I cinque errori più comuni che fate quanto scrivete (e che sarebbe meglio evitare)

La precisione è importante, anche se ormai tutti scrivono di fretta e alcuni errori sono diventati molto frequenti. Alcuni utili suggerimenti per non lasciare che la sciatteria abbia la meglio sulla precisione

DANIEL LEAL-OLIVAS / AFP

Mi sembra che il linguaggio venga sempre usato in modo approssimativo, casuale, sbadato, e ne provo un fastidio intollerabile”. Così scrive Calvino in Lezioni Americane, affrettandosi con garbo a chiarire che il suo fastidio non è per le altre persone, ma per sé stesso e che la Letteratura è “la Terra Promessa in cui il linguaggio diventa quello che veramente dovrebbe essere”.

Senza necessariamente dover tendere all’ansia di perfezione che animava il Calvino cultore della parola, nella quotidianità il nostro scrivere pecca sovente di approssimazione e sbadataggine.
Un esempio, gli errori di grammatica e di sintassi: magari non a tutti potranno dare fastidio, ma si tratta pur sempre di una forma di scarsa cura e attenzione.

Immagina di ricevere una lettera di presentazione sgrammaticata in accompagnamento a un curriculum vitae: che impressione avrai del candidato?
Noi tutti tendiamo a essere giudicanti e spesso, nolenti o volenti, il poco tempo ci impone di fare una selezione.
“Se scrivi così male alla tua prima occasione di contatto, chissà in futuro; se hai dedicato così poca cura a qualcosa di importante come la ricerca di lavoro, chissà in futuro…”. Questi e altri pensieri aleggiano nella mente.

Nel ruolo senza fine di vittime e carnefici, queste sono le sensazioni che si provano.

Una mail piena di errori suscita fastidio, nonostante oggi la soglia di attenzione e capacità di riconoscere quegli stessi errori si sia pericolosamente abbassata.
Abdicare del tutto a ogni forma di controllo e auto controllo non si può, perché tutelare una lingua è come proteggere una preziosa eredità, come tale non meritata: la si deve condividere e valorizzare. In quell’eredità c’è un passato, una storia. In una parola, vita.

Immagina di ricevere una lettera di presentazione sgrammaticata in accompagnamento a un curriculum vitae: che impressione avrai del candidato? Una mail piena di errori suscita fastidio, nonostante oggi la soglia di attenzione e capacità di riconoscere quegli stessi errori si sia pericolosamente abbassata.

Ecco 5 errori comuni, a cui dire semplicemente NO!

  1. Il soggetto separato dalla virgola: il cane, mordeva l’osso con ferocia.

  2. L’articolo “un” declinato al maschile non vuole l’apostrofo: un’altro collega mi mostrò la proposta.

  3. “Gli” è un pronome maschile che va riferito a un uomo, soprattutto negli scritti formali: ho visto Maria e gli ho detto del furto.

  4. La “s” plurale dei termini inglesi ormai acquisiti dall’italiano – i forestierismi – va tolta: i managers dell’azienda Rossi sono in trasferta.

  5. L’uso dell’indicativo al posto del congiuntivo: se venivo io, avrei risolto.

Comunicare, per iscritto o oralmente che sia, è un gesto verso gli altri per instaurare una relazione.

Immagina di ricevere qualcuno per la prima volta a casa tua: entra, si spaparanza sul divano, mette i piedi sul tavolino e inizia a parlare. Che impressione ne ricaveresti?
Ecco, qualche volta la nostra modalità di comunicare ha la stessa potenza brutale.

L’ipocrisia omertosa della nostra socialità ci impone di non segnalare l’errore, salvo poi depennare la persona dalle nostre frequentazioni.
Dai una chance a te e a questa persona, non passando sopra all’errore ma segnalando la scorrettezza.
Io parlo male l’inglese e ogni elogio mi ha sempre infastidita. Ho molto più apprezzato le occasioni in cui mi veniva detto “Bello che tu sappia così bene l’inglese, nonostante non sia la tua lingua madre, tuttavia mi permetto di segnalarti che…”.

Chi muove delle critiche e dà un riscontro, indipendentemente dal fatto che sia mosso da buone o cattive intenzioni, si è preso comunque la briga di farmi una consulenza gratuita. E non si butta via niente.

La precisione non è pedanteria, ma una via per non superare il limite tra la mirabile arte della semplicità e la bruttezza della banalità, l’asfissia della trasandatezza e la tristezza della noncuranza.

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