Vogliono imporre il vincolo di mandato ai futuri parlamentari. Sia il Movimento 5 Stelle sia il centrodestra del trio Berlusconi-Salvini-Meloni, impegnati a giurare l’un l’altro di non voler fare inciuci dopo il voto del 4 marzo, hanno promesso agli elettori misure drastiche per evitare i continui cambi di casacca alla Camera e al Senato. Talmente drastiche da risultare in contrasto con il dettato della Costituzione, che all’articolo 67 recita testuale: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. Per Luigi Di Maio, “chi entra in Parlamento con un gruppo e cambia gruppo o se ne va a casa o paga una multa profumata”. Nel programma dei 5 Stelle, viene proposto di modificare i regolamenti delle Camere per scoraggiare o penalizzare chi cambia gruppo. In quello di Forza Italia-Lega-Fratelli d’Italia-Udc si promette direttamente di cambiare la norma costituzionale. “E’ una delle prime cose che faremo”, giura Berlusconi.
Il divieto di mandato imperativo è però una garanzia che i costituzionalisti ritengono fondamentale per il regime democratico. Lo hanno ricordato in molti già nel 2013, quando il tema era stato messo in cima all’agenda proprio da Beppe Grillo. Lo sottolineano ancora cinque anni dopo, in un clima elettorale ancora più teso di allora. Essendo il Parlamento il luogo della mediazione degli interessi collettivi del Paese, nessun accordo, nessun compromesso sarebbe raggiungibile in presenza di vincolo di mandato. E’ uno dei principi liberali su cui si fondano le attuali istituzioni repubblicane. Quello su cui però la politica fa presa di questi tempi è il numero impressionante dei cambi di gruppi parlamentari che si sta verificando: l’attuale legislatura si chiude con un numero di passaggi ben superiore ai cinquecento.
Il trasformismo è insomma la malattia del sistema italiano. Dove le promesse vengono disattese presto. Gli impegni barattati con un incarico. Le idee annacquate dall’interesse contingente. L’immagine è ben chiara anche a chi non frequenta i palazzi: politici di destra si sono spesso ritrovati in governi di sinistra, viceversa leader di sinistra hanno molte volte abbracciato politiche di destra per conquistare l’elettorato. Il risultato è che i cittadini si vedono sottratto il diritto di giudicare, alle elezioni successive, i loro rappresentanti.
Ma se il trasformismo fosse anche la cura del male italiano, il calmante dell’innata rissosità degli italiani, sempre pronti a dire il contrario di quello che dicono gli altri e ad attaccar briga per il gusto di farlo?
“Quello che doveva essere il rimedio – ragiona lo storico Giovanni Sabbatucci -, ovvero l’avvento del sistema bipolare, ha invece aggravato il male, perché in Parlamento sono diventate decisive piccole quantità di voti. Ma la soluzione non può essere il vincolo di mandato: la Costituzione non è cattiva perché lo vieta, ma lo vieta perché è cattivo”
Francesco Cossiga, che è stato presidente della Repubblica nella fase più turbolenta della storia recente, si diceva convinto che fosse corretta la lettura che è stata data dallo storico Giovanni Sabbatucci, affermando che “il trasformismo non è stato un vizio nazionale ma piuttosto un carattere politico virtuoso e necessario, allo scopo di emarginare le ali estreme degli schieramenti politici e le ideologie antisistema”. Secondo Cossiga, non è persino “scorretto pensare che se il totalitarismo fascista, fino alla guerra di Etiopia e alle leggi razziali, è stato per fortuna meno perfetto di quello nazista, lo si deve all’opportunismo quotidiano, cioè al peculiare trasformismo tattico connaturato alla classe dirigente italiana”. Dunque, viene da pensare che il problema dei ‘voltagabbana’ denunciato dai 5 Stelle e dal centrodestra sia più una questione di etica pubblica che non di regole. Perché le regole di applicano poi alle persone di cui si è a disposizione.
“Quando parliamo di trasformismo nella storia italiana non parliamo sempre della stessa cosa – ha risposto a Linkiesta.it il professor Sabbatucci -. La prima volta, con Depretris, il trasformismo aveva una connotazione positiva, significava che non c’era più bisogno di una contrapposizione fra destra e sinistra, che anzi dovevano collaborare per arginare le forze politiche anti-sistema, un problema che l’Italia ha sempre avuto. In un secondo momento più vicino a noi, il trasformismo è diventato sinonimo di malcostume”. Secondo lo storico, quest’ultima connotazione “è la conseguenza e non la causa del malfunzionamento” delle istituzioni nostrane. E’ “una questione di mentalità, di abitudini”, si è passati da un trasformismo per scelte politiche collettive a un trasformismo “egoistico” che guarda all’interesse personale. “Quello che doveva essere il rimedio – ragiona Sabbatucci -, ovvero l’avvento del sistema bipolare, ha invece aggravato il male, perché in Parlamento sono diventate decisive piccole quantità di voti. Ma la soluzione non può essere il vincolo di mandato: la Costituzione non è cattiva perché lo vieta, ma lo vieta perché è cattivo. Perché con il vincolo di mandato basterebbe mandare poche persone a ratificare quello che è stato già deciso dai capi partito”.
Forse, in fondo, è quello che vogliono.
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