Abusi e violenze sessuali. Casting e provini. Dopo il caso Weinstein, la lista dei nomi noti di registi, produttori, attori accusati di molestie sui giornali cresce di giorno in giorno. Ma dove finiscono le avances e dove comincia la violenza? «Il provarci di per sé, verbalmente o tentando di baciare una persona, non è perseguibile penalmente. Quando però una donna dice di no, vuol dire di no», spiega l’avvocato penalista Davide Steccanella. Ma se a provarci è il regista che sta facendo il casting per un film? «Qui parliamo più che altro di abuso di potere. C’è un rapporto sbilanciato, perché queste figure sanno di poter consentire o meno la realizzazione del sogno di chi hanno di fronte. Non a caso, le richieste sessuali non vengono fatte a Meryl Streep, ma a persone sconosciute all’inizio della carriera. Questa è estorsione con una minaccia larvata. La libera scelta della vittima viene condizionata dal potere che quelle figure in quel momento hanno su di lei o lui, sul proprio futuro professionale».
L’aspirante attrice, insomma, sa che se manda a quel paese il regista che ci prova, probabilmente non sarà nel cast del film. E magari, accetta. «Ma sei hai trovato un lavoro così, non puoi fare la vittima vent’anni dopo», tuona l’avvocato Annamaria Bernardini de Pace, che di casi di violenza ne ha seguiti tanti. «Se combatti per un’idea di dignità e onestà, per un’affermazione dei meriti personali e non perché metti a disposizione le tue gambe, o cambi regista o cambi città. Non è che se dietro la prima porta aperta c’è un orco o un predatore, allora devi subire per avere quel lavoro. Esci di là e vai a denunciare».
Avvocato, lei quindi non vede chi sta denunciando ora come una vittima?
Se una non ha denunciato subito, non la vedo come vittima. Come esiste la corruzione ambientale, esiste la molestia ambientale. Nel mondo del cinema, ma anche nella moda, come in qualsiasi altro lavoro. Se uno non si tutela e accetta le richieste sessuali, è una cosa che vuole, quindi non c’è né stupro, né molestia, né violenza privata. Se vai in Africa senza vaccinarti, prendi la malaria. Non è che poi ti incazzi con gli africani. Cambi il regista, ti sposti in un’altra città. Oppure metti sul piatto la graduatoria dei tuoi valori. Un posto di lavoro per alcuni può essere più importante dei propri genitali. Altrimenti esci e denunci subito.
Perché tutte queste denunce stanno venendo fuori adesso?
Ora che sentono la forza del coro, tanti si sono messi a cantare. Ma finora ho visto solo persone che non avevano tanta visibilità e che adesso così se la sono ripresa. Io sono avvocato e per me i processi non si fanno in televisione con l’esclusiva alle Iene, non si fanno sui giornali. Il processo si fa con una denuncia, con le prove, con il rispetto del contraddittorio, col garantismo. Mettiamo anche che tu sia stata uccisa nella dignità, dovevi reagire allora. Lo fai adesso dopo tanti anni? Dopo che magari hai ottenuto quello che volevi?
Io sono avvocato e per me i processi non si fanno in televisione con l’esclusiva alle Iene, non si fanno sui giornali. Il processo si fa con una denuncia, con le prove, con il rispetto del contraddittorio, col garantismo.
Ma non c’è una condizione paritaria tra l’aspirante attrice e il regista famoso.
Certo, c’è sicuramente un abuso di potere da parte dei maschi, ma c’è anche un abuso di potere delle donne che sanno che con quella cosa lì possono far carriera. Se oggi vado a fare un colloquio e capisco che il datore di lavoro è interessato più alla sessualità che ad altro, posso andarmene e non tornare più o accettare. Dopodiché però non mi devo pentire e a distanza di anni e dire che è stata colpa sua. Ho accettato e c’è stato uno scambio. Quando sono capitate a me queste cose, ho capito l’aria che c’era e me ne sono andata. Se hanno fatto un po’ di più, si sono presi delle ginocchiate notevoli che ancora se le ricordano.Ecco, può essere che un uomo non si limiti solo a provarci.
Se mette le mani addosso, esco da lì, vado al primo commissariato e denuncio. Possibilmente se si ha un telefono e si può registrare è meglio, in modo che rimanga la prova. Perché non lo fanno? Perché stanno zitti e poi fanno le vittime nel coro? Lo trovo non elegante, non garantista, non onesto. Qui ci sono casi, come quello Weinstein, che sembrano uno stupro a rate. L’hai visto una volta, un’altra volta, un’altra volta, un’altra volta ancora. Non puoi uscire fuori dopo vent’anni, dimenticandoti che allora hai fatto uno scambio tra la molestia ambientale e la tua voglia di affermarti in quel mondo.Ma non ci si può rendere conto a distanza di anni di essere stata vittima?
Se sei andata cinque volte di seguito con uno, vuole dire che non hai avuto tutta questa sofferenza. Vuol dire che in qualche modo è una cosa che ti ha fatto comodo, oppure ti è passata come una goccia d’acqua sul corpo. Non vai una seconda volta a vedere un molestatore, uno stupratore o uno stalker.Qui ci sono casi, come quello Weinstein, che sembrano uno stupro a rate. L’hai visto una volta, un’altra volta, un’altra volta, un’altra volta ancora. Non puoi uscire fuori dopo vent’anni, dimenticandoti che allora hai fatto uno scambio tra la molestia ambientale e la tua voglia di affermarti in quel mondo.
La accuseranno di non essere solidale con le altre donne.
Io ho sempre difeso le donne. Per dieci anni ho avuto solo clienti donne. Il mio primo studio era tutto femminile. Però difendo le vere vittime, non difendo una solo perché è donna. Difendo una donna se è nelle condizioni di essere vittima autentica. Non se le piace il ruolo sontuoso di vittima. Così come stanno facendo, arriviamo alla confusione tra vittima e carnefice.Cioè?
Io oggi, guardando la situazione, non so chi sia la vittima e chi il carnefice. Mentre al momento in cui è avvenuta una molestia, sapevo perfettamente chi era il carnefice e chi la vittima, oggi la vittima si fa carnefice. La situazione la risolvi difendendoti all’istante. O con le tue ginocchia che colpiscano in fondo i genitali, o con un bel pugno, o con una bella graffiata in faccia. Quello che si sta facendo ora è giustizialismo, non giustizia. Eri vittima in quel momento, ora rischi di diventare carnefice. Perché comunque fai del giustizialismo, non stai mettendo a posto le cose con il senso della giustizia, stai vendicandoti.In Italia si hanno sei mesi di tempo per denunciare. Non sono un po’ pochi?
Tutt’altro. La legge sul femminicidio ha allungato da tre a sei mesi il tempo per fare presentare querela per questo tipo di reati. Hai sei mesi di tempo per pensare, non sono mica pochi. Sono 180 giorni. Se è una roba che ti ha devastato, in sei mesi hai tempo di reagire, di parlare con un avvocato.Ma non trova nulla di positivo in questa campagna femminile che si è creata anche sui social?
L’unico aspetto positivo che si può avere da questo polverone mediatico è che chiunque faceva l’orco prima adesso ha paura di farlo. Ora sono tutti paralizzati dalla paura. Il senso di tutto questo è di salvare un po’ di donne, non di mandare al macello delle persone.Difendo una donna se è nelle condizioni di essere vittima autentica. Non se le piace il ruolo sontuoso di vittima. Così come stanno facendo, arriviamo alla confusione tra vittima e carnefice