Matteo Ricci (Pd): «Il congresso è l’unica strada, fidiamoci del nostro popolo»

«La scissione sarebbe un errore madornale, solo la parola infastidisce la nostra gente. Adesso subito il congresso. Orlando? Non ce lo vedo a fare il candidato di Bersani e D'Alema. Basta polemiche: l’avversario non è il renzismo, ma il populismo e l'incapacità dei Cinque Stelle»

«Fidiamoci del nostro popolo». Matteo Ricci, esponente della segreteria e responsabile Enti locali del Partito democratico, ha appena lanciato un appello contro il rischio di scissione. Insieme a lui, sindaco di Pesaro, hanno sottoscritto il documento alcuni giovani amministratori dem, dal governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini al sindaco di Firenze Dario Nardella. «Il congresso serve a definire quello che siamo e quello che vogliamo» spiegano. «Vogliamo e lavoriamo per un Pd coraggioso che non si rinchiuda nei caminetti, che apra porte e finestre e torni a parlare solo dei problemi dei cittadini. Per questo sosteniamo Matteo Renzi».

Ricci, è passata la linea del segretario. La direzione Pd ha deciso che si andrà a congresso in tempi brevi.
Mi pare l’unica soluzione. Si è evitato di andare a congresso subito dopo il referendum, come pure chiedeva la minoranza. Ma questi mesi sono stati uno stillicidio di dichiarazioni, polemiche, prese di posizione…. In Direzione abbiamo scelto l’unica strada per ripartire e mettere il Partito democratico in condizione di parlare al Paese.

Congresso in tempi brevi significa anche elezioni anticipate?
No, in Direzione non abbiamo parlato della data delle elezioni. Quell’appuntamento, peraltro, non dipende da noi. Ma dalle decisioni del presidente della Repubblica e del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Il congresso sarà un momento politico importante, ma scollegato dalle Politiche. Anche per questo ho appena sottoscritto un appello, insieme ad altri amministratori quarantenni, per chiedere di aver fiducia nel nostro popolo.

La minoranza invece chiede un momento di riflessione. Una conferenza programmatica.
Ma è quello che abbiamo già provato a fare. Quindici giorni fa a Rimini abbiamo riunito 1.500 amministratori del Pd per offrire un contributo culturale e programmatico al partito. E invece negli ultimi giorni il clima è peggiorato ancora. Si continua a parlare della data del voto, di polemiche… Chi vuole bene al Pd sa che era necessario fare un passo in avanti. A due mesi dalla sconfitta al referendum, Renzi ha giustamente deciso di dare la parola ai nostri elettori e militanti. Ci sarà tutto il tempo di discutere.

«Chi non condivide la linea del segretario, lo sfida al congresso. Ma chi perde è in minoranza, non esce dal partito. È la democrazia. Una scissione darebbe l’idea che in Italia non esistano movimenti democratici. E questo sarebbe un danno, non solo per il Pd»

Intanto l’avvio del percorso congressuale accende ulteriormente lo scontro nel partito.
Il problema, semmai, è che il congresso è iniziato già da un po’ di tempo. Anzi, forse non è mai finito.

Nel Pd siamo a un passo dalla scissione. L’ipotesi di rottura è davvero vicina?
Sarebbe un errore madornale, per il Partito democratico e per la politica italiana. In Italia abbiamo bisogno di partiti più forti. E poi scissione su cosa? C’è un congresso… Fidiamoci del nostro popolo, diamogli la parola. Nessuno si rende conto che il termine scissione è proprio quello che più infastidisce la nostra gente?

Parlando degli elettori persi, ieri Bersani ha detto che la scissione è già avvenuta. E su Renzi: «In Direzione ho visto solo dita negli occhi».
La Direzione era in diretta streaming, l’hanno vista tutti. C’è stata una discussione serena, mi sembra anche molto buona. Certo, ci sono delle diversità di vedute, è normale. Ma mi è sembrato un confronto molto rispettoso. Il punto politico è un altro: chi non condivide la linea del segretario, lo sfida al congresso. Ma chi perde è in minoranza, non esce dal partito. È la democrazia. Una scissione darebbe l’idea che in Italia non esistano partiti democratici. E questo sarebbe un danno, non solo per il Pd.

Sullo sfondo resta il tema della lealtà al governo Gentiloni. Il Pd potrebbe archiviare un altro esecutivo a guida dem?
Nessuno ha intenzione di sfiduciare il governo. Il presidente del Consiglio Gentiloni era presente alla Direzione, seduto accanto a Renzi. Tra loro c’è grande sintonia. Ripeto: se questa legislatura si interromperà prima del termine lo deciderà il presidente della Repubblica. E in ogni caso la scelta vedrà d’accordo Renzi e Gentiloni. Adesso smettiamola con questo dibattito sulle elezioni. La direzione del Pd ha deciso di convocare il congresso, non altro.

«La scissione sarebbe un errore madornale. E poi su cosa? C’è un congresso… Fidiamoci del nostro popolo. Nessuno si rende conto che il termine scissione è proprio quello che più infastidisce la nostra gente?»

E secondo lei qual è lo scenario più probabile? Si voterà in autunno?
Per quanto mi riguarda io avrei preferito evitare il congresso e fare l’election day a giugno, unendo politiche e amministrative. In ogni caso resta poco tempo. Al massimo si andrà al voto al termine della legislatura, la data ultima è febbraio 2018. Prepariamoci alla sfida che vedrà da una parte un fronte di innovatori e riformisti e dall’altra populisti e urlatori.

Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha preso le distanze dalla linea di Renzi. Potrebbe essere un avversario per la leadership del segretario?
Spero proprio di no. Orlando è una delle figure più intelligenti che abbiamo nel Partito democratico. Non ce lo vedo a fare il candidato di Bersani e D’Alema. E onestamente credo che non sia neppure una sua ambizione.

Lei cita Massimo D’Alema, è lui il principale avversario di Renzi nel Partito democratico?
Devo dire che negli ultimi mesi D’Alema non mi è neppure sembrato far parte del Pd. Penso ad alcune sue iniziative e posizioni espresse. In generale è normale che ci sia un dibattito interno. Ma bisogna aver chiaro che l’avversario non è il renzismo, ammesso che esista. Il nostro avversario è il protezionismo, il trumpismo, il populismo, l’incapacità dei Cinque Stelle… Come è accaduto in passato, anche dopo congressi durissimi bisogna avere la capacità di ritrovare l’unità.

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