Guardare il passato per provare a prevedere il futuro? Non basta. Certo, anche se è una delle regole auree di quella scienza imperfetta che è la finanza, ancora di più se quello che si è chiuso è un anno di rialzi a due cifre come il 2017, in cui l’euforia del mercato e la crescita dell’economia reale sono indubbiamente state il propellente di questa corsa al rialzo che ha condizionato tutte le borse finanziarie del Vecchio Continente, Piazza Affari compresa.
A scrutare il mondo dagli specchietti retrovisori ci si accorge che i motori di questa crescita sono molteplici: c’è il boom dei Pir, che hanno portato liquidità al mercato delle midcap italiane, con le medie imprese stesse che a loro volta hanno fatto segnare ottime performance, soprattutto se nel contesto di settori ad alta intensità di innovazione e tecnologia. Con l’indice Pmi, indicatore macro-economico utilizzato nell’analisi del settore manifatturiero, dei servizi e delle costruzioni, ai massimi dal 1997, si presume che pure il prossimo anno questa tendenza potrebbe proseguire. Laddove invece la possibile instabilità politica successiva alle elezioni italiane – non solo qui da noi, ma per osmosi nel resto dell’Europa – potrebbe creare incertezze e volatilità. Restiamo positivi, sembra essere il motto degli operatori di borsa, quindi, ma consapevoli che una crescita a due cifre anche nel 2018 potrebbe essere un obiettivo molto difficile da raggiungere.
In realtà il passato non basta, però: guardare le performance passate è come controllare la strada dallo specchietto retrovisore, ma non è l’unica cosa che conta per investire in un fondo. Lo stile di gestione, le commissioni pagate e la consulenza sono aspetti anch’essi rilevanti da tenere in considerazione per la scelta di investire
In realtà il passato non basta, però: guardare le performance passate è come controllare la strada dallo specchietto retrovisore, ma non è l’unica cosa che conta per investire in un fondo. Lo stile di gestione, le commissioni pagate e la consulenza sono aspetti anch’essi rilevanti da tenere in considerazione per la scelta di investire. Per muoversi al meglio sui mercati, allora, serve guardare alle performance dei fondi, anche solo per il fatto che chi ha gestito meglio i risparmi nel 2017 potrebbe fare altrettanto nel 2018. Si segnalano, ad esempio, le ottime performance dei fondi AcomeA Sgr, con l’Eurobbligazionario al terzo posto nella categoria obbligazionari flessibili di diritto italiano, l’Asia Pacifico: 2° posto nella categoria “azionari asia-pacifico” di diritto italiano e AcomeA Europa, al primo posto nella categoria “azionari europa-flex cap” di diritto italiano.
Dicono più dello specchietto retrovisore, queste classifiche: parlano di qualità di gestione e di costi, ad esempio, o attraverso i differenti rendimenti, della qualità delle scelte fatte dagli advisor, siano essi umani o bot. E non è un caso che le classifiche dei migliori fondi, più della crescita del Pil o degli indici di borsa, siano uno dei principali influencer per gli investitori. È un meccanismo psicologico ben preciso, scoperto da due ricercatori dell’Università di Rochester che hanno analizzato la reazione degli investitori americani alle classifiche dei migliori fondi di investimento a partire dal 2000. Effetto pubblicazione, l’hanno chiamato: per un fondo comune di investimento apparire nelle prime 10 posizioni in una classifica determina un aumento delle sottoscrizioni di circa il 31% nei tre mesi successivi. Insomma, se volete capire come e dove investire, non fermatevi agli indicatori macroeconomici e allo specchietto retrovisore. C’è altro, ed è più importante.