L’idea migliore che può avere un negozio: diventare un punto di incontro per appassionati

Che siano runner o amanti di viaggi, i clienti premiano chi fa dei negozi un punto di ritrovo attraverso eventi e corsi. E apprezzano i commessi sinceramente appassionati a quello che vendono. Se si segue questo approccio la tecnologia può diventare la prima alleata dei negozianti

AFP PHOTO / DENIS CHARLET

“Quando l’innovazione batte la crisi” è il tema della dodicesima edizione di Retail innovations, condotta dal network internazionale Ebeltoft Group e presentata in Italia da Kiki Lab.

La ricerca ha analizzato 200 casi in 30 Paesi e ne ha selezionati 30 in 19 Paesi, in grado di emergere e di fornire utili indicazioni a tutta la business community attraverso le tendenze emergenti nel settore. Le quattro macro tendenze individuate sono: smart shopping, responsibility, interactions e brand intensity.

«Chi gioca la propria partita nel retail – spiega Fabrizio Valente fondatore di Kiki Lab – deve cambiare modo di ragionare e l’innovazione è la linfa vitale» in un panorama disruptive, nel quale online e offline, negozio fisico e negozio digitale, viaggiano ormai, in tutti gli esempi presentati, lungo un solo binario, con un’integrazione verso una o l’altra direzione ormai consolidata. «L’equilibrio vincente scaturisce dall’integrazione delle due dimensioni. Solo in questo modo il retail avrà successo», puntualizza Valente. E il fatto che il campione del commercio online stia sviluppando i negozi Amazon Books, dove le modalità sia espositive sia di referenziamento sono mutuate dall’esperienza online (i libri meglio valutati dai lettori insieme ai best seller, l’esposizione frontale, fino ai prezzi liquidi, che variano in funzione del cliente), la dice lunga su dove porterà questa integrazione. Che ormai è entrata nel comportamento delle persone. Non solo dei millennial.

Per un paradosso, però, la pervasività della tecnologia ha condotto alla valorizzazione degli aspetti relazionali nel punto vendita che diventa, in diversi dei casi analizzati, un luogo di incontro, dove si svolgono anche eventi e manifestazioni, e dove gli addetti diventano più consulenti e appassionati del settore di cui si occupano, che dei venditori, in quello che felicemente è stato definito come “far fare alle persone le persone”, vale a dire che oltre un certo punto lo scambio tra persone non ha rivali. Purché gli addetti siano adeguatamente formati, come sta facendo da oltre un anno Decathlon con il progetto di responsabilizzazione del personale, che prevede attraverso workshop e communities in rete un percorso di coinvolgimento, di valorizzazione delle idee, di coaching e di scambio di esperienze tra tutti i collaboratori della catena che hanno più un approccio da freelance che da impiegati. «L’obiettivo è di favorire la diffusione della cultura aziendale a tutti i livelli, aumentare l’iniziativa, la condivisione, la curiosità e l’autonomia decisionale. Chi è a contatto con il cliente deve poter decidere», spiega Andrea Boldrin, direttore risorse umane Decathlon.

«Chi gioca la propria partita nel retail deve cambiare modo di ragionare e l’innovazione è la linfa vitale. L’equilibrio vincente scaturisce dall’integrazione di offline e online. Solo in questo modo il retail avrà successo»

Più informazioni e personalizzazione

Una recente indagine condotta da Icsc (International council of shopping centers) rivela che i consumatori di tutte le età ricercano l’integrazione della tecnologia e dello shopping e in particolare ritengono che la tecnologia sia ormai pronta per rendere più facile l’accesso alle informazioni e lo shopping.

Secondo il survey dell’Icsc, i consumatori hanno dichiarato che entro il 2020 vogliono avere accesso ai prodotti nel negozio senza coinvolgere un venditore (62%), visualizzare come inserire i mobili e i complementi d’arredo in una casa prima di acquistarli (55%), compilare la lista della spesa sull’app del punto vendita e ricevere una mappa per localizzare i prodotti (54%).

Dalla raccolta di informazioni per l’acquisto al check-out in negozio, la tecnologia migliora e facilita l’esperienza dello shopping. In questo senso il click & collect ne è il miglior esempio: il 73% degli intervistati ha acquistato un prodotto da dispositivo mobile e lo ha ritirato in negozio. Ma per i consumatori intervistati l’obiettivo chiave è la personalizzazione dell’esperienza di shopping: l’80% di chi ha l’app di un centro commerciale sceglie di ricevere le notifiche su promozioni o eventi speciali durante lo shopping, il 44% degli intervistati vuole avere accesso ad applicazioni o totem nei punti vendita che rendano facile ottenere informazioni come gli ingredienti degli alimenti per le allergie o le esigenze dietetiche, il 43% è ricettivo all’idea di prezzi personalizzati sulla base dei propri modelli di acquisto e il 39% si recherebbe in un centro commerciale più spesso se ricevesse notifiche dai negozi che vendono prodotti di suo interesse.

La pervasività della tecnologia ha condotto alla valorizzazione degli aspetti relazionali nel punto vendita che diventa un luogo di incontro, dove si svolgono anche eventi e manifestazioni

La tecnologia guida il cambiamento

I risultati di questo recente survey calzano perfettamente con i casi di Retail innovations, nei quali l’uso della tecnologia è il filo rosso che collega le innovazioni individuate e viene declinato con maggiore o minore intensità secondo il focus che il retailer vuole evidenziare. Anzi, proprio grazie alle tecnologie impiegate il panorama del retail offre idee non massificate con un ventaglio di soluzioni che definiscono e differenziano i diversi operatori.

Certamente la macro tendenza smart shopping è quella in cui la tecnologia è preponderante. Si va infatti dal punto di ritiro e consegna di pacchi 24/7 completamente autogestito di Canada Post, compreso il servizio drive e il camerino per provare l’indumento acquistato online (ed eventualmente rispedirlo immediatamente), alla ristorazione rapida dell’americano Eatsa, dove i clienti possono ordinare su iPad la propria insalata totalmente personalizzata, pagano con carta o con lo smartphone e poi ritirano il cibo da un locker trasparente e digitale quando compare il loro nome. Tutto avviene senza interazione tra clienti e addetti, è 100% self service con il vantaggio della velocità nel servizio e della riduzione dei costi per il retailer.

Ma smart shopping significa anche creare coerenza tra il display online e il negozio. Lo insegna la spagnola Pangea, che ha aperto l’agenzia di viaggi più grande del mondo a Madrid, dove in 1500 metri quadrati gli appassionati di viaggi possono navigare e fare acquisti su uno dei 40 schermi touch o essere consigliati di persona da addetti, essi stessi viaggiatori esperti di una specifica area. Naturalmente il coffee shop, la libreria, aree per eventi e incontri non mancano.

L’inglese Bloom&Wild, e-tailer di fiori, ha invece puntato su un packaging innovativo che mantiene freschi i fiori per tutta la spedizione e ha forma e dimensioni tali da inserire la confezione nelle cassette postali delle case britanniche, totalmente standardizzate.

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Gli addetti diventano più consulenti e appassionati del settore di cui si occupano, che dei venditori, in quello che felicemente è stato definito come “far fare alle persone le persone”

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