Quest’estate sono stato colpito dalle parole di una canzone pop che passava alla radio: “Codardo chi non c’era / A scrivere sul diario da che parte sta la verità / Ma in piazza scendo solo con il cane”. Si tratta di alcuni versi della canzone Non me ne frega niente della giovane cantautrice Levante, anche giudice a X Factor. Nel mezzo di una canzone apparentemente spensierata quelle frasi mi hanno colpito perché profondamente vere: quante volte ci capita di assistere a persone che si indignano, protestano, criticano ma solo se protetti dalla tranquillità di una tastiera e di uno schermo? “Ho sempre poco tempo per lottare senza il modem”, continua il brano.
Questo mi ha fatto molto riflettere. Ovvio che capita anche a me di esprimere, qui e sui miei profili personali, posizioni più o meno dure rispetto alle cose che accadono nel mondo. Eppure mi sembra che l’atteggiamento di alcuni sia ambivalente: finché sono nell’ambiente “social” si esprimono, fanno finta di essere interessati a ciò che accade nel mondo, si lanciano contro le ingiustizie di questa società; ma a questa furia digitale non corrisponde quasi mai una corrispettiva azione concreta. Le manifestazioni sono vuote, le proteste vanno a vuoto, il mondo continua ad andare per la sua strada.
Non c’è niente di più contraddittorio, secondo me. Le idee – e (quasi) tutte le idee sono legittime, qualsiasi sia il loro modo di ritagliare o catalogare la realtà – devono essere sempre il motore di qualcosa di più grande, di qualcosa che non può rimanere nell’ambito della polemica astratta. Agiamo, contribuiamo, sforziamoci di cambiare le cose. Ma facciamo sul serio, intervenendo nella realtà senza intermediazioni. Quell’abusatissima e spesso banalizzata frase del Mahatma Gandhi, “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”, è così popolare solo perché è profondamente vera. Se vogliamo che le cose cambino ci dobbiamo spendere in prima persona.
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