Francesco Lettieri: «Sanremo? Non so nemmeno come si scrive. Meglio il calcetto»

È il regista culto dei video di Calcutta, Thegiornalisti, Liberato, ecc. Odia imparzialmente Sanremo, la pubblicità, e la musica impegnata. Ha creato uno stile che è il nuovo mainstream. Vive di (e combatte la) nostalgia

Foto di Glauco Canalis

Tanti odiano la nostalgia in questo periodo, almeno concettualmente, mentre in pratica va tantissimo – dai film, remake su remake, di It, Blade Runner; alle serie, il tormentone Stranger Things con il demogorgone e i capelli a scodella, Glow con gli scaldamuscoli e le bionde cotonate; alla musica. Tutta la musica “indipendente” e anche quella non più indipendente è stregata dalla nostalgia. Calcutta (si ispira ai ’70-’80-’90), Coez (’90, appalla), i Thegiornalisti (rimasti sotto con gli ’80), Liberato (’70-’80) e via dicendo. Ma è Francesco Lettieri, regista napoletano, autore di molti dei video degli artisti citati, che ha messo e continua a mettere in scena questo tipo di estetica: i suoi video sono talmente compatti e stilisticamente omogenei che visti tutti insieme potrebbero sembrare un film intero, o una serie. Una domanda in chat su Messenger è diventata un’intervista-fiume su estetica della ripresa, colleghi, tendenze, Sanremo, calcetto e “fica indie”.

I tuoi video e la loro poetica s’infilano perfettamente nel filone nostalgia…
Io ho sempre combattuto contro la mia stessa nostalgia. Nella vita ho dovuto affrontarla per non farmi trascinare, per non soffrire, per non perdere tempo a idealizzare qualcosa di ormai andato. Parlo degli amori, delle amicizie, delle persone e dei momenti che hanno attraversato la mia vita, o delle cose che non ho mai vissuto o che ho vissuto di riflesso, tramite film, la musica o i libri. E la maggior parte delle volte che ho affrontato la mia nostalgia ho perso, sono stato inondato e sono annegato in quel vortice senza fondo di immagini e ricordi meravigliosi e perduti. Questo fino a che non ho capito che questa sensazione poteva essere utile nel mio lavoro.

Come?
Fin dai primi cortometraggi ho notato che le cose in cui mi riconoscevo avevano quel tono, nostalgico appunto, che rendeva tutto più bello e personale. E andando avanti con gli anni ho cominciato a manipolare e a sfruttare la mia nostalgia, a utilizzarla per creare immagini, fino a capire come sintetizzare ricordi di cose mai avvenute. Nel cinema le cose più belle sono quelle più vere, quelle più sentite e sincere, ma come si fa a rendere vero e sincero qualcosa che non è mai accaduto? Io ho capito come, e la mia arma è stata la mia più grande debolezza. Ecco, questo è uno dei motivi per cui mi sento fortunato a fare il mio lavoro.

La tua non sembra una nostalgia statica, anzi, lascia parecchio spazio al contemporaneo: è come se fosse uno sfondo che scalda, che rende il presente più caldo e sensato. Qualcosa di passato (anche se mai vissuto) che ci accomuna, che ci fa sentire parte di una stessa cosa, di un’idea o di un immaginario – basta pensare ai furgoncini Wolkswagen (vedi cultura hippie) o ai post con scene di qualche video vintage con milioni di condivisioni.
I video vintage mi fanno schifo. L’ultimo che ho girato è ambientato nel ’94: non credo sia un video vintage. Non c’è il filtro “effetto pellicola”, è pellicola vera.

I tuoi chiamiamoli video nostalgici allora.
Non dovrei parlarne io dei miei video ma dato che si dicono tante cose a cazzo tipo l’articolo su Pesto, l’ultimo video di Calcutta che, secondo l’autore, sarebbe un omaggio a Pasolini.

Ahah omaggio a Pasolini: ardito.
Con tutto il rispetto. Ci ho fatto un documentario sulla morte di Pasolini. Ma perché?? Cosa c’entra col mio video? Lui è morto negli anni ‘70 all’idroscalo che sta a 20 km da dove ho girato io – il mio video è ambientato negli anni ’90. Poi Pasolini non era nostalgico e non trattava queste tematiche. Ora ci faccio un post.

La gente ha bisogno di riferimenti. Ho letto pure cose assurde sull’ultimo video di Liberato (Me staje appennenn’ amò). Cose tipo: video con un trans = impegno politico.
Sì infatti, video impegnato, come video sociale, è peggio di video vintage.

Accipicchia.
È solo che ho già bevuto mezza bottiglia di vino.

Allora finiscila, poi proseguiamo.
Mettici anche questo nell’intervista.

Ovvio.
Lettieri regista alcolizzato.

Un outing interessante. Ma l’outing vero sarebbe: mi guardo Sanremo.
Non lo guardo. Vado a giocare a calcetto.

Dai dimmi una cosa cattiva (sparare sulla croce rossa) o bella (saresti originale) su Sanremo…
Mah a me non me ne frega un cazzo di San Remo. O Sanremo!? Non so manco come si scrive. Ecco questo è il mio commento.

Calcetto allora, con i calzettoni tirati su, le Gazzelle e la felpa dell’Adidas? in un campo un po’ rovinato? con il pallone di Mila e Shiro?
No, romanzi troppo. Maglia di Hamsik, pantaloncino di Decathlon, scarpe Adidas ma non Gazzelle, campo sintetico di terza generazione.

Pigneto però.
San Giovanni.

Torniamo ai video vintage: ok i tuoi non sono vintage ma l’ultimo dei Thegiornalisti + Elisa è proprio vintage, al limite della parodia.
In realtà per “video vintage” si intende qualcosa di più specifico che un video ambientato in un tempo passato. Ad esempio non definirei mai C’era una volta in America o Quei bravi ragazzi dei film vintage. Il vintage si associa ad un particolare periodo – dai ’70 ai ’90 e tra poco anche ai primi 2000, con una particolare estetica…

Vabè ma quelli sono capolavori. Parlo di scimmiottamento eccessivo di certi stili di ripresa, temi, oggetti.
Ad esempio il tipico video vintage anni ’80 è in 4:3 con l’effetto VHS e riprende l’estetica anni ’80 americana. Mentre il video dei Thegiornalisti riprende un’estetica tipicamente italiana. I riferimenti del video che ho girato per loro (quello di Completamente) erano Sapore di sale, i film di Verdone, Moretti, Amore tossico.

Riferimenti parodistici?
Non c’è parodia in Completamente: Sapore di sale è davvero così.

Se è una sensazione dove si può appoggiare il presente è bello. Se diventa ricordo ripiegato sul passato meno (l’ultimo dei Thegiornalisti).
Completamente non lo abbiamo parodiato, abbiamo semplicemente usato gli stessi costumi, gli stessi colori, le stesse location e le stesse inquadrature. Ma l’ultimo dei Thegiornalisti non è mio.

So che non è tuo. Volevo un’opinione sull’ultimo, Da sola in the night.
Eccola. XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX

Come mai secondo te va così tanto questo tipo di estetica?
Musicalmente veniamo da un periodo di vuoto (dagli anni 2000 in poi). Abbiamo passato l’adolescenza ad ascoltare roba del passato. Io ascoltavo i Led Zeppelin, i Nirvana, i Beatles, mentre alla radio passavano Laura Pausini e Jovanotti, che già nel 2000 erano vecchi.

Ma la nostalgia di adesso è meglio: è come se fosse più raffinata, non nel senso di fichetta, nel senso capita di più, digerita e rimessa in circolo.
Sì questo è quello che provavo a dirti con la prima risposta, fa parte del mio modo di lavorare che è lo stesso di Calcutta, cioè è il suo pezzo che è nostalgico e che mi permette di assecondare quel tono che è anche il mio. Stessa cosa succede con Liberato: sui loro pezzi posso tirare fuori le mie cose personali, del passato e del presente, e metterle nelle storie di personaggi inventati. Tu t’e scurdat e me è la mia adolescenza.

Cioè: napoletano/neomelodico ma con suoni ipercontemporanei e parole tipo “visualizz’”.
No neomelodico please. È una canzone in dialetto napoletano. Il neomelodico è un’altra cosa: questo è neomelodico e io non ci trovo niente di simile a Liberato se non la lingua. A limite ci trovo qualcosa di questo, della musica melodica napoletana.

Meglio ancora. Vedo che ti tocca particolarmente Liberato. Comunque: resto sulla parodia. Hai letto il pezzo su LFI (La Figa Indie sul blog di Tiasmo, piccola quote: “Ha lo smalto sbeccato, si mangia le unghie in segno di tormento interiore, però è topa al naturale, come se si fosse appena alzata e infatti ce la fanno vedere mentre si sveglia: ella dà cuscinate, trascina il tizio che la filma per la mano, ridà una cuscinata alla camera, fa linguacce, mangia, fuma, mangia, fuma, va al supermercato a comprare da mangiare, mangia, fuma e beve in mutande come Barney dei Simpson, ma soprattutto la LFI deve pisciare. È molto importante che la LFI a un certo punto stia seduta sulla tazza con gli slip a mezzo polpaccio. La minzione LFI è un topos dei video indie”)?
L’ho letto. Credo di averla inventata io la fica indie.

Pesante.
L’ho inventata io.

Vuoi aggiungere qualcosa all’opera di Tiasmo?
Beh sì, cioè, la chiave di lettura è sbagliata. Nel pezzo si parla di “figa indie” ma in realtà si fa riferimento ad una ragazza in particolare: Silvia, la protagonista di Oroscopo (video di Calcutta).

Per teorizzare una categoria c’è bisogno di vari soggetti, di varie fiche indie.
Prendono in esame tre video: quello mio, quello di Coez (La musica non c’è) e quello dei cosi, dei come si chiamano?

Boh, se non lo sai tu.
Boh un video brutto comunque.

Diplomatico.
Sono tutti e tre dei video che hanno in comune due cose. La protagonista, ma soprattutto il formato: sono dei mockumentary, dei finti video amatoriali girati dal fidanzato durante una vacanza.

Capito. Però hai inventato questa “fica indie” e una certa moda legata alla fica indie.
Io ho fatto un video che ha girato molto, tra l’altro il mio video aveva già delle chiare reference: immagini miste di spot, film e moda, basta farsi un giro su Pinterest per vedere le tendenze mondiali… Insomma il video di Oroscopo non è così originale, forse, però, è stato il primo in Italia che ha fatto uscire la tipologia di ragazza “indie”.

Sei un po’ pubblicitario eh.
No zero mi fa schifo la pubblicità però per stare sul pezzo bisogna conoscere le tendenze.

Però è questo che fanno i pubblicitari (quelli bravi): individuano tendenze e le modificano a loro piacimento. Tipo, vedo le Adidas in un video con quei colori, mi sembrano più familiari, mi va di più di comprarle.
Però non mi interessa quel mondo, neanche quello della moda. Li trovo vuoti.

Cioè “la moda fa schifo abbasso il consumismo bleah la pubblicità”?
Nessuno che lavora in quel mondo lo fa per piacere, si fa per soldi.

Ma a volte le pubblicità più forti sono dei video musicali…
Non sto dicendo che mi fanno schifo i soldi, dico che è un mondo in cui non ci si diverte.

Fare ricerca di tendenze e capire come vanno le cose è piacevole.
Allora aggiusto il tiro. Chi fa regia per la pubblicità non si diverte. Ne ho parlato anche con altri registi che lavorano da molto più tempo e che fanno spot grossi e non si divertono, lo fanno solo perché prendono 10k al giorno.

Perché non possono dare sfogo alla loro fantastica creatività?
Se potessero ammazzerebbero tutte le agenzie e i clienti.

Simpa.
Perché è un lavoro brutto per chi fa cinema o ha cominciato con quell’idea. È praticamente l’opposto.

Può darsi, a me sembra un’idea manichea.
A me no.

Dissenso lecito.
Le cose fiche sono proprio quelle che vengono fuori quando non c’è controllo.

Questa è un’idea tremendamente romantica. Hai appena detto di aver fatto ricerca…
Nei miei video lascio sempre la possibilità che accada qualcosa di imprevisto, è lì che esce la bellezza.

Ricerca è controllo in parte.
Certo, la ricerca e lo studio sono tutto, controllo ogni minimo dettaglio, ma poi sul set lascio libertà a tutti. Il video si fa in preparazione, sul set si arriva che tutti sanno già cosa fare, però in quel momento ci deve essere anche una certa libertà. Improvvisazione controllata, non parlo solo della recitazione ma di tutto… Vabbè è un pippone inutile questo.

No, anzi.
Se vuoi scendiamo nel dettaglio legandoci alla fica indie, quello è un esempio calzante.

Sarebbe cosa buona e giusta scendere nei dettagli legandoti alla fica indie.
Sembra un porno.

Ahah.
Indie chiaramente.

Anni ’90, o ’80, ormai confondo anche le epoche.
Il video di Oroscopo nasceva dalla suggestione di quando trovi sull’iPhone un vecchio video di cui ti eri dimenticato, quello che avevi fatto quell’estate, quando stavate insieme da pochi mesi e tu l’amavi alla follia e ora rivedendolo piangi come un disperato perché lei ti ha lasciato e tu sei ubriaco e solo nella tua stanza di merda. Avrei potuto scegliere un’attrice qualsiasi per quel video, invece pensai di mettere in scena la mia storia, il mio amore. Stavo con Silvia da pochi mesi ed eravamo innamorati come due ragazzini. Silvia non è un’attrice e tutti erano molto dubbiosi sulla mia scelta, pensavano che mi fossi rincretinito e che l’idea era troppo rischiosa. Alla fine fu Gianluca Palma, il mio dop, a dirmi che se io ero convinto lui si sarebbe fidato. Affittammo un cottage a Sabaudia, lo scenografammo con i piranha e i gabbiani impagliati, le patatine, le pizze e le lucette cinesi, lo illuminammo con dei neon e girammo tutta la notte. All’inizio era Gianluca a fare l’operatore, avemmo un po’ di difficoltà a far uscire la storia. Poi cominciammo a bere, sia io che Silvia, chiesi a Gianluca di farmi fare un po’ di riprese (io non la tocco mai la macchina) e di lasciarci da soli. E niente, quella non è la “fica indie”, quelli siamo io e Silvia.

Poi lo dai in pasto al mondo e diventa tendenza, tipo umano: la fica indie. E poi Coez lo rifà, le ragazzine si vestono in un certo modo, ecc ecc. pubblicità, titoli di coda.

Secondo me è più un circolo ma ok.
Tu vuoi per forza dire che sono un pubblicitario.

No, ma è un ciclo. L’avessi ripresa con altri vestiti e un altro mood sarebbe stato molto diverso. Ti sei inserito in una tendenza.
Ho capito che dici. Chiaro, siamo immersi in un vortice di immagini e di tendenze, alla fine tiri fuori quello che hai già visto.

Potresti tirare fuori anche qualcosa di mai visto eh, solo: ci vuole troppo coraggio.
Quello era un video volutamente pop. Per ragazzini.

Non denigrare il tuo video.
Quindi aveva un’estetica pop. Orgasmo (sempre di Calcutta) invece è la negazione dell’estetica, e lo trovo molto più mio come video.

Ma è una negazione iperestetizzante.
Molto più sottotono, più autoriale, intimo.

Non direi. Orgasmo è il culmine di quest’altra estetica che vuole essere un’estetica intimista, dell’ “io non mi curo dello smalto, non mi curo del trucco, non voglio l’artificio”. Quest’estetica che diventa pure un po’ presuntuosetta: me ne fotto dei trucchi – io sono autentico/a – non me ne curo. Tipo la sinistra agli inizi.
Madò, sei terribile, io apro il mio cuore e tu dici che sono un fighetto del cazzo. Comunque hai ragione. Però se lo meritano.

Se lo meriteranno pure ma la mia illazione non era campata per aria. Dai, passata questa scia, farai qualcosa di mai fatto, mai visto, una cosa universale.
La prossima cosa è super estetica, però coatta.

Perfettamente nel filone.
Un coatto d’autore.

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