Destra e sinistra? Sono la stessa cosa. Non è il titolo di una canzone di Giorgio Gaber o un post di Beppe Grillo. È il risultato di un sondaggio dell’Ifo institute e del Frankfurter Allgemeine, a cinque giorni dalle elezioni federali in Germania.
Secondo un gruppo di 130 economisti tedeschi, i programmi dell’Unione cristiano democratica (Cdu) di Angela Merkel e quello del Partito socialdemocratico tedesco (Spd) dello sfidante Martin Schulz, sono sovrapponibili. Fisco, tasse, ambiente, famiglia e scuola. Dopo quattro anni di Grosse Koalition, le ricette dei due partiti per risolvere i problemi del Paese sembrano le stesse. Qualche differenza c’è, nelle proposte per il mercato del lavoro: ma solo per il 40% degli economisti coinvolti nel sondaggio.
Tra l’originale e la copia, tutti scelgono, ovviamente, l’originale. Anche i tedeschi. Per questo Schulz è crollato nei sondaggi. Secondo l’istituto Ard-Deutschland Trend, l’Spd è al 20% dei consensi, 17 punti indietro alla Cdu. Sarebbe il peggior risultato di sempre per i socialisti, ancora meno del misero 25,7% ottenuto nelle elezioni del 2013.
Schulz ci ha messo del suo: quando ha provato a distanziarsi dall’alleato di Governo, l’ha fatto con una proposta fallimentare come l’idea di abolire le riforme dell’Agenda Schroeder, che avevano portato la disoccupazione ai minimi storici (5%). Quando invece Schulz ha inseguito la Cdu sul tema della sicurezza e rifugiati, le sue proposte sono sembrate un’eco di quanto fatto, detto e promesso già da Merkel.
Lo si è visto nel dibattito televisivo del 3 settembre, i due candidati erano d’accordo su molti temi: pensioni, rapporto con la Turchia, sicurezza, rifugiati. L’unico vero attacco di Schulz? Sul milione di profughi siriani accolto dalla Germania nel 2015. Ma si è trattato di una critica più al metodo che al merito. Sottigliezze politiche che non fanno presa sull’elettore medio.
Troppe somiglianze (e convergenze) verso il centro rischiano di lasciare il campo scoperto agli etremismi. Alternative fur Deutschland, il partito xenofobo ed euroscettico nato nel 2013 ha sfondato il muro del 10% nei sondaggi e rischia di diventare la terza forza del Paese. Per la prima volta nelle elezioni tedesche ci sono almeno sei partiti che possono superare la soglia del 5% e accedere alla Bundestag. Una frammentazione che non permetterà ad Angela Merkel di governare da sola.
La Cancelliera vorrebbe rifare il governo del 2009 con i liberali, ma invece si troverà davanti a una alternativa secca. O uno schema “Giamaica”, chiamato così per i colori dei tre partiti: Cdu (nero), i liberali del Partito Democratico Libero (giallo) e Alleanza90/I Verdi Partito che formano la bandiera del Paese caraibico, oppure una ripetizione della Grosse Koalition.
Secondo Dino Amenduni, socio dell’agenzia di comunicazione Proforma, non si tratta della scomparsa di sinistra e destra, o del fatto che siano sempre più simili. «La Germania è un unicum. Ha un sistema proporzionale che porta alla frammentazione e costringerà quasi sicuramente a una grande coalizione. Non ci potrà essere un governo esclusivamente Cdu o Spd, e questo condiziona le proposte dei partiti. Le elezioni diventano quasi delle mega primarie tra leader e allora gli elettori scelgono non le idee del partito, ma la persona più credibile. In questo Schulz è svantaggiato rispetto a Merkel che fa la Cancelliera ininterrottamente dal 2005».
Insomma sinistra e destra non sono morte, né sono la stessa cosa. Sono i politici di turno a rafforzare o svigorire la propria identità a seconda del sistema elettorale e dalla loro necessità di rafforzare la propria base o governare.
Nonostante quello che sostengono i ricercatori tedeschi, se guardiamo agli altri paesi europei è difficile dire che sinistra e destra siano la stessa cosa. Le elezioni di quest’anno in Austria, Olanda e Francia hanno portato al crollo dei partiti socialisti e laburisti. Mentre sono cresciuti tanto i partiti che hanno puntato su valori storici di un certo tipo di destra xenofoba e sovranista: Marine Le Pen in Francia, Geert Wilders in Olanda, Norbert Hofer in Austria.
Più che di uguaglianza tra destra e sinistra è il caso di parlare dello spostamento a destra dei partiti di sinistra, insomma. Soprattutto sui temi economici. L’idea viene proprio da un tedesco, Otto Kirchheimer, che formulò negli anni ‘50 la teoria dei catch-all parties: i “partiti pigliatutti”. Cioè la tendenza dei partiti con ambizione di governo di cercare il più ampio elettorato possibile, sfondando al centro. Quando i leader di partito non si accontentano della loro base identitaria, sono pronti a ridurre il loro bagaglio ideologico e al diminuire l’importanza verso i singoli iscritti.
Un esempio italiano: far uscire il Partito Democratico dal suo storico fortino elettorale è stato, ed è tuttora, uno dei capisaldi della proposta politica dell’attuale segretario del Partito Democratico Matteo Renzi. Un’eresia per molti elettori storici del partito erede del PCI. Tanto che quando Renzi corse nel 2012 contro Bersani per la carica di Presidente del Consiglio, l’Unità definì “fascistoidi” le sue proposte. Lo scorso luglio il braccio destro di Renzi e attuale sindaco di Firenze, Dario Nardella ha lanciato di nuovo l’idea di un PD 4.0: “Un movimento allargato, a destra e a sinistra, che vada oltre la forma partito.”
«È vero -precisa Amenduni, che curò la campagna elettorale #cambiaverso di Renzi per la segreteria del PD nel 2013-. Dal punto di vista economico ci sono stati programmi molto simili tra partiti di centrodestra e centrosinistra. Ma non bisogna fare confusione tra il concetto di destra e sinistra dal punto di vista culturale e il comportamento dei singoli leader. Un conto sono due visioni del mondo diverse in tema di diritti, accoglienza e politica estera. Un altro sono le scelte fatte dai leader dei partiti per raggiungere degli obiettivi».
Insomma sinistra e destra non sono morte, né sono la stessa cosa. Sono i politici di turno a rafforzare o svigorire l’identità del partito che guidano a seconda del sistema elettorale e dalla loro necessità di rafforzare la propria base o conquistare un elettorato più ampio.
Un esempio è il partito laburista inglese. Con la vittoria di Tony Blair nel 1997 si disse che la sinistra era morta e ora lo stesso partito è guidato dal Jeremy Corbyn che ha perso le elezioni ma ha rafforzato la sua base giocando la campagna elettorale sui temi tipici della sinistra.
Stesso discorso per un altro esponente della “terza via” post socialista, il pragmatico Gerhard Schröder. La sua riforma economica che guardava alla felssibilità nel mercato del lavoro, spaccò la Spd nel 2003 e dalla scissione nacque il partito di estrema sinistra Die Linke. Quelle riforme furono portate avanti da Merkel e ora sono rinnegate proprio da Schulz, desideroso di smarcarsi dall’alleata di Governo, senza successo.