Tutti i libri che leggerai quest’inverno, consigliati da Finzioni

La redazione di Finzioni consiglia un ventaglio trasversale di libri da leggere durante le vacanze di Natale. Pronti per la maratona?

Eccoci a una nuova puntata di Coming Soon. Come ogni anno a dicembre, anziché regalarvi una selezione dei libri in uscita, abbiamo deciso di chiedere alla redazione di Finzioni di raccontarci cosa leggerà durante le feste. Ecco cosa ne è uscito. E Buon Natale!

Elias Canetti, Massa e potere, Adelphi. Traduzione di Furio Jesi.
Sto leggendo Massa e potere di Elias Canetti. Un mattoncino che esige lentezza e che credo mi accompagnerà fino a Natale. Non so nemmeno perché l’ho comprato. Cioè, ero in libreria per comprare altro, ero proprio alla ricerca di alcuni titoli in particolare, ma sono uscito da quel posto con Massa e potere di Canetti in un sacchetto di plastica. Forte, vero? L’ho scelto come sceglievo i libri a diciotto, vent’anni: totalmente a caso. (Cortázar direbbe che è il libro ad avere scelto me e che il “caso” non esiste) Che mattacchione! Non ho mai letto nulla di Canetti. Finora – pagina 130, più o meno – sono piacevolmente sorpreso. Soprattutto per la lateralità di sguardo e per la mancanza di riferimenti ortodossi. Il tema del libro? La massa e il potere. O almeno credo. (Andrea Meregalli)

Elizabeth Strout, Amy & Isabelle, Fazi. Traduzione di Martina Testa, prefazione di Valeria Parrella.
Amy & Isabelle sanno quasi mettere in imbarazzo il lettore. Elizabeth Strout non ha paura a raccontare nessun dettaglio, intimo o banale che sia. E questo romanzo è uno di quelli che quando si iniziano le prime pagine ci si ritrova a perdere tram e mangiarci sopra pur di capire come la trama potrà mai svilupparsi. E qui, in queste pagine, la storia di Amy & Isabellesi intreccia in un continuo domandarsi se il futuro potrà mai esserci amico, se le aspettative potranno mai essere soddisfatte. Madre e figlia vengono raccontate da Elizabeth Strout con il suo modo unico che sa incantare, uno stile che è di una potenza tale da sfondare l’animo. (Nellie Airoldi).

Jón R. Hjálmarsson, Atlante leggendario delle strade d’Islanda, Iperborea. Traduzione di Silvia Cosimini.
La passione per l’Islanda non mi è ancora passata, nemmeno adesso che è diventata mainstream e ha persino una nazionale di calcio più forte della nostra. L’inverno è il momento ideale per perdersi nelle fiabe nordiche e credere a elfi e folletti, e Natale è il momento ideale per rispolverare il nostro spirito infantile e lasciarsi andare ai sogni, esplorare con l’immaginazione. L’Atlante leggendario delle strade d’Islanda, arricchito da mappe e illustrazioni, è il libro perfetto perché è allo stesso tempo una guida e una raccolta epica, e si propone di accompagnare il lettore sull’isola narrando le leggende legate a ogni luogo. Come nel perfetto quadro del lettore winter edition, immagino di leggerlo sotto una coperta, sorseggiando una bevanda calda, mentre scopro un po’ di più del mio paese preferito, il piccolo mondo di lava e ghiaccio ritratto splendidamente sulla copertina scelta da Iperborea. (Elena Chiara Mitrani)

Paul Auster, 4 3 2 1, Einaudi. Traduzione di Cristiana Mennella.
Perché limitarsi a una sola vita, o un solo libro, quando ne possiamo avere quattro? Se la pensate così, ecco la lettura perfetta per questo dicembre: 939 pagine, 28 capitoli, 4 vite, o piuttosto quattro varianti della stessa vita. Quella di Archie Ferguson, che conosciamo in versione sportivo, giornalista, poi attivista, infine scrittore. In questo intreccio complesso, alcuni dettagli cambiano, lo vedremo ad esempio a bordo di una Pontiac, poi di una Cadillac, di una Plymouth o di una Oldsmobile, ma altri no: Ferguson, in qualunque versione, finisce sempre per incontrare la stessa donna, Amy. Un intreccio complesso e magistralmente strutturato, capace di comunicare la complessità della vita e delle sue scelte. (Elena Biagi)

Howard Philipps Lovecraft, Il Necronomicon, Mondadori. Traduzione di Giuseppe Lippi.
Il Natale è un momento di gioia e di serenità, di lunghe dormite pomeridiane e sogni di coniglietti e batuffolini. Per questo, è doveroso mettere alla prova il nostro spirito natalizio con IL NECRONOMICON, il librone di magia nera scritto da Abdul Alhazred, l’arabo pazzo, vissuto nello Yemen nel VIII secolo. Visto che al tempo c’erano un sacco di nerd convinti della reale esistenza del Necronomicon, H.P. Lovecraft, che l’aveva inventato per corroborare le mitologie dei suoi racconti, si è poi trovato obbligato a scriverlo per davvero. Mondadori l’ha ripubblicato in una nuova edizione cartonata, con la copertina bellissima e i bordi delle pagine color rosso sangue e io passerò le vacanze di Natale, le notti delle vacanze di Natale, a leggere il linguaggio dei demoni e altre amenità. “Non è morto ciò che in eterno può attendere. E col passar di strani eoni anche la morte può morire”. E Buon Natale di serenità a tutti voi. (Jacopo Cirillo)

Yoshiharu Tsuge, L’uomo senza talento. Canicola. Traduzione di Vincenzo Filosa.
Natale per me significa da sempre riprendere in mano libri letti molto tempo prima, sfogliarli e leggerne qualche pagina qua e là. Quest’anno però farò un’eccezione per dedicarmi a un libro che aspetto di leggere da mesi: L’uomo senza talentodi Yoshiharu Tsuge, che è finalmente arrivato in Italia grazie a Canicola e alla traduzione di Vincenzo Filosa. Un volume che raccoglie sei storie, che mi ha conquistata solo sfogliandolo in libreria: un uomo incapace di provvedere ai bisogni della sua famiglia, una storia intima e forse introspettiva, un autore che, dopo aver scritto queste storie, si è ritirato dal mondo del manga diventando una sorta di leggenda. Qui potete leggerne un’anteprima (Rachele Cinerari)

Charles Dickens, Il circolo Pickwick, Einaudi. Traduzione di Marco Rossari.
Samuel Pickwick, Augustus Snodgrass, Tracy Tupman e Nathaniel Winkle: bisognerebbe ringraziare Charles Dickens anche solo per i nomi dei suoi personaggi. I quattro amici, insieme a Sam Weller, pur se occulto vero protagonista del romanzo, sono al centro de Il circolo Pickwick, appena uscito per Einaudi con la traduzione di Marco Rossari. Esordio a puntate del ventiquattrenne Dickens, è una inarrivabile galleria di umanità, avventure, situazioni che fanno piangere, ridere, saltare sulla sedia, insomma, è un libro di Charles Dickens. E dato che bisognerebbe per legge vietare di leggere i libri del romanziere inglese d’estate, la pausa natalizia è l’ideale per mettersi sotto le coperte e dimenticare tutto il resto, sperando che fuori faccia freddo e nevichi, l’unico clima giusto per godere pienamente delle peripezie dei soci del circolo in questa attesa nuova traduzione. (Evelina Guerreschi)

Britt Bennett, The Mothers, Riverhead Books. (Pubblicato in Italia da Giunti con la traduzione di Giovanna Scocchera).
Che The Mothers di Brit Bennett sia uscito anche in Italia, lo sto apprendendo adesso. Ora che mi accingo a leggerlo nella sua fiammante, viva, copertina originale, consigliatomi dal feed Instagram di un’altra scoperta letteraria dell’anno che se ne va, Yrsa Daley-Ward, la più incisiva delle poetesse dell’istante (insieme a Nayyirah Waheed). Per me l’esordio di Bennet emana lo stesso alito fresco, che profuma di radici smosse, della consapevolezza del nuovo femminile che trascende ogni genere e che sta creando, appunto, una nuova letteratura. Se non un nuovo linguaggio, che però dalla appiattitissima edizione italiana non sembra proprio trasparire, purtroppo. (Michela Capra)

Joshua Ferris, Invito a cena, Neri Pozza. Traduzione di A. Arduini.
Definirsi strani è un po’ la moda del momento. Tutto vogliamo essere speciali, tutti ci teniamo a sottolineare quanto siamo particolari. Attraverso undici racconti (racconti, sì, perché la buona letteratura non è fatta solo di romanzi) Joshua Ferris illustra proprio questo: la stranezza dell’essere umano, le sue incongruenze, l’impossibilità di salvarsi, la comicità delle vita che ci capita e che non ci lascia via di scampo.
Quello che scoprirete, una volta arrivati alla fine del libro, è che non c’è bisogno d’affannarsi tanto per far apparire le nostre esistenze straordinarie; perché ogni vicenda ordinaria, se osservata da uno sguardo attento, diventa sconvolgente. (Giulia Muscatelli)

William T. Vollmann, Europe Central, Mondadori. Traduzione di Gianni Pannofino.
Alcuni libri sono come le montagne: bisogna essere bravi a scalare, e resistenti. Questo mattone di Vollmann mi ha più volte messo alla prova; ho fallito ad ogni occasione, rovinando al suolo con tutta la buona volontà impiegata. Forse è un problema di tempo (stupidaggini!), forse la densità è talmente elevata che mi intrappola come se fosse un fluido viscoso, impedendomi di andare avanti (cretinate!). Ebbene, non riesco a capire come mai questo libro, che sempre mi attrae con le storie che contiene, non riesca a essere mio. Sul finire di questo 2017 mi riprometto di tentare nuovamente l’ascesa a Europe Central. Che le ferie, il gelo poco invitante che penetra dalla finestra e i dolci natalizi mi donino occasioni e forza per sbarazzarmi di questo romanzo! (Danilo Zagaria)

Robin Hobb, L’assassino, L’ultima caccia, Sperling & Kupfer. Traduzione di Maria Concetta Scotto di Santillo.
Ultimo dei nove romanzi dedicati a FitzChevalier, il principe bastardo diventato assassino di corte. Non è sicuramente il libro da cui partire per avvicinarsi a questa bellissima saga, ma potrebbe essere il libro che vi convince a leggerla. Robin Hobb mette ordine sulla scrivania del mondo che ha inventato e ripone, ognuno nel proprio cassetto, i personaggi, ai quali è evidentemente affezionata. Quella di Fitz, del Matto e di Occhi-di-notte è una storia che ha un inizio e una fine, completa e finita così come sono completi e finiti i protagonisti che la animano, e forse questa sua caratteristica può aiutare ad avvicinare un lettore ai vari romanzi che la compongono. Sarà capitato anche a voi di seguire una serie televisiva con un finale di stagione con il botto, e poi, magari, il network decide di non rinnovarla e tutto rimane irrisolto, oppure, anche peggio a volte, quando la decisione di chiuderla arriva a metà stagione. Ecco, L’ultima caccia è un bel finale di stagione, studiato, curato ed emozionante. E penso che sapere dell’esistenza di una simile puntata finale sia un valido incentivo a iniziare a interessarsi al resto della storia. (Davide Piccirillo)

Paolo Zardi, Il giorno che diventammo umani, Neo Edizioni.
Quest’anno ho letto pochissimo, credo di non aver mai letto così poco come nel 2017. Però ho letto bene. Ricordo tutti i libri che ho preso in mano e finito, ricordo le storie, e mi sono rimasti appiccicati addosso delle intere frasi, capitoli. Ci continuo a rimuginare sopra. Così scegliere cosa leggere a Natale è una responsabilità, come del resto è ogni scelta. Mi hanno detto che devo leggere questo libro di Paolo Zardi. Me l’hanno detto perché sto scrivendo una cosa e questa storia mi tornerà utile. Così lo scelgo. Perché sono racconti – e io amo molto i racconti; perché parla di “creature sospese tra l’amore e il dolore, tra desiderio e paura, tra la vergogna e la grazia. La delicatezza dei corpi, la labilità delle intenzioni, la precarietà di ogni condizione umana”; perché il momento in cui si diventa umani, un attimo di consapevolezza totale, mi sembra, in questo momento, una delle cose più difficili da afferrare eppure vitali e necessarie. (Silvia Cardinale Pelizzari)

Jenny Diski, In Gratitudine, NNEditore, traduzione di Fabio Cremonesi.
Nel 2014 a Jenny Diski viene diagnosticato un cancro incurabile che le lascerà due o tre anni di vita. La diagnosi è all’origine di un memoir, In Gratitudine, uscito da poco in Italia per NN Editore. Tenere un diario del cancro è la cosa più naturale da fare, una non-scelta per una scrittrice che ha fatto questo per guadagnarsi da vivere negli ultimi trent’anni, scrivendo cose quasi esclusivamente personali senza mai sentire il bisogno di doversene scusare. Come nella migliore tradizione del memoir, scrivere è il modo per affrontare quello che non si conosce: «we tell our lives in order to live» è la grande risposta di Joan Didion alla perdita e al lutto, la stessa della Dinski di fronte ad un percorso, quello della malattia e della morte, fuori dal suo controllo ma allo stesso tempo così noto da essere prevedibile, quasi scontato. Posta di fronte all’imminenza della morte, la Dinski guarda al passato, partendo dagli anni dell’adolescenza e dall’incontro che, nel bene e nel male, le ha cambiato la vita. Il primo capitolo si intitola “Io e Doris”, e quella Doris è Doris Lessing. (Francesca Modena)

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