Negli ultimi dieci anni la nostra vita quotidiana è stata scossa da una delle più grandi rivoluzioni della storia dell’uomo: la diffusione capillare di strumenti multifunzionali di telecomunicazione che chiamiamo smartphone. Ormai sono oggetti più che familiari, di quelle cose come gli occhiali da vista, di cui non possiamo più fare a meno, di quelli che è impensabile dimenticare a casa per un giorno intero. Ma se questi strumenti hanno migliorato e di molto parecchi versanti della nostra vita, ma nel contempo ne stanno distruggendo un altro, a colpi di notifiche.
Sì, le notifiche, quei pallini rossi che appaiono nell’angolo delle nostre app e che emettono suoni o vibrazioni più di un centinaio di volte al giorno per ognuno di noi. Per capire un attimo le dimensioni del problema: uno studio americano del 2016 ha stabilito che una persona adulta media in possesso del proprio smartphone lo controlla circa 47 volta al giorno, cifra che quasi si raddoppia per gli utenti di fasce di età più giovani. La stessa Apple, come riporta David Pierce in un articolo proprio dedicato alle notifiche pubblicato su Wired qualche giorno fa, ha “proudly announced in 2013 that 7.4 trillion push notifications had been pushed through its servers”.
7,4 trillions significa 7,4 mila miliardi. Solo dai server di Apple. E se pensate che ognuna di queste notifiche è un bip sul vostro telefono, o una vibrazione, o semplicemente un pallino rosso che vi appare nell’angolo alto di una app pensato apposta per farvi salire la curiosità e guadagnare la vostra attenzione, be’, allora avete intuite più o meno le dimensioni del problema.
Basta un commento su Facebook, un messaggio su Messenger, un like su Instagram, un retweet su Twitter, o ancora, un nuovo prodotto appena messo online da Netflix, una richiesta di contatto da uno sconosciuto su Linkedin, e non abbiamo ancora contato le notifiche “old school”, ovvero quelle degli sms e delle telefonate. La nostra vita è stata talmente invasa dalle notifiche da aver fatto scomodare addirittura degli psicologi per capire quali fossero gli effetti di tutti quegli input sul nostro cervello.
Siamo di fronte alla dipendenza più estesa della storia del mondo e, se non facciamo qualcosa per disintossicarci il nostro cervello ne pagherà delle durissime conseguenze
Se non fosse che ormai ce ne siamo accorti tutti, il responso sarebbe clamoroso: già nel 2012 gli psicologi parlavano tranquillamente di “addiction” e di “disorder”. A venire intaccato dal sistema delle notifiche — che non a caso è stato implementato da tutte le piattaforme grazie anche alla collaborazione di neuroscienziati — è la produzione di dopamina, una sostanza che è legata al piacere, ma anche al bisogno. Ogni qualvolta riceviamo una notifica, nel nostro cervello è come se si accendesse di colpo un bisogno impellente, quello di cliccare, di sapere, di conoscere, di essere in contatto, sfogare un istinto di curiosità indotto proprio dalle notifiche, una sorta di reazione pavloviana creata ad arte che però ha degli effetti molto pesanti sulla nostra vita.
Oltre al già citato influsso sul ciclo della dopamina, che, giusto per mettere in chiaro le cose, ha un funzionamento che è molto simile a quello delle droghe, le notifiche hanno anche altri effetti sul nostro comportamento e sulla nostra fisiologia: si va da una vera e propria dipendenza — esattamente al pari delle droghe pesanti e dell’alcool — a un aumento vertiginoso dello stress, a un abbassamento costante dell’appagamento che provoca un necessario aumento delle “dosi”; a un overload di informazioni che produce frustrazione, fino a un drammatico abbassamento della capacità di concentrarci, soprattutto dovuto al fatto che le notifiche interrompono continuamente il nostro ciclo dell’attenzione.
C’è soltanto una soluzione davanti a questo scenario, ed è la stessa che ha davanti un eroinomane. Smettere. Intendiamoci, non smettere di avere un cellulare — sarebbe soltanto un vezzo da luddista e in fondo sarebbe stupido — ma smettere di ricevere notifiche, disabilitarle tutte. Chi ci ha provato ha visto risultati incredibili, ma ha anche testimoniato — a dimostrazione di quanto siano tossiche — di aver dovuto affrontare un periodo di sofferenza che ricorda molto da vicino le crisi di astinenza di chi smette di bere, di drogarsi o di fumare.
C’è un dettaglio che dovrebbe metterci fretta e convincerci che siamo tutti in pericolo e che è il caso di attivarsi per metterci una pezza, ed è un dettaglio abbastanza evidente: questa delle notifiche è una dinamica che coinvolge una quantità inedita di persone al mondo. Insomma, siamo di fronte alla dipendenza più estesa della storia del mondo e, se non facciamo qualcosa per disintossicarci il nostro cervello ne pagherà delle durissime conseguenze.