È una notizia, diciamo, per i tempi della geologia: che l’Africa si stia spaccando in due è un processo che dura da qualche milione di anni, e finirà tra qualche altro milione di anni. Alla fine il continente africano sarà separato dal Corno d’Africa, lungo una linea di faglia ben nota che attraversa Tanzania e Kenya, divide l’Etiopia e comprende la Somalia. Uno scenario apocalittico, ma ben lontano nel tempo. Anche se i suoi effetti si possono vedere già ora, e sono disastrosi.
In Kenya, ad esempio, il crollo della strada Mai Mahiu, è stato attribuito allo sviluppo di una linea di faglia vulcanica. Di volta in volta nella zona si creano buche e si distruggono intere sezioni del manto stradale: i motociclisti hanno paura di passarci e i passeggeri di un bus diretto a Nairobi hanno scampato la morte per pochissimo. La colpa? Della linea di faglia sottostante, che provoca scosse e apre fessure nel terreno. E non è una scusa dei politici (scusa che, se fosse possibile a livello geologico, invocherebbero subito anche a Roma).
Secondo gli esperti, la divisione sottostante procede con una velocità di 6-7 millimetri all’anno, ma i danni si vedono bene già adesso. Le fessure che si aprono di tanto in tanto non solo interrompono le strade, come è avvenuto in questo caso, mettendo a repentaglio la vita di chi è sopra. Ma inghiottiscono le acque circostanti. Queste, a loro volta, penetrate nel terreno, lo indeboliscono e provocano nuove fenditure, indebolendo il suolo e limitando la superficie edificabile.