti- cambiano idea molto spesso…
In questo momento ci sono tutte le condizioni per sfruttare la debolezza dei 5 Stelle e di Renzi, che nei mesi a venire dovrà stare attento anche ai referendum sul lavoro. Se tra un anno, quando si andrà a votare, non ci sarà una nuova alternativa forte, allora ecco che quelli che adesso sono deboli torneranno forti, più per assenza di altri che per aver recuperato credibilità.
Qualcuno la vede come futuro leader di un centrosinistra alternativo al Pd. Che progetto ha in mente e in che cosa sarebbe diverso da quello di Giuliano Pisapia?
Premetto che per il momento faccio felicemente il sindaco a Napoli, ma in futuro mi piacerebbe portare fuori dai confini della città un movimento che parta dal basso, molto radicato sul territorio, collegato con el fasce più deboli e che guardi a quella borghesia illuminata nauseata dalla politica. Il progetto di Pisapia può avere dei punti di contatto, tanto è vero che a Napoli governiamo con Sinistra Italiana, ma a noi non interessa costruire un centrosinistra che sembra nuovo, ma in realtà ha le stesse liturgiie e gli stessi nomi di sempre. Mi sembra che lo stesso Pisapia cerchi soltanto di spostare l’asse del centrosinistra dall’area di Alfano a quella alla sinistra del Pd, ma senza che cambino i rapporti di forza.Pier Luigi Bersani ha detto recentemente che il centrosinistra avrebbe bisogno di un nuovo Prodi. Mi pare di capire che secondo lei non è la strada giusta…
Io vedo un centrosinistra alla ricerca di un leader, questo famoso nuovo Prodi, con dentro un eventuale Pisapia. Poi ci sono i 5 Stelle e il centrodestra. Ci sarebbe spazio per una quarta via movimentista, che si riconosce nei comitati di difesa dei beni comuni e nelle esperienze civiche fortemente connotate da una rottura con il sistema.Non è quello a cui aspiravano i 5 Stelle?
Che però stanno evidenziando tutti i loro limiti, anche in realtà molto più piccole del caso Roma. La questione morale, che era il loro baluardo, scricchiola, mentre la loro identità è sempre più ambigua, tra Grillo che elogia Trump e un partito molto gerarchizzato, con grossi problemi di democrazia interna.E allora la quarta via…
In questo momento ci sono tutte le condizioni per sfruttare la debolezza dei 5 Stelle e di Renzi, che nei mesi a venire dovrà stare attento anche ai referendum sul lavoro. Se tra un anno, quando si andrà a votare, non ci sarà una nuova alternativa forte, allora ecco che quelli che adesso sono deboli torneranno forti, più per assenza di altri che per aver recuperato credibilità. Ma per il momento, ripeto, considero l’impegno di sindaco un onore, dunque è difficile pensare a scadenze brevi per un progetto nuovo.In ogni caso, prima o poi, si troverà di fronte lo stesso problema che ha avuto Grillo: creare una classe dirigente.
Non è facile, ed è per questo che ci vuole tempo per costruire un movimento credibile che regga alla prova dei fatti dimostrando davvero una rottura con il sistema. A Napoli ci siamo riusciti, ma nel momento in cui pensi a qualcosa di più grande devi stare attento a chi includi nel progetto, perché il programma non basta: serve il coraggio, l’autonomia, la forza di voontà, l’onestà di un singolo che si assuma la responsabilità.Lei è stato eletto due volte con la legge elettorale in vigore per i Comuni. Crede sia un sistema trasferibile in ottica nazionale?
Credo che a livello locale funzioni molto bene, tanto è vero che nelle classifiche degli indici di gradimento delle istituzioni i sindaci sono quelli che reggono meglio. Quella del “sindaco d’Italia” è un’idea che si può sperimentare, ma servirebbero dei correttivi che garantiscano rappresentatività territoriale anche in un sistema da cui, alla fine, emerge una sola persona.