Lottano per salvare una lingua che non parla più nessuno. Sono incaponiti, testardi e resistenti, studiano le parole, si sforzano di utilizzarle nel quotidiano ma, perlopiù, scrivono poesie e canzoni. Succede in Lettonia, dove poche decine di giovani cercano, ogni giorno, di allungare la vita del livone, lingua morta nel 2013 (anno in cui è passato a miglior vita l’ultima native-speaker, cioè Grizelda Kristina).
Nella loro fatica sono aiutati dal Livonian Cultural Centre (Līvõ Kultūr Sidām, in livone), e da molta passione. Per loro non si tratta solo di un salvataggio in extremis di un patrimonio culturale che altrimenti andrebbe perduto: è una forma di riscatto e di recupero delle radici.
Lo spiega, dilungandosi forse un po’ troppo, questo articolo di Atlas Obscura. Il livone, a differenza del lettone, non è una lingua indo-europea. Appartiene al ceppo ugro-finnico, una piccola famiglia che comprende ungherese, finlandese e lettone. Come spiega l’articolo, ha una sonorità complessa e cadenzata: “Sembra quasi italiano” (e questo lo potranno giudicare i lettori italofoni, ascoltandolo qui sotto)
All’inizio del ’900 la costa di Kurzeme ospitava qualche villaggio in cui si parlava livone. Poi arrivarono le armate del Kaiser, durante la Prima Guerra Mondiale, e spinsero molti degli abitanti a spostarsi all’interno. Poi i nazisti, e poi ancora i sovietici. Con la Guerra Fredda la Lettonia divenne parte del confine tra il blocco sovietico e quello atlantico. I villaggi furono murati, l’industria della pesca morì (tranne a Kolka) e molti abitanti si trasferirono a Riga, dove smisero di insegnare il livone ai figli. Parlavano solo il lettone.
Al momento del crollo dell’Urss, tornò di moda il nazionalismo lettone, e anche il livone ebbe qualche chance. Ma ormai la catena di trasmissione si era interrotta. Nessuno lo conosceva più davvero, e solo pochissimi riuscivano a praticarlo. Ormai, a parte per archeologi delle lingue e accademici, non ha più senso studiarlo. Solo Linda Zonne, sulla sua pagina facebook, si ostina a impartire piccole lezioni di livone, anche traducendo episodi di Peppa Pig. Ma a parte per pochi eccentrici, la lingua è finita negli abissi della storia.