Stepchild adoption, tribunale che vai sentenza che trovi

Senza una legge valida per tutti, da Nord a Sud cominciano a delinearsi decisioni a macchia di leopardo sui destini dei bambini con due mamme o due papà. Appesi ad articoli, commi di legge e interpretazioni “in punta di diritto” del giudice di turno

La stepchild adoption è sparita dalla legge Cirinnà, ma non dalla realtà. Dopo lo stralcio della possibilità di adottare il figlio del compagno per le coppie gay, la palla è passata in mano ai giudici. E senza una legge valida per tutti, da Nord a Sud cominciano a delinearsi decisioni a macchia di leopardo sui destini dei bambini con due mamme o due papà. Dalle sentenze che riconoscono appieno l’adozione emesse dai tribunali per i minorenni di Bologna e Roma, all’accoglimento con “raccomandazione” non richiesta di quello Venezia, fino al no di Palermo e al dietrofront di Milano e Torino. Coppie e minori appesi ad articoli, commi di legge e interpretazioni “in punta di diritto” del giudice di turno.

Era l’agosto 2014 quando il tribunale per i minorenni di Roma, presieduto da Melita Cavallo, emetteva la prima sentenza favorevole alla stepchild adoption, dicendo sì all’adozione di una bambina nata con procreazione assistita all’interno di una coppia di due donne romane sposate in Spagna. Quasi due anni dopo, nel maggio 2016, anche la Cassazione ha confermato la decisione. Un sì alla stepchild adoption, arrivato solo pochi giorni dopo lo stralcio dell’adozione coparentale nella legge Cirinnà.

Un sì che, come prevede l’ordinamento italiano, non costituisce però un vincolo per i giudici. E il panorama delle sentenze emesse finora lo dimostra (come spiega anche la rivista specialistica Articolo 29). «Tra le sentenze negative, l’ultima è quella del tribunale per i minorenni di Palermo del luglio scorso», spiega Angelo Schillaci, ricercatore dell’Università La Sapienza di Roma e membro del gruppo legale di Famiglie Arcobaleno. «I tribunali per i minorenni di Milano e Torino invece avevano già contestato la sentenza della Cassazione, dicendo che l’adozione in casi particolari prevista dalla legge sulle adozioni all’articolo 44 non si applica alle coppie omosessuali. Ma le sentenze poi sono state ribaltate entrambe in appello».

Perché la legge Cirinnà, anche se non è riuscita a portare a casa la stepchild adoption, contiene comunque una clausola di salvaguardia in cui si dice che «resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti». Cavilli del diritto che sono una speranza per le coppie omosessuali. «Sia il tribunale di Bologna sia la Corte d’Appello di Milano hanno confermato le adozioni alla luce di questo comma», spiega Schillaci.

L’ultima tegola in testa alle famiglie arcobaleno, però, è arrivata da Palermo. I giudici siciliani, pur riconoscendo i principi ribaditi dalla Cassazione, si appellano a due articoli della legge sulle adozioni per negare la stepchild adoption a una coppia di due donne che hanno contratto unione civile. «Fanno un ragionamento sottile», commenta Schillaci, «dicendo che le adozioni particolari si applicano solo se l’adottante è coniugato con il genitore legale. E nel caso in cui non siano coniugati, l’adozione comporterebbe la decadenza del genitore legale». Richiesta rispedita al mittente, dunque, che avrà sicuramente un seguito anche in appello.

Finché le famiglie arcobaleno saranno affidate ai giudici, il rischio di tutela a macchia di leopardo c’è. Coppie e minori sono appesi ad articoli, commi di legge e interpretazioni “in punta di diritto” del giudice di turno

Intanto da Bologna, capofila nell’accoglimento della stepchild adoption con tre sentenze favorevoli, è arrivata la risposta ai giudici palermitani con una sentenza in cui si dice che no, la legge sulle adozioni va interpretata alla luce della riforma sulla filiazione del 2012, quella che equipara i figli naturali e quelli legittimi.

Caso particolare invece è quello di Venezia, che ha riconosciuto la stepchild adoption. Ma con riserva. Il tribunale per i minorenni della Laguna ha detto sì all’adozione coparentale, ma nelle due pagine della sentenza trova lo spazio per una raccomandazione: le due madri devono essere “consapevoli che dovranno avere un atteggiamento aperto verso l’identità di genere della bambina per permetterle uno sviluppo adeguato e l’opportunità di relazionarsi con persone a orientamento non omosessuale”. Una postilla «che è una spia culturale», dice Schillaci, «e che non ha alcuna utilità giuridica». Come se nascere e crescere in una famiglia arcobaleno potesse influenzare l’orientamento sessuale futuro.

«Finché le famiglie arcobaleno saranno affidate ai giudici, il rischio di tutela a macchia di leopardo c’è», dice Schillaci. E ora si attendono i pronunciamenti sui procedimenti pendenti al tribunale per i minorenni di Firenze. Le premesse non sembrano favorevoli: il procuratore della Repubblica per i minorenni del capoluogo toscano, Antonio Sangermano, in un’intervista al Giornale ha già detto che «la legge con una scelta chiara non ha previsto la possibilità della stepchild adoption. Tutte le sentenze che non tengono conto di questo divieto per me non sono condivisibili».

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