Renzi e Salvini? Dicono spesso le stesse cose

I due Matteo allo specchio: anche se le ricette sono diverse, su sicurezza, immigrazione ed Europa i leader di Pd e Lega usano spesso lo stesso linguaggio. Per non parlare dell'approccio individualista alla politica, che i congressi dei due partiti stanno esaltando

I due Matteo della politica italiana hanno tre o quattro cose in comune, oltre alla reciproca inimicizia politica. E le campagne per le primarie del Pd e della Lega lo hanno messo in risalto, insieme – ovviamente – alle profonde differenze di fondo. Matteo Renzi e Matteo Salvini esprimono mondi diversissimi, parlano a platee opposte. E hanno obiettivi divergenti. L’integrazione dell’Italia nell’economia globale, il rieletto segretario del Pd. Il revanscismo nazionalista, il segretario ricandidato della Lega Nord. Ma su alcuni temi si può ormai dire che spesso – parli Renzi o parli Salvini, populista di sinistra o populista di destra, direbbero i rispettivi critici – sembra di sentir parlare lo stesso linguaggio. E una spiegazione può essere immediata: sono temi su cui gli elettori si mobilitano più velocemente. Spostano voti.

Sicurezza, immigrazione, Europa. Eccola la short list comune dei due Matteo. Con un quarto punto, l’approccio alla politica, che dà il tono ai primi tre, di cui bisognerà per forza parlare alla fine. La sicurezza, anzitutto. Il 25 aprile Salvini ha radunato i leghisti a Verona per una contromanifestazione dedicata non alla Liberazione dal nazifascismo ma al sostegno della legittima difesa, perché “la difesa – slogan ormai consolidato – è sempre legittima”. Il giorno dopo, il 26, Renzi è andato al confronto fra i candidati segretario del Pd a Sky e ha rilanciato: “Sulla legittima difesa va fatta una legge molto più seria di adesso”. Controcorrente rispetto alla linea tradizionale Dem, secondo l’ex premier quello della sicurezza non è un tema di destra. La mattina seguente, il 27 aprile, Renzi ha incontato amministratori locali suoi sostenitori a Pioltello, periferia difficile di Milano, ed è andato ancora oltre, pronunciando una frase che in bocca a Salvini non stonerebbe: “Tutte le statistiche dicono che la criminalità sta diminuendo, ma la nostra percezione dice il contrario, quindi dobbiamo fare un grande investimento sulla sicurezza”.

Il 25 aprile Salvini ha radunato i leghisti a Verona per una contromanifestazione dedicata non alla Liberazione dal nazifascismo ma al sostegno della legittima difesa, perché “la difesa – slogan ormai consolidato – è sempre legittima”. Il giorno dopo, il 26, Renzi è andato al confronto fra i candidati segretario del Pd a Sky e ha rilanciato: “Sulla legittima difesa va fatta una legge molto più seria di adesso”

Non è che la ricetta del segretario del Pd sia uguale a quella della Lega. Anzi. Per Renzi, “a un euro investito in sicurezza deve corrispondere un euro investito in cultura”. Per Salvini, occorre fare “una pulizia di massa” fra criminali, inquilini abusivi di case popolari e immigrati, spesso e volentieri associati fra loro. Qui il primo tema, la sicurezza, si intreccia comunque con il secondo, l’immigrazione. Per Renzi (che non negherebbe lo ius soli), i soccorsi di migranti nel Mediterraneo sono “l’orgoglio” dell’Italia. Per Salvini (sostenitore dello ius sanguinis), sono soprattutto “un business” a favore delle cooperative. Eppure, dal 2013 – quando entrambi, negli stessi giorni di dicembre, sono stati eletti segretari dei rispettivi partiti – Renzi ha assunto posizioni sempre più rigorose sull’immigrazione. I colpi mediatici dicono una cosa: chiudendo la festa dell’Unità a Milano, nel 2015, il leader del Pd allora a capo del Governo ha definito “bestie contro umani” le posizioni sui migranti della sinistra e della destra, mentre il leader della Lega gli ha risposto dandogli del “verme”. Ma alla fine, Renzi e Salvini offrono un messaggio per certi versi simile ai propri elettori: nelle dichiarazioni meno roboanti, entrambi chiedono di spostare il problema dei flussi migratori verso i Paesi di provenienza.

Per Renzi, “a un euro investito in sicurezza deve corrispondere un euro investito in cultura”. Per Salvini, occorre fare “una pulizia di massa” fra criminali, inquilini abusivi di case popolari e immigrati, spesso e volentieri associati fra loro

L’Europa è il terzo terreno di amore-odio fra i due Matteo. La Lega, si sa, ha tifato per la Brexit e vorrebbe far uscire l’Italia dall’euro. Il Pd è un partito invece europeista, che il 25 aprile ha sfilato a Milano con le bandiere blu dell’Unione e a Bruxelles siede insieme ai socialisti. Salvini abbraccia Marine Le Pen, con cui è alleato e chiede la chiusura di tutte le frontiere. Renzi ha portato Angela Merkel a Ventotene, per rilanciare l’Europa senza barriere. Ma in fondo in fondo sia il leader della Lega sia il leader del Pd condividono la convinzione che una rinnovata retorica patriottica “contro i burocrati di Bruxelles”, a cui addossare per esempio la colpa proprio dell’emergenza immigrazione, porti voti da destra come da sinistra. Salvini se la prende con quelli che decidono le dimensioni delle cozze, Renzi con quelli che chiedono all’Italia di aggiustare i conti. Entrambi chiedono una riforma in senso maggiormente democratico delle istituzioni europee: Salvini perché abbiano meno potere, Renzi perché ne abbiano di più. Il risultato è che nessuno dei due è percepito come un leader veramente europeista. Ultimamente agli incontri dei leghisti e dei renziani risuona spesso lo stesso slogan: “Sì all’Europa dei popoli, no all’Europa delle banche”.

Durante la campagna per le primarie, Renzi ha iniziato a parlare anche di un altro tema che è sempre stato di Salvini: sostenere i padri separati, “vittime della crisi”. Per non dire della risposta standard sulle alleanze: i due Matteo si alleano solo “con gli italiani”. Ma a questo punto si tratta di dettagli. Domenica Renzi sarà ufficialmente (di nuovo) segretario del Pd. Il 21 maggio con ogni probabilità sarà rieletto anche Salvini alla guida della Lega Nord, al congresso federale di Parma. Due personaggi che si guardano allo specchio e che hanno – quarto e ultimo punto – un comune approccio alla politica. Un rapporto diretto con i propri sostenitori. Una gestione accentrata del partito e della propria immagine (confrontare le foto di Renzi e Salvini a Lampedusa). E una convinzione di fondo: quello che c’era prima di loro non conta più.

@ilbrontolo

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