Ecco perché così tanta gente si tatua l’immagine del pene

Spesso gli appassionati di tatuaggi adornano il loro corpo con la rappresentazione dell’organo maschile. Voglia di virilità? Autoaffermazione? Fallocentrismo? Forse. Ma forse c'è qualcosa di più

Tutti i maschi possiedono un pene, ma, almeno secondo Sigmund Freud, nessuno può possedere il “fallo simbolico”. Eppure, a quanto pare, un numero non indifferente di persone sparso per il pianeta terra non è del tutto d’accordo con il vecchio Sigmund. Gente, che, a quanto pare cerca proprio quello: la potenza simbolica dal fallo. Altrimenti cosa spingerebbe le persone a tatuarsi addosso un pene? A pagare per avere impresso per sempre sulla pelle un simbolo così esplicito? Basta dare un’occhiata alle pagine Instagram di appassionati di tatuaggi per notare che il soggetto fallo è molto diffuso.

Potremmo anche liquidare i non pochi casi come goliardia, o conseguenze di notti allegre, ma sarebbe quantomeno antistorico ignorare il significato che la simbologia fallica ha avuto nel corso dei secoli, che con tutta probabilità pesa sulla decisione di molti tatuati, ignorare che in quasi tutte le civiltà c’è o c’è stata una rappresentazione del fallo, e che si tratta di una simbologia chiaramente legata alla fertilità e il potere. I Babilonesi, ad esempio, sostenevano che il Dio Enki avesse creato il Tigri e L’Eufrate utilizzando la forza del proprio pene. I Greci invece celebravano le falloforie, processioni in cui enormi falli venivano trasportati durante riti propiziatori dei raccolti agricoli. I bambini e ragazzini antichi romani portavano con se amuleti costituiti da piccoli falli, da legare al collo. La simbologia fallica è stata quindi storicamente sempre legata alla fertilità, all’abbondanza, alla vita, all’autoaffermazione.

Possiamo quindi affermare che dietro questi tatuaggi che hanno come protagonista il nostro amato fallo ci sia una voglia di prevalere? La vecchia teoria del “fallocentrismo”, così di moda in ambienti femministi, in particolare negli anni 70, secondo cui il maschio sarebbe per natura impositivo, verticistico, fallocratico appunto?

Possiamo quindi affermare che dietro questi tatuaggi che hanno come protagonista il nostro amato fallo ci sia una voglia di prevalere? La vecchia teoria del “fallocentrismo”, così di moda in ambienti femministi, in particolare negli anni 70, secondo cui il maschio sarebbe per natura impositivo, verticistico, fallocratico appunto? Oppure c’è di più?

Osservando le foto di questi tatuaggi possiamo notare come le forme falliche, più o meno realistiche, vengano rappresentate in stili e contesti diversi, facendo però sempre cadere in secondo piano il significato del disegno nel suo complesso. Giungiamo quindi a un punto, dove nonostante le mille rappresentazioni grafiche diverse e il livello di pudore che cambia nel corso degli anni, la potenza dell’immagine, dell’icona-fallo, annulla tutto ciò che ha vicino.

Un po’ come quando a scuola ci si sofferma a ad ammirare le opere d’arte impresse dagli studenti sui muri dei bagni, ci possono essere scritte con un significato forte e immediato, disegni di qualsiasi genere, ma se vi è anche un fallo sarà esso a monopolizzare quasi interamente l’attenzione dell’osservatore.

Tatuarsi un cazzo è quindi una cosa stupida? Magari, per alcuni o per molti sì, ma rimane, se non altro in sottofondo, una sorta di sentimento mistico a riguardo, che risveglia negli esseri umani sensazioni simili, maschi o femmine che siano

Tatuarsi un cazzo è quindi una cosa stupida? Magari, per alcuni o per molti sì, ma rimane, se non altro in sottofondo, una sorta di sentimento mistico a riguardo, che risveglia negli esseri umani sensazioni simili, maschi o femmine che siano, tant’è che Jacques Lacan scrisse che “Gli uomini hanno il fallo, le donne si trovano ad essere-fallo (acquisirlo): il fallo simbolico è concetto dell’essere maschile per eccellenza, possederlo viene paragonato ad avere il dono divino.”

Allora si può affermare che tatuarsi un pene, nonostante possa sembrare uno squallido segno di egocentrismo, sia in realtà una semplice, primitiva dimostrazione di ammirazione più o meno consapevole verso questa figura, il che rende tutto ciò l’opposto di un gesto egocentrico, quasi una ricerca di una dimensione divina, Forse siamo di fronte a un fenomeno di narcisismo gentile, simbolo totem che più che per ostentare potenza viene scelto come riferimento a una potenza. Immaginale. Archetipica. Quasi divina (in senso neo-pagano, naturalmente).

Secondo questo punto di vista arriviamo a una conclusione opposta a quella raggiunta con il ragionamento più ovvio, ci si tatua un cazzo per se stessi, e non per cercare una reazione negli altri, non per provocazione, ma per autoidentificazione. In un certo senso e in una qualche misura siamo il cazzo che immaginiamo di essere.

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