Il Sud è immobile e arrabbiato. E i meridionali non emigrano più a Nord

Mentre cresce la migrazione verso l'estero, diminuisce quella interna, in particolare sul sud verso il nord. Il meridione è sempre più statico e rassegnato, ma la voglia di riscatto è sostituita frustrazione e rancore

Se da un lato sono sempre di più gli italiani che emigrano all’estero, dall’altro sembra che la stessa tendenza non sia in atto per le cosiddette migrazioni interne, ovvero gli spostamenti dentro il Paese.

Dopo un picco nel 2008 vi è stato un calo del numero di coloro che trasferiscono la residenza all’interno dell’Italia, con un leggero recupero nel 2015 e nel 2016 rispetto ai minimi del 2014.

In realtà, a osservare più in profondità i dati, la causa di questo calo sta tutto nella diminuzione di un solo tipo di migrazione, quella di italiani dal Sud al Centro Nord.

E’ un trend piuttosto strutturale e di lungo periodo. Infatti a differenza di quanto accaduto a livello nazionale è da almeno 15 anni che con poche inversioni di tendenza sono sempre meno i meridionali che si spostano nelle regioni del Centro e del Nord. Anche qui, solo con un piccolo rimbalzo di poche migliaia di persone nel 2016.

Si tratta di un andamento che risulta peculiare, perchè in controtendenza non solo con quanto sta avvenendo dal lato dell’emigrazione all’estero, ma anche da quello degli spostamenti interni.

Mentre quelli tra Sud e Centro Nord hanno raggiunto cali anche superiori al 22% rispetto ai livelli del 2002, i trasferimenti all’interno delle regioni settentrionali e centrali (quelli che coinvolgono più italiani) sono rimaste stabili o in leggero aumento, dopo aver toccato dei picchi nel 2006-2008.

Stesso andamento stabile o in crescita hanno avuto gli spostamenti all’interno del Sud.

Solo le migrazioni dal Centro Nord al Sud sono calate come quelle di segno inverso, ma come è facile immaginare numericamente si tratta di un fenomeno minore, che in gran parte riguarda i ritorni di immigrati meridionali nella propria regione.

Anche quest’ultimo dato conferma la situazione di maggiore cristallizzazione, ci si sposta meno tra destinazioni più lontane e di più a breve distanza.

La tendenza a una minore mobilità interna caratterizza anche realtà in cui è sempre stata importante, per esempio gli USA, ed è giocoforza che accada con l’invecchiamento della popolazione, ma qui il dato rilevante è proprio questa discrepanza tra l’emigrare dalla Puglia o dalla Sicilia a Milano o Bologna e il trasferirsi fuori città di pochi chilometri, come avviene spesso in particolare al Nord.

Quando lo spostamento si accompagna o è motivato da un cambiamento di vita rilevante, ed è a lunga distanza, sembra che ormai gli italiani preferiscano sempre più andare all’estero che muoversi di 500 km all’interno del Paese.

Anche qui, tuttavia, emerge il minore dinamismo del Sud. Le province da cui si emigra all’estero maggiormente sono quelle del Nord. Con l’eccezione di alcune aree della Sicilia, dal Sud si tende spostarsi di meno anche verso destinazioni straniere. Province popolose come quelle di Napoli, Caserta, Bari, sono nel gruppo delle meno propense all’emigrazione di italiani oltre confine.

Gli italiani, appunto. Non ci sono solo loro, tuttavia. La mobilità interna degli stranieri è sempre stata maggiore di quella degli autoctoni, e negli anni ha raggiunto un’importanza tale da risultare superiore a quella classica del meridionale che si sposta al Nord.

Dal 2002 al 2013 il numero di stranieri che dal Centro Nord o in misura minore dal Sud si spostavano nelle regioni centro-settentrionali è più che raddoppiata, superando già nel 2004 il flusso Sud-Nord di italiani. Vi è stato dopo il 2013 un calo e poi un recupero, oggi siamo comunque su livelli doppi rispetto al dato dell’emigrazione meridionale.

E’ oggi più facile che a trasferirsi in un Paese della Brianza o a Milano sia uno straniero magari proveniente da Brescia o dal Veneto che un napoletano o un pugliese.

Sempre più immobile e uguale a se stesso, lontano dalle rotte del cambiamento, questo appare essere il ritratto del Sud.

Il costante peggioramento della situazione occupazionale già prima della crisi, che ha visto il gap Nord-Sud allargarsi fin dal 1992 e divenire una voragine dal 2008, non ha sortito l’effetto di un’accelerazione dell’immigrazione interna, come ci si sarebbe potuto aspettare.

Questa stagnazione quasi irredimibile non è però rassegnazione, la sensazione è che alla voglia di riscatto (spesso sotto forma di emigrazione, appunto) si sostituisca frustrazione e rancore, come registra il Censis. Una reazione molto utile a diverse fazioni politiche in vista delle prossime elezioni, ma poco a chi ancora cerca un’opportunità di rilancio personale sotto forma di posto di lavoro.

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